L'etica cristiana e la fine della vita
IL DRAMMA DELL'EUTANASIA
In una società che ha rimosso la morte, l'ha ospedalizzata, nascosta, l'uomo è
più che mai solo di fronte a questo evento drammatico e risolutivo della sua vita.
E qualche volta decide di farla finita.
L'eccesso opposto: l'accanimento terapeutico.
di Paolo Mirabella * e di Fabrizio Fracchia**
Nei paesi più avanzati la vita umana negli ultimi decenni si è allungata
progressivamente. Si vive di più ma non è detto che si viva meglio; gli ultimi anni
della vita sovente sono segnati dalla solitudine, dalla progressiva perdita
dell'autosufficienza, da malattie invalidanti.
Il medico si trova, nei confronti di questi malati, di fronte a tre alternative: difendere
la vita ad ogni costo, con il rischio di sconfinare nell'accanimento terapeutico;
procurare la morte per ragioni di pietà; oppure sostenere e accompagnare il malato, anche
quando è morente.
Ma chi è l'uomo? Una semplice struttura multicellulare, l'unico essere dotato di ragione,
uno spirito "incarnato"? Come sappiamo che vi sono molti modi di pensare a Dio,
ad un dio e in generale al trascendente, così non c'è un'unica visione dell'uomo,
un'unica antropologia, ma ce ne sono diverse, tra loro contrapposte.
I tre volti del modello utilitarista
Il primo modo di concepire l'uomo, forse il più diffuso, è quello legato al modello
utilitarista. E' frutto della cultura laica e ha alla base il principio della qualità
della vita: la vita vale in funzione della sua qualità. Questo modello ha tre diverse
sfaccettature: quella liberal radicale; la pragmatica e la socio biologica.
Il modello liberal radicale pone al centro l'assolutezza della libertà
individuale, l'uomo è libero finché non viola la libertà altrui. Ma l'altro è
esclusivamente colui che è in grado di difendere la propria libertà, di far sentire la
sua voce.
Il modello pragmatico deriva dall'empirismo classico: conta ciò che può essere
dimostrato, sperimentato, e ha oggi il suo centro nel primato della ricerca scientifica.
In nome di questa si può arrivare a sacrificare l'uomo in vista di un ipotetico benessere
futuro e ha alla base il rapporto costi - benefici. E' un modello che può essere valido
per il singolo, non per l'intera comunità.
Il modello socio-biologico, infine, si ispira all'evoluzionismo, ai concetti legati
alla selezione della specie, per cui si sacrifica il debole, il povero a vantaggio del
forte, del ricco.
Il modello personalista
A questi modelli si contrappone il modello personalista, legato ad una visione di
chiesa, che pone al centro il rispetto assoluto per la persona umana: qualsiasi entità,
se definita persona, merita rispetto perché contiene un valore trascendente.
C'è però il rischio di difendere la vita usando parole grosse, ma a volte vuote.
Il modello del patto originario
Ma vi è ancora una prospettiva, che in qualche modo supera il modello personalista
(che si limita al dato biologico) e quello utilitarista (che mercifica tutto).
Questa prospettiva si basa sull'etica del dono: nel momento in cui entro in
relazione con l'altro "sento" qualcosa per lui; questo sentire
"immedesimato" - l'empatia - mi permette di considerare la persona che ho di
fronte non solo in termini legislativi ma secondo il comandamento nuovo: ama il tuo
prossimo. E' quello che in linguaggio medico si definisce "alleanza
terapeutica".
In quest'ottica quando parliamo di "valore sacro della vita umana" non ci
riferiamo immediatamente alla singola vita ma alle relazioni di prossimità che ci legano
gli uni gli altri. Sacra è la stretta di mano con cui ci promettiamo qualcosa, sacra è
la percezione di dovere qualcosa alla persona con cui entro in relazione. Sacra infine
perché fa riferimento al patto originario, all'alleanza che Dio ha stabilito con l'uomo e
a cui ci richiamano nel quotidiano l'alleanza coniugale e l'alleanza generativa.
In queste alleanze c'è un'assunzione di responsabilità che si esprime in termini di
empatia; proprio da queste alleanze deriva l'alleanza terapeutica tra medico e paziente.
Non è un modello facile da perseguire, in una cultura come l'attuale contrassegnata dalla
diffidenza, dalla richiesta di sempre nuove garanzie; richiede una statura morale molto
alta, sia da parte del medico sia da parte del paziente ed è' necessario che la risposta
eticamente migliore sia trovata caso per caso, perché non c'è un modello a priori a cui
riferirsi. La medicina palliativa è la più vicina a questo modello: riconosce i propri
limiti ma non cessa di accompagnare il paziente (vedi riquadro).
L'eutanasia
La tentazione dell'uomo di determinare la sua vita e il suo momento ultimo: la morte,
si è sempre concretizzata attraverso la pratica del suicidio. Ma ora c'è una nuova
strada apparentemente più asettica, senz'altro più sicura e indolore: l'eutanasia.
Molti intellettuali ne sostengono la liceità come modo estremo per manifestare la propria
libertà personale.
In che cosa consiste? Nel chiedere ad un medico consenziente la somministrazione di una
sostanza letale che ponga fine ad una vita che si ritiene non più degna di essere
vissuta, o perché segnata da una malattia degenerante e mortale, o perché insostenibile
a livello di sofferenza psichica.
Questa forma di eutanasia viene detta attiva, perché la morte è procurata con un'azione
ma ve ne è anche una seconda forma più subdola, perché praticata a volte all'insaputa
dell'interessato, quella passiva, definita anche "omicidio per pietà". In
questi casi la morte viene procurata con un'omissione che può essere relativa
all'alimentazione, l'idratazione, l'igiene della persona, l'aiuto alla respirazione
spontanea.
Sulla questione dell'eutanasia la deontologia medica è rigorosa: il medico non deve e non
può dare la morte, perché è contro ogni principio base della pratica medica e per
evitare il diffondersi di metodi selettivi verso i malati - si curano solo quelli che
possono riacquistare una certa qualità della vita o quelli che non comportano una spesa
sanitaria troppo elevata.
Si pensa che di solito venga applicata solo su malati gravi e "terminali" ma
trova spazio anche nei confronti di bimbi appena nati, per volontà dei genitori - come se
fosse un prolungamento dell'aborto.
L'eutanasia è vietata in tutta Europa salvo Olanda e Belgio.
L'eutanasia è legale in Olanda dal 2001 ma i risultati sono contraddittori:
- il 58% dei pazienti trattati non ha mai ridiscusso la propria decisione;
- l'86% dei pazienti non era più in grado di prendere una decisione quando gli è stata
praticata.
L'accanimento terapeutico
Si deve intervenire sul paziente tanto quanto serve alla sua salute, né più né
meno. Ma come si può eccedere in una direzione - dando la morte - così si può eccedere
nell'altra - difendendo la vita ad ogni costo.
Parliamo allora di accanimento terapeutico che si ha quando si ricorre ad un trattamento
di constatata inefficacia collegato alla presenza di rischi o di sofferenza per il
paziente oppure quando c'è un rapporto sproporzionato tra rischio e beneficio.
Proprio per evitare l'accanimento terapeutico è lecito che il paziente, in modo motivato,
si rifiuti di subire trattamenti sproporzionati e, da parte del medico, è lecito
praticare la terapia antalgica - anti dolore - pur sapendo che questa potrebbe abbreviare
la vita del paziente.
Per concludere, sarebbe necessario e utile giungere ad un'alleanza terapeutica tra medico
e malato, a quello che potremmo definire "un incontro tra una fiducia e una
coscienza". La fiducia è quella del malato che si affida alla coscienza di un altro
uomo - il medico - che può farsi carico del suo bisogno.
* dottore in Teologia Morale
** medico oncologo
(testo non rivisto dagli autori)
QUESTO E' MIO FIGLIO...
Che valore ha la vita un handicappato grave?
Mio figlio si chiama Germano, e ora ha otto anni.
È un bambino splendido e tenerissimo. Tuttavia credo che se prevalessero certe ideologie
contro la vita, promosse da persone che vogliono decidere chi sia degno di vivere e chi
no, Germano non sarebbe mai nato.
Con una croce su una scheda potrei decidere che Germano e i bambini come lui non
dovrebbero vivere: se concepiti, andrebbero scartati. O forse soppressi una volta nati.
Infatti Germano è autistico: non parla, saltella continuamente, appena vede un foglio di
carta lo fa in mille pezzi, deve essere aiutato (e probabilmente dovrà esserlo per tutta
la vita) per i bisogni fisiologici, per lavarsi, ecc.
Noi abbiamo un debole per Germano, che ha due sorelline, Alessia che ha quasi dieci anni e
Rossana che ne ha cinque. Anche loro stanno imparando ad amarlo e ad aiutarlo (e a
difenderlo).
Germano molto probabilmente non produrrà mai nulla di artistico, culturale, commerciale,
ecc. Per qualcuno è inutile o un peso. Per noi no.
Lettera firmata
Dalla newsletter di Pastorale Familiare, n 40 del 30/09/04
LE CURE PALLIATIVE E LHOSPICE
"Quando non cè più niente da fare, ciò che resta da intraprendere è
forse lessenziale." (C. Jomain)
Le cure palliative sono un insieme di interventi multidisciplinari
messi in atto non con lo scopo di guarire, bensì di alleviare e prendersi cura dei disagi
fisici, psicologici, sociali e spirituali dei pazienti in fin di vita.
Il luogo ideale delle cure palliative sarebbe la casa del malato. In molti casi, però,
lassistenza al domicilio è difficile da attuare e lalternativa diventa
lhospice. Qui il paziente può ricostruirsi la casa personalizzando la stanza,
conservando i suoi ritmi, dormendo insieme ai suoi parenti.
Solo nelle cure palliative ho visto la medicina realmente al servizio delluomo: il
paziente finalmente persona e non patologia. Per questo è necessaria léquipe,
cioè lattività coordinata di professionisti diversi che lavorano con obiettivi
comuni.
In questottica globale della persona è compresa anche la famiglia, perché essa è
un ambito fondamentale della vita del paziente.
Molte abitudini voluttuarie che in ospedale verrebbero severamente proibite sono invece
ammesse senza problemi... daltronde sarebbe assurdo vietare ad un morente di fumare.
Questo non vuole dire che nelle cure palliative non si curi, nel senso più tradizionale
del termine. Farmaci e tecnologia medica sono necessari, altrimenti non si otterrebbero
alcuni degli obiettivi principali, come il controllo del dolore e dei sintomi maggiori.
Ma ogni intervento deve conservare la sua proporzionalità, cioè non può portare più
fastidi che vantaggi reali. Ed in una situazione come quella del morente,
lequilibrio è molto fragile e soggettivo.
Credo che uno dei criteri per misurare lefficacia delle cure palliative potrebbe
essere proprio la qualità del rapporto che si instaura fra infermiere e morente. Quello
che i morenti chiedono, infatti, è lascolto disponibile, la comprensione,
lassenza di giudizio, la capacità di rielaborare i vissuti di angoscia, la
tenerezza e laffetto.
In conclusione, le cure palliative cercano di condurre chi muore allaccettazione
della propria fine. Usando, come mezzo per raggiungerla, la valorizzazione del tempo
residuo e la realizzazione della massima qualità di vita. Perché chi muore abbia qualche
buona ragione per volere vivere il proprio morire.
Giorgia Rosada
GLI SVILUPPI DELL'EUTANASIA IN OLANDA
Applicabile anche ai bambini al di sotto dei 12 anni.
In una clinica di Groningen é permesso uccidere dolcemente bambini al di sotto dei 12 anni, che non possono esercitare la libertà per dare il proprio consenso.
La clinica olandese decide di "terminarli": col pretesto di aiutare le famiglie, aiutano i bambini a sparire dal mondo.
La legge sull'eutanasia va contro la Convenzione europea sui diritti dell'uomo; ma ora è possibile andare perfino oltre quella legge che non consentiva la soppressione di bambini.
Il potere di vita e di morte, il potere supremo, non è sottoposto più neanche al vaglio democratico del parlamento (che pure non potrebbe arrogarsi quel potere).
Su questo argomento il prof. Gonzalo Miranda, Preside della Facoltà di Bioetica dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in un'intervista a Zenit.org ha dichiarato: "Questo provvedimento che permette l'applicazione dell'eutanasia a tutti i nati é una dimostrazione che la famosa teoria del "pendio scivoloso" era corretta.
Una volta che si stabilisce il principio che puoi uccidere un essere umano perché soffre, allora logicamente lo estendi a tutti quelli che soffrono.
Se uccidi un essere umano che lo chiede, lo puoi applicare a tutti gli esseri umani che lo chiedono, anche se non soffrono.
Quando si è cominciato a discutere di eutanasia in Olanda ed in altri Paesi, molti hanno sollevato il pericolo di scivolare verso il peggio, e i difensori del provvedimento hanno detto che non sarebbe accaduto, e invece.... molti hanno poi iniziato nel 1993 con la depenalizzazione dell'eutanasia, ed in seguito è venuta la legge che è stata estesa ai bambini di 12 anni in giù.
Nonostante l'opposizione dell'opinione pubblica, ad appena due anni da quella legge siamo già all'applicazione a tutti i nati senza nessun tipo di consenso informato da parte dell'interessato.
Vorrei sottolineare che si tratta dell'uccisione volontaria di un essere umano che non può dire che cosa pensa".
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