Al centro dei sacramenti
L’EUCARISTIA: "CULMINE E FONTE" DELLA VITA CRISTIANA
L’eucaristia è una liturgia che contiene ed annuncia il senso complessivo del mistero e della storia di Gesù

Di Giacinto Padoin*
L’eucaristia è una celebrazione che proclama l’intervento singolare del Signore nella comunità dei cristiani. Si pone al centro dei misteri della fede ed è detta dal Concilio Vaticano II "culmine e fonte" della vita cristiana. Per tentare di metterla in risalto in modo semplice nei suoi significati più radicali, occorre ricondurla alla vita di Gesù, quando egli ha fatto la prima eucaristia e rileggere i termini con i quali è stata ripetuta e compresa nei secoli.

La "cena del Signore" evento originario
L’eucaristia è una liturgia che contiene ed annuncia il senso complessivo del mistero e della storia di Gesù. Il suo inizio è avvenuto nella notte il cui il Signore venne tradito: "prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.. Quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota di tradirlo… sapendo che da Dio era venuto e a Dio ritornava, prese un asciugatoio…" (Gv 13, 1-5). Il gesto più grande dell’amore fu quello di lavare i piedi agli apostoli e poi quello di consegnare loro il suo dono testamentario "ho tanto desiderato mangiare questa pasqua con voi prima della mia passione" (Lc22,15).
Nel suo testamento Gesù ha lasciato in eredità non dei beni materiali o soltanto delle promesse, ha dato come dono la sorgente stessa della salvezza, la sua persona e la sua vita. La sua persona veniva consegnata come incontro, come comunione di amore nel simbolo di un pane mangiato e di un sorso di vino bevuto.
Leggiamo nei vangeli sinottici: "prese il pane, lo spezzò, pronunciò la benedizione e lo diede ai suoi dicendo: questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me" (Lc 22, 19)... e poi preso il calice del vino disse "bevetene tutti, questo è il mio sangue dell’alleanza versato per molti" (Mt26, 26-28). Gesù voleva far partecipi i suoi amici della sua vita di crocifisso e risorto, del suo perdono, della sua alleanza. Ripetere il suo gesto significherà, a partire da quell’ultima cena, attuare un travaso vitale con il suo mistero personale (il suo corpo) e con la sua vita (il mio sangue) e realizzare una comunione intima con lui fino al giorno del suo ritorno.
Gesù trasmetteva così ai suoi la sua storia, la sua dedizione fino alla morte, la sua esistenza gloriosa trasfigurata nello Spirito. Fare comunione con lui significherà chiaramente attingere alla sua potenza, al suo amore che dà vita, che perdona e raccoglie in unità.
L’eucaristia sarà rifatta dai discepoli riuniti come incontro intimo con il Signore crocifisso e risorto, come sintonizzazione piena con lui, per divenire "dono", "corpo" di un’umanità nuova, che va oltre il peccato e anticipa in sé stessa il germe della risurrezione.

Tanti nomi e tanti significati
L’eucaristia celebrata dai discepoli, tutti i giorni e in modo solenne la domenica, il giorno del suo presentarsi risorto, sarà per loro un punto d’incontro singolare. Ciascun credente e tutto il popolo dei salvati sperimenterà, a patire da tale incontro, la alleanza nuova e il ritrovarsi dell’umanità riunita nella comunione col Redentore.
Per la densità e ampiezza dei significati, l’eucaristia è stata descritta fin dall’inizio con molti termini, che sottolineano le sue molteplici valenze. I nomi più noti sono: comunione, eucaristia, sacrificio, viatico, corpo e sangue del Signore, sacramento della sua presenza
- "Comunione" è il nome con cui viene chiamata l’eucaristia a partire dalla prima esperienza di una celebrazione del mistero del "corpo del Signore". Nella comunione si conclude ogni incontro eucaristico con l’attuazione di un’unione profonda di amicizia, di sponsalità e di vita con Gesù. Così egli aveva preannunciato il dono eucaristico: "chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui" (Gv 6,56). Ogni eucaristia, tramite l’unione assimilante al mistero del Cristo, opera una somiglianza con lui, travasa il suo stesso modo di sentire e di amare.
- La parola "eucaristia" nasce dal fatto che la liturgia in cui si fa la memoria del Signore, è una celebrazione festosa, un grande canto di lode e di ringraziamento. E’ la proclamazione di tutto l’amore di lui che ha dato la vita per il mondo, è l’annuncio ai quatto venti del "Dio con noi" che costruisce la storia della salvezza nel cuore dell’umanità divisa.
- Il termine "santissimo sacramento" è invalso perché Gesù si dà in maniera immediata e viva tramite il segno – il sacramento – del pane e del vino. Il pane e il vino fanno percepire, il consegnarsi del Signore come cibo che nutre la vita spirituale, il suo essere punto di incontro nella mensa dei fratelli.
- La parola "sacrificio" puntualizza nel mistero eucaristico il farsi presente del Cristo crocifisso e risorto. Ogni volta che è spezzato e mangiato il pane e bevuto il calice "viene proclamata la morte del Signore e la sua risurrezione in attesa della sua venuta" (1 cor 11,26). Gesù nel sacrificio della croce si è donato totalmente a Dio e all’umanità e rimane per sempre in atteggiamento di "dono". A lui si unisce il popolo dei redenti che si indirizza a Dio Padre e da lui attinge lo stile di una vita che vuol essere "dono" nell’amore, "sacrificio gradito a Dio".
- Si parla poi di "cibo spirituale o viatico" in quanto l’eucaristia ha un significato conviviale. In essa Cristo si offre come cibo che nutre, come "pane del cielo" (Gv 6) che trasmette la sua vita, perché assimiliamo la sua capacità di amare e di donare nel cammino dell’esistenza fino all’incontro finale. Tutto questo è evidenziato con la parola "comunione".
- Le espressioni "corpo e sangue del Signore" sono state usate da Gesù stesso nella sua cena per dire la totalità del suo donarsi. Il "corpo", nel linguaggio semitico, indica la "persona" nella sua pienezza e concretezza; il "sangue" significa la "vita" (il sangue e l’anima sono la sede della vita). Il Signore glorioso mette in atto un rapporto immediato tra la realtà del suo mistero e la persona di colui che lo riceve. Il "pane è il "segno", il "sacramento" che fa toccare con mano il consegnarsi del Signore. Il "pane e il vino" eucaristico sono detti "santissimo sacramento" e sono adorati perché in essi si dona il Signore.

Culmine e fonte della vita cristiana e della chiesa
L’eucaristia, celebrata ripetutamente, non è solo un rito memoriale della comunità, ma è un venire a noi del Signore nella storia. In nessun altro momento della vita cristiana si realizza un incontro così diretto, personale e coinvolgente con il Risorto come nell’eucaristia. In tale incontro la vita dei singoli si unisce sempre di nuovo alla vicenda personale del "Figlio" che conduce al Padre. Così è posto in atto il ritorno a Dio, pilotato da colui che è il creatore e il redentore e si attinge alla sorgente della vita, che è la vita del Figlio che viene dal Padre: "come il Padre che è il vivente mi ha mandato e io vivo per il Padre così chi mangia di me vivrà per me" (Gv 6, 57).
L’eucaristia, "culmine e fonte" è centro della chiesa. Attorno alla "cena del Signore" si riunisce la chiesa locale nella sua pienezza, fatta di molteplicità di doni e unità di legami nella fede, nella fraternità e nell’amore. Dalla comunione col Signore la chiesa prende nuova energia vitale per essere "corpo unito" nella verità ed essere portatrice di dialogo e di concordia nel mondo chiamato a diventare "famiglia dei figli di Dio".
g.padoin@katamail.com
* sacerdote, docente di Teologia Sacramentaria presso i seminari di Treviso e Vitt. Veneto.
Per approfondire l'argomento: G. Padoin, "Il pane che io darò. Mistero di fede e sorgente di vita", Borla 2º ed. 1998.

COME VIVONO I GIOVANI L’EUCARISTIA?

Io vivo l’Eucaristia, sacramento che simboleggia il sacrificio di Cristo e la sua comunione con i fedeli, come estremo atto d’Amore: Gesù nell’Ultima Cena ha voluto donarsi a noi sotto le sembianze del pane e del vino. Ha voluto in questo modo assicurarci la sua presenza tangibile nei secoli. Cristo è presente nel pane e nel vino da quando il celebrante li consacra.
Tutte le volte che partecipo alla Santa Messa ascolto la Parola di Dio e vivo con profonda commozione il momento della Consacrazione e della Comunione.
La presenza di Cristo mi stupisce ogni volta, mi commuove. Da quel momento mi sento più serena, più in pace con me stessa e con gli altri.
E' senza dubbio una presenza benefica, io mi sento più forte: le difficoltà della vita mi spaventano meno. Trascorro la mia settimana di studio e impegno, di divertimento e di svaghi, di vita, con più vigoria e serenità.
Peccato, però: vedo sempre meno giovani accostarsi all’Eucaristia e partecipare alla Santa Messa.
Dove sono finiti i giovani? Se ne vedono così pochi sui banchi!
Non so se sia un fenomeno isolato alla mia piccola Chiesa di periferia, o se invece sia piuttosto diffuso, ma mi pare ci siano sempre più giovani fuori dalla Chiesa, sul muretto, ad aspettare parenti ed amici che escono, per le vie delle città davanti a vetrine e negozi, nei bar, o nei letti a dormire…
Prendere l’Eucaristia è l’atto più importante della settimana cristiana, quello che dovrebbe essere messo in cima alla lista dei vari appuntamenti, cerchiato in rosso nell'agenda di tutti!
E' il momento della conferma della professione di fede, è il momento più intimo , più "mio".
E' un gesto che fortifica chi lo fa, che unisce: oltre a dare tranquillità d’animo rende i cristiani comunità, uniti in quel momento come nel percorso di fede.
E i giovani, noi giovani, dovremmo viverlo in questo modo e non con leggerezza come atto di routine all’interno della celebrazione domenicale. Molto spesso, infatti, si riflette troppo poco, prima di compiere un atto importante come questo.
Il male dei nostri tempi, il nostro male, è la superficialità.
Siamo più riflessivi, più consapevoli di custodire, dopo aver preso l’Eucaristia, il Corpo di Cristo Nostro Signore!
Cinzia Paradiso

CELEBRARE PER VIVERE
L’Eucaristia dovrebbe avere sempre questi due momenti: uno in chiesa per la celebrazione, uno a casa per viverla perché l’Eucaristia è celebrazione della vita

di Valeria Zago
La Chiesa non è un movimento di singoli individui che fanno riferimento a Cristo.
La Chiesa è con-vocazione, ossia "l’essere chiamati insieme". È comunità radunata attorno alla "Parola" e al "Pane".

Vivere l'eucaristia
La Chiesa con grande saggezza invita a celebrare la storia della salvezza giorno dopo giorno, anno dopo anno per cogliere il mistero di Cristo nella nostra vita. La vita trasferisce la sua concretezza alla celebrazione eucaristica e l’Eucaristia illumina i vari aspetti del vissuto quotidiano. Diversamente essa è incompleta da parte di Dio e rimane incompleta anche da parte nostra. Possiamo dire che è il punto di arrivo nella vita di tutti i giorni, ma anche il punto di partenza per una vita nuova.
Il fatto è che ben poco della nostra vita entra nell’Eucaristia e ben poco dell’Eucaristia entra nella nostra vita.
Così la domenica, per molti, da giorno del Signore, dell’assemblea e della comunione per eccellenza è diventata il giorno della massima estraneità.

Eucaristia ed esperienza familiare
L’accoglienza, il perdono, il dialogo, il "perdere tempo" per gli altri sono esperienze, in particolar modo familiari, che devono diventare parte dell’Eucaristia. Il compito della famiglia è proprio quello di crearne la relazione con l’Eucaristia, così da realizzare comunione e dare concretezza all’amore, anche a quello di Dio.
Diceva don Remo Vanzetta che l’Eucaristia è nata in una sala da pranzo (Cenacolo) durante un banchetto molto familiare (Cena pasquale).
La festa di Pasqua inoltre si celebrava in due momenti: al tempio assieme a tutti gli altri per sacrificare l’agnello, in casa per mangiarlo insieme con i propri familiari.
L’Eucaristia dovrebbe avere sempre questi due momenti: uno in chiesa per la celebrazione, uno a casa per viverla perché l’Eucaristia è celebrazione della vita.
Gesù disse: "Fate questo in memoria di me" (Lc 22,19), "Come ho fatto io, fate anche voi!" (Gv 13,15). Non si riferiva solo alla cena ma anche alla lavanda dei piedi ed anche al dono della vita.
Se si scoprisse la dimensione eucaristica della vita quotidiana, di relazione, di sacrificio, di dono la messa cesserebbe di essere un obbligo ma diventerebbe un bisogno. Diventerebbe "centro e culmine della vita cristiana e familiare" proprio come afferma il Concilio Vaticano II.
Non sempre è possibile accostarci all’Eucaristia "in pace" con tutti ma è importante che ci sia il desiderio dell’unità che scaturisce dallo stare insieme, dall’accogliere il limite e dall’impegno (amore dono).
Portiamo a messa tutto quello che riguarda noi e i nostri cari, e non solo, perché al Signore interessano tutte le persone e tutto di loro: lavoro, sofferenze, amicizie, preoccupazioni, tensioni, soddisfazioni, fallimenti.
Solo nel Signore la nostra vita potrà trovare il vero senso.
segninuovi@interfree.it