LA LETTERA AGLI EFESINI
Una sintesi conclusiva
Riprendiamo in questo Dossier le conclusioni di fra Giorgio Vigna alla fine del campo invernale dello scorso anno, invitando coloro che vi hanno partecipato ad un'ulteriore riflessione, e tutti gli altri lettori ad affrontare lo studio e la preghiera di questa bella pagina del Nuovo Testamento.
Vorrei, a conclusione di questo campo, offrirvi una visione sintetica sulla Lettera
agli Efesini, non come riassunto ma come tentativo di delineare e precisare alcuni punti,
alcune linee, per permetterci di abbracciare la lettera nel suo insieme.
Ciò dovrebbe servire sia a puntualizzare e a portare in noi alcuni punti fermi sulla
lettera, sia ad aiutarci ad avere dei riferimenti che ci aiutino ad orientare in modo
diverso il nostro pensiero, la nostra vita.
Parto da un'osservazione che avevo presentato a voi come qualche cosa di molto personale e
cioè dall'idea che mi sono fatto sull'autore di questa lettera.
Sappiamo che l'autore del Vangelo di Giovanni è presentato simbolicamente come un'aquila,
perché dall'alto riesce ad avere uno sguardo complessivo, penetrante, tale da farlo
diventare un contemplativo sul mistero di Gesù.
Quindi, come possiamo dire che il Giovanni del Vangelo è un po' l'aquila degli
evangelisti, allo stesso modo l'autore di Efesini è un po' l'aquila dell'epistolario
paolino, uno che dall'alto ha uno sguardo che gli permette di abbracciare i confini
lontani ed in questo modo avere la possibilità di allungare ed allargare la sua
prospettiva, che è penetrante ma allo stesso tempo contemplativa.
Credo e spero che ciascuno di voi abbia avuto lo stupore di trovarsi davanti ad un testo
davvero contemplativo, non soltanto profondo, ricco di teologia, di provocazione e di
pensiero.
Contemplativo significa che il testo riesce ad andare in profondità, con delle grandi
capacità, da parte dello scrittore stesso, di stupirsi e dunque di offrire a chi legge un
prodotto pregato, "ammirato".
Quest'aquila che dall'alto non scruta solo il mistero di Gesù ma anche il mistero di Dio,
e ciò che da Dio nasce, ci offre un pensiero a tre prospettive, tre coordinate, che si
possono riassumere in un diagramma con lo spazio sull'asse verticale, il tempo su quello
orizzontale e il pensiero su un asse circolare che abbraccia i due precedenti.
IL TEMPO
L'asse del tempo: il pensiero offerto è un pensiero a tutto tempo, considera
cioè le realtà di Dio, dell'uomo e della Chiesa in un tempo totale: partendo dal tempo
della vita, che è il preciso istante in cui noi ora ci troviamo e che potrebbe essere il
punto iniziale del tempo, si spinge fino alle sue ultime conseguenze storiche, per uscire
dal tempo e guardare l'eternità.
L'autore considera il cristiano nella sua vita quotidiana, con i suoi problemi concreti
(moglie, figli, società), e nello stesso tempo nella sua prospettiva ultima, l'eternità.
In quest'ottica lo stato di redenzione è visto già come realizzato: c'è una storia che
si fa, una storia che vede il cristiano impegnato, anche duramente, a lottare, ma in un
certo senso questo cristiano è anche un cristiano arrivato, perché presso Dio già tutto
è pronto, già tutto è realizzato.
Come si inserisce Dio in questo discorso? Dio è al di fuori del tempo, in Dio non esiste
tempo, siamo nell'eternità, ma è anche vero che Dio è entrato nella regola del tempo.
Al di fuori del tempo Dio ha pensato da sempre di entrare nell'uomo e quindi nel tempo; e
nel momento in cui è entrato nel tempo Dio ha creato, si è manifestato attraverso il
Figlio e ha dato all'uomo una prospettiva al di fuori del tempo, donando lo Spirito, come
garanzia di ciò che sta al di fuori del tempo.
Tra questi due estremi: l'eternità e il tempo, Dio ha voluto porre un punto centrale che
si presenta sia come punto di partenza che come punto di arrivo, e questo centro è il
Cristo risorto.
LO SPAZIO
La coordinata dello spazio: l'autore considera uno spazio concreto, dentro il
quale l'uomo si muove, uno spazio fisico d'esistenza, una casa, una famiglia, uno spazio
geografico più ampio nel quale vivono pagani ed ebrei, ma c'è anche uno spazio al di
fuori dello spazio, uno spazio integrale che riassume tutta la realtà umana, cosmica, e
che è concepito come una grande unità il cui centro è ancora il Cristo risorto.
E' bello vedere come Dio ha voluto muoversi nel piccolo spazio di una casa, inserirsi in
un ristretto spazio geografico, e qui scegliersi un popolo, camminare con esso, ma al
tempo stesso ha saputo riservare a quest'uomo che vive nello spazio lo spazio di Dio.
Infatti quando finalmente arriveremo al termine del nostro cammino entreremo in una terra
promessa che è Dio stesso.
IL PENSIERO
La coordinata circolare del pensiero: l'autore di Efesini dall'alto ha mostrato
come il pensiero deve essere a 360° nello spazio e nel tempo; ciò vuol dire che dobbiamo
pensare legati al nostro oggi, alla nostra vita quotidiana, limitata nello spazio e nel
tempo, fatta di fatica, di lotta e di consolazione, ma è anche vero che la vita non si
risolve in questa storia quotidiana, con le nostre persone, le nostre conoscenze, la vita
quotidiana è segnata anche da uomini che non conosciamo, uomini lontani sul piano
geografico, culturale e religioso.
La nostra vita quotidiana deve riuscire ad abbracciare l'umanità totale, cioè non si
deve fermare alle cose che si incontrano ma deve imparare a pensare che, al di là di
esse, ci sono le grandi cose che formano l'Universo; in altri termini questa lettera ci
insegna un nuovo modo di respirare, umano e religioso.
UN NUOVO RESPIRO
Respirare in modo diverso significa pensare, pregare, amare in modo diverso, è
innanzi tutto un respirare cosmico, dove si dà ampio spazio e tempo a Dio.
Questo Dio che è lontano, è onnipotente, ma è, nello stesso tempo, Padre e dunque
vicino; un Dio che attraversa tutta la realtà, estremamente presente nella storia ma che
non è la storia, un Dio che penetra la realtà ma che non è la realtà perché Dio
continua a essere Dio ed è un Dio personale.
Questa concezione di Dio personale oggi ha un'urgenza tutta particolare perché si sta
infilando nella cultura corrente, e in un modo talmente sottile che spesso non ce ne
accorgiamo, una certa idea di Dio che molto spesso si confonde con la realtà stessa; come
cristiani siamo chiamati a riaffermare che il nostro Dio è un Dio personale, cioè che è
una Persona e quindi non è la storia, non è la realtà, non è il vento che soffia.
La lettera agli Efesini ci ha detto chiaramente che il Dio cristiano è Padre, Figlio e
Spirito Santo, che ha una sua carta d'identità, non è un qualcosa di sfuggente che non
si sa dove mettere o dove vada; se per caso è così che lo sentiamo è solo perché non
lo conosciamo.
Un Dio che è Padre, che è origine di ogni bene e di ogni misericordia, è origine di
creazione, e al tempo stesso è anche punto di arrivo; è Figlio attraverso il quale il
Padre ha creato e ha dato una nuova svolta alla Creazione, Figlio la cui morte e
resurrezione sono il centro dell'amore di Dio e del cosmo; è Spirito Santo che è
certezza, sicurezza, assicurazione, anticipo, è spirito di conoscenza, di sapienza,
preghiera.
Dunque un Dio trinitario sufficientemente preciso, tale da distinguerlo da qualunque altra
realtà, nonostante sia profondamente presente nella realtà del tempo e dello spazio.
Respirare nuovo anche nel modo di concepire la Chiesa, una Chiesa che è pellegrina,
povera, che lotta quotidianamente, che si costruisce con fatica usando, per edificarsi,
delle pietre che sono qualche volta squadrate, di granito, e qualche volta di terracotta,
una Chiesa dove ciascuno ha bisogno dell'altro, ma nello stesso tempo è anche una Chiesa
che è il prolungamento del Cristo.
Questo respiro nuovo che ci viene passato dall'autore di Efesini è un respiro cosmico,
che sfonda i confini del privato di ciascuno, per andare ad abbracciare completamente la
realtà; un respiro nuovo che chiede di essere sia personale che comunitario, perché se
è vero che, davanti a Dio, dovremo rendere conto delle nostre azioni non è meno vero che
dovremo rendere conto anche di quanto siamo stati di aiuto o di non aiuto per gli altri,
poiché una fede vissuta non può essere semplicemente personale ma deve essere una fede
condivisa con gli altri.
Un respiro nuovo che deve essere profondamente interiore ma anche sociale, politico.
Interiore perché sa di avere bisogno di piegare le ginocchia davanti al Padre, ha bisogno
di sapienza e di stupore di fronte al mistero di questo Dio trinitario, ma è anche un
respiro che, in forza della vera interiorità, sa farsi sociale, politico; il cristiano è
chiamato a confrontarsi con la società, con il mondo politico, economico, culturale, a
misurarsi con essi, aiutando a costruirli, appoggiandoli o contestandoli quando è
necessario.
In quest'ottica il cristianesimo di sacrestia deve morire, perché il cristianesimo non è
nato per la sacrestia ma per la strada.
Come conclusione riguardiamo il diagramma presentato in apertura, vedremo che i due assi
perpendicolari non sono altro che una croce: è la Croce infatti che fa centro dello
spazio e del tempo, è la Croce che è il centro dell'universo, la Croce come mistero
pasquale del Signore; questa croce che nel braccio verticale può significare il tempo e
in quello orizzontale lo spazio, e questi due assi veramente abbracciano il cosmo intero.
Fra Giorgio Vigna