Alcune riflessioni di mons. Anfossi sulla realtà dei gruppi
A CHE SERVONO I GRUPPI FAMIGLIA?

Per le giovani coppie, per crescere come sposi, per contare nella società. Seguendo alcune regole come garantire le relazioni tra i membri, avere obiettivi chiari, evitare funzioni terapeutiche, e altro ancora.

Questo speciale è in gran parte basato su una relazione di mons. Giuseppe Anfossi, vescovo di Aosta, nell’ambito del convegno organizzato dall’arcidiocesi di Torino per il ventennale della "Familiaris Consortio" il 24 novembre u.s..

LE GIOVANI COPPIE
Le scienze umane ci insegnano che un bambino, quando non vive in contatto con altri uomini, altre donne non si umanizza, non impara a parlare, non riesce ad avere coscienza e consapevolezza di essere un uomo: questa consapevolezza nasce solo se il mio "io" ha rapporti intensi con molti "tu".
Anche se in modo analogico, lo stesso si può dire di ogni nuova famiglia. Oggi un uomo e una donna che si sposano possono contare solo in parte sui modelli di relazione offerti dai loro genitori e quindi, se sono persone serie, sono alla ricerca di modelli per capire cosa vuol dire oggi essere marito e moglie, essere famiglia.
Questi modelli non si trovano di solito confrontandosi con i colleghi d’ufficio, i discorsi che si fanno sono per lo più banali (è difficile parlare di cose serie), meno ancora nei programmi o nelle letture offerti dai mass media
La giovane coppia è un po’ come il bambino di cui parlavo all’inizio, è carente di modelli, di riferimenti, stenta a trovare una propria identità.
Anche la coppia ha bisogno di incontrare altre coppie, magari qualcuna più avanti negli anni, altre coetanee, perché solo dal confronto con gli altri riesce a ritrovare se stessa, a scoprire come si può essere sposi nel mondo di oggi.
Quello che la Chiesa insegna sul matrimonio è importante ma rimane teoria se non si incarna in un’esperienza di vita che sia in grado di dare alla coppia consapevolezza di sé; è perciò molto importante che le coppie incontrino altre coppie, in un contesto di chiesa, per godere della ricchezza che deriva dal sacerdozio, dalla paternità e maternità, dalla fraternità e dalla Parola di Dio.
Il Gruppo Famiglia non serve solo per fare qualcosa di utile per gli altri, ma per donare alla coppia un aiuto per essere coppia, nell’oggi, perché non vi sono tante altre possibilità per farlo.

IL GRUPPO E LA COPPIA
L’esperienza che si matura in gruppo è unica, è qualcosa che se incamerata, confrontata, vissuta, permette migliorare la relazione di coppia.
Quando si ritorna a casa da un incontro di gruppo famiglia si riescono a dire delle cose che non si sarebbero dette se non si fosse fatta vita di gruppo.
Infatti essere gruppo non vuol dire incontrarsi per dirsi: "come siamo bravi", ma per fare un cammino nella fede; le persone che vi partecipano non devono per forza essere tutte avanti nella pratica religiosa, l’importante è che siano tutte disponibili ad un cammino.
Questo cammino dovrebbe servire per capire meglio che cosa vuol dire essere sposi, essere genitori, essere famiglie cristiane, per accogliere la tradizione e l’insegnamento della chiesa, per fare nostri quei passi della scrittura che ci parlano del rapporto di coppia, a cominciare da quello di Dio per il suo popolo, di Gesù per la sua chiesa, per finire con tutte le coppie, esemplari e non, che la Bibbia ci presenta.

IL RUOLO NELLA SOCIETÀ
Una novità di questo momento storico è data dalla consapevolezza che il gruppo deve anche trasmettere agli sposi la coscienza del ruolo che hanno e che devono rivendicare come coppia e come famiglia nella società contemporanea.
Mi sono convinto, in questi anni, che se le coppie acquisiscono la coscienza del loro ruolo, si associano, possono diventare protagoniste, contribuire davvero a cambiare la cultura ed il mondo in modo positivo.
Ma acquisire questa consapevolezza, tradurla in azione, richiede intelligenza, lavoro, impegno ed i gruppi possono essere il luogo dove avviene questa maturazione.
E’ necessario allora che i gruppi diventino occasioni di crescita non solo per la coppia ma anche per gli uomini e le donne che li compongono. Gli uomini devono imparare a gestire di più e meglio il sentimento, l’affetto, a parlare di sé, e le donne devono a loro volta condividere con i maschi i grandi progetti, le grandi idealità, sia politiche sia sociali.

TUTTI IN RELAZIONE
Per fare gruppo è necessario che durante l’incontro tutti abbiano la possibilità di parlare. Quando si superano le 15-16 persone non si riesce più a essere gruppo, si finisce per fare una conferenza; può far piacere essere in tanti ma allora non è più un gruppo.
Ribadisco questo perché la caratteristica di un gruppo non è data dal leader, dal trovarsi insieme, dalle idee portanti ma dalla rete di relazioni che si instaurano al suo interno tra le persone.
Tutti i membri del gruppo devono essere in relazione, ma questo non  significa che tutti devono dire la loro, perché ci sono tanti modi di comunicare. Il Gruppo Famiglia dà molta importanza alle relazioni, non forza nessuno, ma fa in modo che tutti, se vogliono, possano parlare.
Questa condizione di fondo deve essere garantita dalla coppia che conduce il gruppo, coppia che non deve essere imposta dall’alto ma deve essere espressione di una scelta fatta all’interno del gruppo.
In quest’ottica il sacerdote non può essere il leader del gruppo ma solo un membro, che dà un apporto specifico su alcuni argomenti di fondo. E’ chiamato a portare nel gruppo il suo contributo ma si rapporta con le coppie su un piano di parità.

CRESCITA, NON TERAPIA
La natura del Gruppo Famiglia è di essere una comunità di credenti, di persone battezzate e sposate, che, nel confronto con la parola di Dio e nella preghiera, fanno un’esperienza di crescita umana e di fede con un’attenzione particolare a quel dono che le coppie hanno ricevuto: essere sposi nel Signore.
Ma il gruppo non è il "paradiso", siamo chiamati a misurarci sempre col peccato, con le incomprensioni, con le piccole gelosie, con qualche ambizione di troppo, e qui le coppie sono chiamate ad aiutarsi a superare i propri limiti, i propri difetti, confidando nella grazia di Dio che opera in ciascuno.
Come il gruppo non deve essere considerato un "premio" per le coppie "riuscite", così non deve diventare neppure una specie di consultorio.
Ci deve essere, da parte della copia responsabile, la saggezza di cogliere quando una persona sta chiedendo al gruppo qualche cosa che non si può e non si deve chiedere al gruppo, ma che va affrontato nelle sedi specialistiche opportune.

DINAMICHE DI GRUPPO
Ci sono due modi per interpretare il cammino di un gruppo: il primo è tipico delle scienze umane, che studiano le dinamiche di gruppo, il secondo riguarda il cammino di fede.
Per le scienze umane il gruppo, come la singola persona, conosce un momento di nascita molto ricco, la fase dell’apprendimento, l’adolescenza, dove viene messa in discussione l’esperienza fatta, l’utilità di fare gruppo, e in cui a volte il gruppo si scioglie oppure qualcuno lascia, e che, superata, porta alla giovinezza, forte, robusta, cui magari segue un po’ d’invecchiamento.
Chi conduce il gruppo, in particolare, deve essere consapevole di questi diversi stadi che il gruppo attraversa, per sostenerlo nei momenti di crisi, per smorzare gli eccessivi entusiasmi, per cogliere sempre il senso del quotidiano.
In un ottica di fede il gruppo fa crescere nella consapevolezza di essere figli di Dio, di essere cristiani, di essere sposi, e di considerare la Parola di Dio come un messaggio da cogliere e che salva.

CHIAREZZA DI OBIETTIVI
Il gruppo può scegliere di partire dalla fede o di darsi come obiettivo di arrivare alla fede, ma questo deve essere chiaro fin dall’inizio.
Quando un gruppo sono presenti sensibilità troppo diverse, si rischia perdersi per strada.
Il gruppo ha quindi bisogno, per nascere bene e per svilupparsi, del consenso sugli obiettivi. Chi conduce il gruppo all’inizio deve aiutare le persone ad elaborare le proprie motivazioni, a prenderne coscienza e farle diventare obiettivi condivisi: solo se vi sono uno o due obiettivi condivisi il gruppo può continuare a camminare.
Questi discorsi possono sembrare troppo tecnici ma la realtà del gruppo è una realtà complessa, che richiede queste attenzioni.
Infatti uno degli obiettivi del gruppo, che sovente non viene detto, è offrire alla coppia occasioni di dialogo, motivazioni per fare delle cose insieme, per stare insieme e per crescere come coppia, nutrendo il sacramento del matrimonio, la coniugalità. Questo è un obiettivo di fondo che non va mai smarrito.

TIPI DI GRUPPO
Si possono fare gruppi famiglia di tutti i tipi. Esemplificando abbiamo gruppi il cui obiettivo primario è il fare, altri in cui questo obiettivo è lasciato ai singoli è il gruppo funge da riferimento. Vi sono gruppi che riflettono e studiano temi che riguardano la coppia e il matrimonio, altri invece affrontano i problemi normali della vita: il lavoro, la guerra, la pace, anche se in un contesto di coppie. Vi sono gruppi che hanno come sacerdote il parroco e quindi sono più attenti alla vita della parrocchia, ai figli, al territorio, al contrario dei gruppi interparrocchiali, che sentono meno quest’esigenza.
Sono solo esempi che indicano però la complessità insita nei gruppi e anche i nodi a cui bisogna prestare attenzione se si vuole che questa esperienza riesca.
Mons. Giuseppe Anfossi

Per approfondire l’argomento vi suggeriamo il libretto di mons. Anfossi: "Fare gruppo famiglia in parrocchia", pubblicato a cura dell’ufficio diocesano di pastorale familiare di Torino, che potete scaricare dal sito: www.torino.chiesacattolica.it/curia/famiglia/grfampar.rtf
oppure richiede alla redazione allegando quattro francobolli da 0,41 Euro.
Anche la relazione completa è disponibile presso la redazione.