LAFAMIGLIADEI CREDENTI CHIAMATA IN MISSIONE.
IL CORPO E L’ANIMA.
Dal campo estivo a San Pietro Vallemina (TO), agosto 1996

In ascolto della Parola: "Quando divenni adulto, sposai Anna, una donna della mia parentela (Tb 1,9).
Poi, prima di unirti con essa, alzatevi tutti e due a pregare. Supplicate il Signore del cielo perché venga su di voi la sua grazia e la sua salvezza. Non temere: essa ti è stata destinata fin dall'eternità. Sarai tu a salvarla. Ti seguirà e penso che da lei avrai figli che saranno per te come fratelli. Non stare in pensiero (Tb 6, 18).
Essa si alzò e si misero a pregare ed a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo. 'Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il suo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli. Tu hai creato Adamo ed hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine d'intenzione. Degnati di aver misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia’. E dissero insieme: 'Amen, amen!' " (Tb 8, 5-8).

Prendo le mosse da constatazioni abbastanza scontate: infatti uno dei tratti più evidenti del quadro culturale e sociale in cui siamo inseriti o sommersi oggi fa risaltare vistosamente la corporeità ed in essa la duplicità dell'essere uomo e dell'essere donna. Basta aprire gli occhi per strada per scorrere dai manifesti pubblicitari il prorompente utilizzo del corpo femminile, ma anche dei bimbi, talora di anziani in forma. Basta soffermarsi di fronte ad un'edicola a scorrere le copertine dei rotocalchi (anche solo di quelli con qualche pretesa culturale), per registrare la predominanza del corpo soprattutto bello a vedersi, nelle pose più fantasiose e provocanti, anche se non ha apparentemente nulla da spartire con l'argomento-clou del periodico (è noto che "Espresso" e "Panorama" si contendono in una sorta di gara un po' deludente il primato da senza veli in copertina). Basta fare zapping in Tv per trovarsi di fronte a immagini che non lasciano più nulla all'inventiva. Basta passare nelle vie occupate in pieno giorno da prostitute dell'Est o dell'Africa che si offrono purtroppo senza ritegno.
Ma non c'è solo questo aspetto, come dire, pruriginoso a salire prepotentemente alla ribalta. Sono reduce da un viaggio nel cuore dell'Europa (Germania, Olanda, Belgio, Francia): ebbene, nelle città, alla ricerca di un parcheggio, mi sono trovato sempre di fronte a ampi e frequenti spazi riservati ai portatori di handicap. In ogni pubblico esercizio le barriere architettoniche sono state abbattute con espedienti anche originali. Insomma la corporeità malata ha trovato risposte prioritarie e mirate. Qui da noi il pianeta-salute è quel che è, però la sensibilità dell'opinione pubblica si sta affinando. È un capitolo importante di quella che si indica come la "qualità della vita".
Ma il positivo ed il negativo che si può rintracciare a questo proposito non è solo quello che distingue gli estremi della pornografia e della premura per l'handicap. C'è un'ambivalenza importante da scovare dentro il complesso di atteggiamenti che oggi si impongono all'attenzione. Infatti va valutato come incoraggiante quel dato che rimanda alla persona concreta, con un volto, un aspetto fisico, una riconoscibilità esteriore, una presenza visibile ed identificabile. La persona è colta nel suo essere in carne ed ossa, nell'essere corpo vivente, nell'essere segnata dallo spazio e dal tempo. Non è un'astrazione. È un uomo, è una donna, è un bimbo, un ragazzo, una ragazza, un papà, una mamma, un nonno, una nonna. Ha una sua bellezza che colpisce chi l'ama. A suo modo questa bellezza è di tutti, dall'handicappato alla top model. È la bellezza che una mamma vede comunque nel volto del suo bimbo, magari anche martoriato nelle membra. È la bellezza che colpisce comunque quando ci si innamora. Il tutto è depositato nella vita di un corpo che ha bisogno di cure (non troppe magari, come avviene per i patiti della cosmesi), che interpella gli altri, che comunica, lancia messaggi, che da segnali... in mille modi, dall'abbigliamento alla gestualità.
È importante che la persona sia ricondotta alla sua unità di corpo vivente, cioè di corpo in cui vive lo spirito, l'anima, l'intelligenza, la libertà, la fede, il sentimento, l'emozione. Persino il linguaggio oggi si è adeguato a questa "unità" della persona in carne ed ossa.
Non si parla più un granché di anime di corpi, ma appunto ci si riferisce alla persona che è tale dentro, non, tramite il suo corpo, da cui non può dissociarsi né essere dissociata.
L'attenzione alla persona (e non all'anima separata o distinta dal corpo) è una riscoperta dei nostri tempi, che riporta l'approccio del credente alla stagione biblica quando l'uomo era interpellato nella sua interezza, nella sua immediatezza, nella sua concretezza, nella sua vitalità di carne animata dallo spirito.
L'inserirsi poi del cristianesimo nel contesto culturale greco-romano ha comportato di imboccare una strada un po' rischiosa, quella della distinzione marcata tra anima e corpo, fino ad arrivare ad una sorta di rifiuto del corpo per privilegiare un'ascesi che appunto astraesse dal corpo invece di santificare tutta la persona. Fu una distorsione che lanciò più di un'ombra dentro il cristianesimo, anche se il cristianesimo stesso conteneva e contiene gli antidoti efficaci per queste devianze. Basti pensare alla logica dei sacramenti, che sono gesti concreti, che interpellano la persona attraverso fatti, segni, contatti, parole, elementi immediati (acqua, pane, vino, olio, crisma, mani che si impongono, parole che rendono noto un impegno ... ).
Questo rischio di divaricazione, tra corpo e spirito, sembra meno ricorrente oggi, proprio perché si respira questa diversa sensibilità. Non mancano comunque "spiritualità" che cercano di rilanciare questo dualismo: questo avviene quando si scavalca la dimensione-corpo come se fosse "spiritualizzabile" tout-court. La "salvezza" cristiana della persona passa attraverso il suo essere qui ed oggi, il suo essere uomo o donna, il suo essere marito o moglie, il suo essere bambino od anziano, sano o malato... Non si può semplificare la vita, dimenticando che l'essere nel corpo è l'essere della vita. Anche la preghiera ha bisogno di gestualità, quindi la spiritualità ha bisogno di segni, di attenzioni concrete, ha bisogno di assumere il corpo in tutto e per tutto.
Ma il negativo più evidente è quello che vede la vita ridotta alla corporeità, ad un fascio di sensazioni, di pulsioni, di muscoli, di... cellulite. Il rischio è quello di far cominciare e finire la vita dentro il corpo, senza andare oltre, più in profondità, cioè senza rintracciare quell'io che non sta nei cromosomi soltanto né nelle cellule. Se si cede a questa visione miope della vita dell'uomo e della donna, si finisce col dar valore solo a ciò che il corpo esalta in quanto tale. Ed allora si può anche dimenticare che non esistono solo corpi belli, silhouettes perfette, ragazzi o ragazze copertina.
Impercettibilmente si può subire il condizionamento riflesso che porta a considerare dignitoso ed importante solo chi ha le carte in regola con il suo fisico da palcoscenico. Inconsciamente si perdono di vista i corpi acciaccati, menomati, raggrinziti, carichi di rughe, curvi di anni. Al limite si può scambiare la vita per quel che appare (secondo il paradossale criterio della società mass-mediale, per cui esiste solo ciò che si televede), classificando, in termini non espliciti ma ugualmente sconfortanti, come di serie A quella che può contare su un corpo da copertina rispetto a quella di... serie C quando il corpo è solo più da cronicario.
Battute eccessive? Forse sì, forse no. Se ne può riparlare. Aggiungiamo poi che oggi sulla frontiera delicata della sessualità ci si ritrova con visioni diverse, contrastanti, divaricanti.
C'è chi ne fa una questione di semplice meccanismo fisiologico da assumere secondo le pulsioni del momento e quindi da interpretare indifferentemente all'interno di un legame e quindi un affetto ma anche al di fuori di ogni valore duraturo, unicamente come esperienza del momento, come avventura, come occasione che si coglie, senza impegni ulteriori con l'altro o con l'altra.
Don Corrado Avagnina
(continua nel prossimo numero)