LA PREGHIERA DI COPPIA
Il primo passo nella preghiera di coppia è imparare a sostare in presenza dell’altro
per provare ad incontrare insieme L'Altro.

di Maria Grazia e Umberto Bovani*
Parlare della preghiera nella coppia non è facile perché non c’è una tradizione.
Vi sono tante esperienze silenziose, ma manca una riflessione ampia e sistematica su cosa vuol dire una relazione con Dio calata nel tessuto esistenziale della vita affettiva.
L’assenza di una tradizione può significare fatica ad ancorare la propria esperienza, o può far assumere forme di preghiera ricavate da contesti di vita diversi dalla relazione a due, ma può anche essere vissuta come una risorsa: non avendo riferimenti stabili di confronto, la coppia è costretta ad una ricerca più libera e creativa che parta proprio dalla sua vita reale.

Che cosa non è
La preghiera di coppia…

Una possibile definizione
"La preghiera nella coppia è quell’atto che eleva ad una relazione con Dio e contemporaneamente abbassa ad una rinnovata relazione con l’altro".
Si tratta di un abbassamento che dà verità ed attuabilità all’elevazione perché l’esperienza che siamo chiamati a vivere nella vita di coppia è proprio quella di sentire, nell'ordinarietà di una relazione, la presenza di Dio.
E' la presenza dell’altro che ci fa capire fino in fondo cosa vuol dire la presenza reale di Cristo. Non a caso c’è una profonda vicinanza tra il sacramento dell’eucarestia e il sacramento del matrimonio. Entrambi, infatti, si qualificano in una presenza.
Il primo passo nella preghiera di coppia sarà proprio quello di imparare a sostare in questa irrinunciabile presenza dell’altro: prendere piena consapevolezza di una presenza non ritenendola mai scontata od acquisita una volta per sempre.

Educarci all'altro
Per diventare consapevoli dell’altro, è necessario educarsi, lentamente e progressivamente, alla capacità percettiva. Stare alla presenza dell’altro per la semplice ragione che l’altro c’è ed è colui/colei che abbiamo scelto.
La percezione è quella capacità, altamente spirituale, di sospendere ogni valutazione e rivendicazione, accogliendo l’altro come dono.
Siamo portati a percepire poco e valutare molto. Sovente giudichiamo cose e persone ancor prima di conoscere. Ma non è una buona ragione per non tentare un cambiamento.
La preghiera in due è un’occasione preziosa per rieducarci ad un giusto rapporto con il mondo… più libero dalla frenesia del possesso.
L’atteggiamento percettivo dà qualità alla prossimità: nella pratica costante di una preghiera di coppia impariamo a percepire l’altro.

Preghiera come ricerca
La preghiera è una risposta che non ha mai i toni perentori dell’assoluto, ma presenta i caratteri liberanti della ricerca.
L’uomo e la donna in cammino verso Dio sono immagine stessa della ricerca di Dio perché in ricerca continua di un senso al loro essere due.
Il rapporto di coppia è un continuo cercarsi. Se perdiamo questa dimensione perdiamo l’elemento di maggior vitalità nel rapporto. Il bisticcio o il confronto serrato non sono spesso segno di questa ricerca? Se riuscissimo, attraverso la preghiera, a tener sempre presente questo aspetto… quanto bene ne trarremmo!
Capiremmo il senso profondo di essere in due, di essere continuamente in ricerca dell’altro.
Per questa ragione la relazione intima e profonda con Dio che ricerchiamo nella preghiera deve essere aderente alla vita concreta e reale, soprattutto in dialogo continuo con il tempo presente che viviamo.
La tentazione di pensare la preghiera come una dimensione al di fuori della realtà presente è più forte di quello che crediamo!

Una preghiera incarnata nel quotidiano
L’incarnazione è ciò che caratterizza l’esperienza spirituale cristiana.
La preghiera di coppia è opportunità per guardare la vita normale con gli occhi di Dio, con lo spirito che anima dall’interno ogni cosa, perché la nostra vita ordinaria non è di ostacolo alla ricerca di Dio... anzi.
E’ necessario che ogni giorno, attraverso la preghiera, ricomprendiamo che la quotidianità non è anonimato, torpore, sonnolenza, bensì risorsa esistenziale perché luogo benedetto da Dio.
Se riuscissimo a consegnare a Dio ciò che siamo e viviamo, sarebbe già una preghiera importantissima! Serve perseverare e non temere. Nelle nostre quotidiane difficoltà se preghiamo in due possiamo sperimentare la presenza di Dio. Proviamo semplicemente a metterci alla presenza dell’altro di fronte a Dio per quello che siamo, con tutte le nostre cadute e incredulità. Dio si farà presente tra noi.

* I coniugi Bovani sono responsabili di un centro di spiritualità domestica, presso il Santuario di S. Antonio a Boves (CN). Il centro organizza, durante l'anno, una serie di incontri e week-end di spiritualità per coppie.
Per il calendario completo delle attività vi rimandiamo al sito: www.santantonioboves.it

PROPRIO NON CAPISCO
Non capisco perché, quando uno "scopre la preghiera", o "trova nuove forme di preghiera" normalmente va in un eremo, col gruppo, in parrocchia, e non condivide la sua scoperta con il marito/moglie, scegliendo la famiglia/coppia quale laboratorio privilegiato per "sperimentare".
Non capisco perché quando si parla di luoghi di preghiera non venga il dubbio che il primo e più antico luogo è la famiglia, "chiesa domestica".
Non capisco perché quando ci sono dei guai in vista, si manda qualcuno ad accendere una candela in chiesa, si chiede alle monache di pregare, e non viene in mente che si potrebbe correre ai ripari in famiglia.
Non capisco perché quando sorgono delle difficoltà/crisi nei rapporti di famiglia/coppia, non si pensa che si potrebbe pregare insieme: le difficoltà/crisi magari restano, ma diverse.
Non capisco perché una coppia/famiglia dove si prega insieme è additata come esempio, quasi fosse un’eccezione, e non ci si rende conto che l’anormalità è rappresentata invece dalla famiglia dove la preghiera è assente.
Non capisco perché, quando accenniamo alla preghiera in famiglia, ci riferiamo sempre alla nostra infanzia, lontana, irraggiungibile, nostalgica: "Bei tempi, quelli!", e non incominciamo a pregare nell’attuale famiglia/coppia, in modo da poter dire: "Bei tempi questi che stiamo vivendo!".
Non capisco come possano esistere coppie o famiglie che si proclamano cristiane senza avere una preghiera comune.
Padre Giuseppe Oltolina
Testo raccolto da Adriana e Sergio Corbetta

PREGARE PERCHE' SIA FATTA GIUSTIZIA
Cry, cry, cry for the life! Grida, grida, grida per la vita!
E' questo gridare perché sia fatta giustizia il senso più immediato da attribuire al termine pregare, perché il regno di Dio viene negato ogni giorno nei luoghi del dolore.
"Ascoltate questo voi che dite: quando sarà passato il sabato perché si possa smerciare il frumento usando bilance false, per comprare il povero per un paio di sandali?" (Am 8, 4-6). E' la preghiera del profeta che, oggi come ieri, grida a Dio l'ingiustizia e la sopraffazione dell'uomo sull'uomo.
Per pregare non servono molte parole, poiché il Padre "vede nel segreto", nel chiuso "di quattro mura" e forse anche una sola parola rappresenta un di troppo.
Ma ci sono parole silenziose, sussurrate od urlate non importa, che toccano terra, umili perché chi le dice soffre il dolore fisico, la perdita di una persona cara, l'emarginazione. L'umiltà non si sceglie: tocca in sorte.
In Kenya pregare è ciò di più immediato, spontaneo e semplice si possa chiedere a qualsiasi persona: dal professore, all’alcolista, dal presidente al bambino di strada.
La gente non si sa perché, ma prega e in un modo profondamente africano, parla con Dio con lucidità, semplicità come se lo sentisse vicino, presente.
Generazioni di raccoglitori di rifiuti, emarginati dagli esclusi, figli mai visti dai padri e che vivono solo grazie al coraggio delle madri, non si stancano di mettersi in sintonia con il Totalmente Altro.
In occidente, la dimensione sacra tende ad essere una delle dimensioni, al contrario la visione africana tradizionale è verticale, tutto discende da Dio.
Per questo la realtà della vita delle persone tende ad avere un’interpretazione che rimanda continuamente a Dio. "E' solo Dio che tiene in vita questo paese", qui "sei nelle mani di Dio".
Quando si legge il vangelo, quando si accendono candele nelle notti oscure si sentono le vene vibrare e la gente canta. Nonostante i problemi, anche se ubriachi e distrutti dalla fatica, tutti sono pronti ad alzare le braccia al cielo rivolte a Munghu (Dio) con parole che indicano la confidenza con un interlocutore invisibile e vicino.
E' come un atteggiamento innato. Con le mani alzate, la comunità inizia a pregare: "Munghu - Baba", "Papa - paparino" ti preghiamo…
E’ una relazione, una relazione che richiede tempo, non solo il tempo compiuto, il "kairos", ma il tempo quotidiano, il "chronos".
Fabrizio Floris