Avere una Bibbia personale
Usare i rimandi e le note
Contestualizzare il testo
Approfondire un argomento
Facciamo il
punto Il contesto storico
Il contesto geografico
Leggere la Bibbia
SERVE AVERE UNA COPIA PERSONALE
di Franco Rosada
Non possiamo pensare di accostarci alla Bibbia se non ne abbiamo almeno una copia in casa,
meglio una copia personale.
Quale Bibbia comperare? Ne esistono in commercio molte edizioni, a prezzi decisamente
diversi, ma vorrei suggerivi una particolare edizione, che ha il difetto di costare un po'
ma ha il vantaggio di essere sufficientemente completa.
L'edizione che vi propongo è la Bibbia di Gerusalemme (BJ), che ha come testo quello
curato dalla CEI e che utilizza, come apparato critico, quello elaborato a suo tempo dai
migliori biblisti francesi. Il costo varia dai 28 ai 39 Euro: le differenze di prezzo sono
dovute alla confezione ma il contenuto è identico per tutte le versioni.
La Bibbia è un oggetto personale, il fatto che sia relativamente cara non ci deve
impedire di segnarla, annotarla, scriverci sopra le nostre riflessioni personali: se deve
essere il nostro libro di preghiera dobbiamo davvero sentirlo e renderlo nostro.
Per leggere la Bibbia per prima cosa bisogna sapersi orientare; prendiamo ad esempio le
letture della messa di sabato 3 aprile p.v., che il calendario liturgico indica in questo
modo: Ez 37,21-28; Ger 31,10-12b.13; Gv 11,45-56.
Essendo un giorno feriale sono citate la prima lettura (Ez), il salmo responsoriale (Ger)
e il vangelo (Gv).
Queste tre sigle corrispondono a tre libri della Bibbia: Ezechiele, Geremia e Giovanni; ma
se siete alla prime armi troverete nelle pagine iniziali di BJ cosa significano queste
abbreviazioni e l'indice con la pagina a cui il libro inizia.
La cifra che segue l'abbreviazione è il numero del capitolo, riportato nel testo in rosso
e in rilievo (capolettera), i numeri seguenti indicano il versetto di inizio e di fine del
brano da leggere.
Sono di solito separati da un trattino ma, nel caso del cantico di Geremia, troviamo
un'altra simbologia: 10-12b.13. Questo significa che vanno letti i versetti 10 e 11, le
prime due righe del versetto 12 (a e b) e poi si salta al versetto 13. Il punto viene
quindi usato quando non vi è una continuità nel testo, ma si saltano alcuni versetti, o
parte di un versetto.
USARE I RIMANDI E LE NOTE (I)
Dopo esserci procurata una Bibbia, aver compreso come risalire al singolo brano
attraverso le abbreviazioni e le numerazioni dei capitoli e dei versetti, proviamo ora a
servirci di tutte quelle indicazioni che, nella Bibbia di Gerusalemme (BJ), accompagnano
il testo.
Il brano scelto è il vangelo di domenica 20 giugno (XII del tempo ordinario, anno C)
tratto da Luca (9,18-24).
Ci soffermiamo sulla prima parte, intitolata da BJ: "Professione di fede di
Pietro".
La prima cosa che vi invito a notare sono le piccole indicazioni che, sulla sinistra,
affiancano il testo.
Proprio di fianco al titolo troviamo: || Mt 16,13-20, || Mc 8,27-30.
Stiamo leggendo Luca, un vangelo sinottico, e il simbolo || rimanda ai brani che negli
altri due sinottici, Matteo e Marco, trattano lo stesso argomento.
Vi è ancora una terza indicazione: Lc 3,21+. Il simbolo + indica che, in corrispondenza
di Lc 3,21, troviamo una nota utile per capire meglio il testo.
Questa nota si riferisce alla preghiera di Gesù e riporta tutti i passi in cui Luca ci
parla di questo atteggiamento di Gesù.
Sempre nella nota collegata a Lc 3,21 troviamo un rimando a Mt 14,23+.
Questa ulteriore nota tratta, in modo molto approfondito, della preghiera di Gesù in
tutto il Nuovo Testamento.
Partendo da un brano e seguendo le indicazioni di BJ abbiamo quindi la possibilità di
approfondire un tema importante come quello della preghiera.
Ritornando al passo in esame (Lc 9,18-21) vediamo che è oggetto di una nota a piè
pagina. La nota inquadra il brano all'interno del vangelo di Luca e ci permette di
approfondire un altro argomento: chi è Gesù.
Nel testo Pietro dice "Il Cristo di Dio", la nota ci parla di Messia e ci
rimanda a Lc 2,26+.
Qui troviamo un ulteriore rimando a Es 30,22+. In quest'ultima nota troviamo spiegato, in
modo esteso, il rito dell'unzione nell'Antico Testamento e scopriamo che entrambe le
parole: Messia e Cristo, vogliono dire la stessa cosa - l'unto di Jahve - ma la prima è
ebraica e l'altra è greca.
USARE I RIMANDI E LE NOTE (II)
Riprendiamo il brano appena proposto (Lc 9,18-24) e terminiamo l'analisi dei rimandi e
delle note.
Nella terza riga, di fianco al testo in cui Gesù dice "Chi sono io secondo la
gente?", troviamo indicato 9,7-8.
Il rimando ci invita ad andare alla pagina precedente del vangelo di Luca dove troviamo
già anticipata la risposta a questa domanda: per alcuni Egli è Giovanni battista, per
altri Elia o un antico profeta risorto. Di fianco a quest'ultimo testo troviamo il rimando
a 9,19, cioè al brano da cui siamo partiti.
Questa indicazione viene usata quindi per indicare due passi che hanno gli stessi
contenuti.
Proseguendo, alla penultima riga troviamo due indicazioni: 2,26+ (già visto la volta
scorsa nella nota del brano) e 23,35.
Andando al v. 35 del cap. 23 troviamo la stessa frase che usa da Pietro per la sua
professione di fede "Il Cristo di Dio", questa volta è detta però in modo
ironico dai capi del popolo sotto la croce.
La frase è la stessa ma il contesto stavolta è divergente.
Ultima indicazione all'ultima riga: Mc 1,34+. E' posta di fianco al testo in cui Gesù
ordina in modo perentorio ai discepoli di non rivelare a nessuno la sua vera identità.
La nota al versetto di Marco approfondisce questo tema, che è quello del segreto
messianico, che caratterizza il vangelo di Marco. E' interessante l'intero contenuto della
nota, che ci introduce anche nel clima culturale e politico della Palestina al tempo di
Gesù.
Per concludere, diamo un'occhiata ai due brani paralleli di Matteo e Marco, che riportano
questo stesso episodio narrato da Luca (Mt 16,13-20 e Mc 8,27-30).
Se il testo di Marco non contiene rimandi o note, quello di Matteo ne è invece
particolarmente ricco. Il motivo è dovuto al fatto che la professione di fede di Pietro
è più completa: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".
Gesù non è solo definito "unto", ma Figlio di Dio. La nota al v.16,16 ci
rimanda a Mt 4,3+, dove troviamo una spiegazione ampia e dettagliata del titolo
cristologico di "Figlio di Dio"; spiegazione da leggere con particolare
attenzione perché illustra l'evoluzione di questo titolo nella Bibbia e nei Vangeli.
CONTESTUALIZZARE IL TESTO
Quando leggiamo un brano della Bibbia, per poterlo comprendere compiutamente, dobbiamo
inquadrarlo nel contesto in cui è inserito.
Facendo riferimento al brano che stiamo esaminando (Lc 9, 18-24) e percorrendo a ritroso
il testo sulla Bibbia di Gerusalemme (BJ), vediamo che siamo alla fine della sezione
segnata dal ministero di Gesù in Galilea. Al v. 51 di questo capitolo inizia infatti la
salita di Gesù verso Gerusalemme.
In questo ampio contesto si inserisce il brano in esame, all'interno del quale troviamo
una pericope, che inizia al v. 18 con "Un giorno..." e termina, al v. 23, con
"Poi, a tutti, diceva...".
Che cos'è una pericope? E' un breve passo che si può prendere isolatamente perché
contiene un discorso completo. Il passaggio da una pericope all'altra è di solito segnato
da un salto temporale, da un cambio di interlocutori (come in questo caso), da un verbo,
un avverbio o da una preposizione di tempo o di luogo, ecc.
La nostra pericope, come ci indica anche BJ nei titoletti, comprende la professione di
fede di Pietro e il primo annuncio della passione.
Perché questi due argomenti sono contenuti nella stessa pericope?
La nota a Luca non ci aiuta, è invece utile il rimando al passo parallelo di Matteo
(l'analogo passo di Marco non ha note). La nota a Mt 16,21 chiarisce bene il legame tra i
due temi: egli non è soltanto il Messia glorioso che deve venire ma è anche il servo
sofferente. E' la pedagogia di Gesù che inizia a preparare la fede dei discepoli
all'esperienza della sua morte e resurrezione.
Possiamo così ricavare un'informazione importante, che già avevamo colto la volta scorsa
in chiusura: quando si leggono brani che sono in comune a due o tre vangeli sinottici le
note più importanti si trovano nel primo dei testi, e non sono più ripetute nei passi
paralleli.
Cogliere l'esatta estensione della pericope è importante per comprendere il significato
del testo.
L'IMPORTANZA DELLE PERICOPI
Abbiamo appena visto che una pericope è un breve passo della Bibbia che contiene un
discorso completo.
Vi propongo ora un'altra pericope, molto nota, che parla della preghiera (Luca cap. 11,
vv. 9-13). Se, leggendo il testo, ci limitiamo ai primi versetti: "chiedete e vi
sarà dato... perché chi chiede ottiene" rischiamo avere un'idea errata del
risultato della preghiera; è necessario leggere tutta la pericope ed arrivare fino
all'ultimo versetto: così scopriremo che, come risposta alla nostra preghiera, il Padre
ci dona lo Spirito Santo.
Corriamo il rischio di essere delusi: Ma non basta chiedere per ottenere? Cosa ce ne
facciamo dello Spirito Santo?
Dimentichiamo che il Signore ci dona ciò che è meglio per noi: il Suo stesso Spirito
che, come dice la nota della Bibbia di Gerusalemme, è la "cosa buona" per
eccellenza.
Il brano di Gv 14, 13-16, indicato a fianco nel testo di Luca, ci permette di approfondire
il discorso: " Io pregerò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore perché
rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere".
Il brano di Luca ha un parallelo in Matteo (|| Mt 7,7-11).
Il brano parallelo di Matteo ha una conclusione diversa: "Il Padre vostro che è nei
cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano".
Matteo sembra più vicino ai nostri bisogni, e per capirlo meglio ricorriamo ai
riferimenti a fianco del testo.
Il primo ci rimanda alla lettera di Giacomo (Gc 1,5): "Se qualcuno di voi manca di
sapienza la domandi a Dio..." e il secondo alla prima lettera di Giovanni (1Gv,
5,14): "qualunque cosa gli chiediamo secondo la sua volontà, egli ci ascolta".
La sapienza di cui parla Giovanni ci ricorda lo Spirito, la volontà, a cui fa riferimento
Giacomo, non è la nostra ma è quella di Dio.
Un commento a questo versetto di Matteo dice: "i doni buoni offerti dal Padre
celeste si riferiscono ai doni messianici, al dono del regno" (A. Poppi, I
quattro vangeli. Commento sinottico, Ed. Messaggero Padova 1997, pag. 125).
La conclusione non è quindi molto diversa da quella di Luca.
APPROFONDIRE UN ARGOMENTO (I)
Abbiamo parlato prima dello Spirito Santo, che il Padre ci dona in risposta alla nostra
preghiera (cfr. Lc 11, 9-13).
La Bibbia di Gerusalemme ci offre alcuni strumenti per approfondire questo tema.
Se andiamo al fondo del libro, subito prima delle cartine, troveremo due sezioni:
- Indice alfabetico delle note più importanti;
- Temi biblici d'interesse pastorale.
In entrambi è presente la parola Spirito.
Iniziamo dalla prima sezione. Abbiamo già avuto modo di constatare quante informazioni
contengono le note. Ne abbiamo ora una conferma.
Il primo rimando è al libro della Sapienza, cap. 7, v. 22.
Va letto prima il brano (7,22-8,1) e poi letta la nota. L'autore sta parlando della
Sapienza di Jahvè e dello spirito che la inabita.
Come precisa la nota: "questo elogio della sapienza, che è partecipe dell'intimità
di Dio, che possiede la sua onnipotenza e collabora con la sua opera creatrice, annuncia
già tutta una teologia dello Spirito a cui essa viene equiparata ("Chi ha conosciuto
il tuo pensiero se tu... non gli hai inviato il tuo santo spirito dall'alto?" Sap
9,17a.c) e dal quale riceve le funzioni tradizionali ("sapienza e intelligenza,
consiglio e fortezza, conoscenza e timore del Signore" Is 11,2) ma soprattutto la
cristologia, in particolare quella di Giovanni e di Paolo...".
Passando al Nuovo Testamento troviamo un rimando a Lc 4,1, la cui nota ci indica tutti i
brani in cui Luca ne parla.
Proseguendo, in Giovanni troviamo un primo legame tra Gesù e lo Spirito (Gv 1,33) e lo
Spirito come consolatore (Gv 14,16.26).
Molto interessante la nota a Gv 14,26 che illustra l'azione dello Spirito nella comunità
dei credenti in Cristo.
Terminiamo con Paolo. Nella lettera ai Romani lo Spirito è lo strumento con cui l'amore
di Dio si riversa nei nostri cuori (cfr. Rm 5,5). La lunga nota ci ricorda, tra l'altro,
che lo Spirito "rende il cristiano figlio di Dio e fa abitare il Cristo nel suo
cuore".
Nella prima lettera ai Corinzi Paolo ci parla invece dei doni dello Spirito Santo, tra cui
primeggia la carità (cc 12-14).
Se avremo avuto la pazienza di leggere tutte le note citate e qualcuno dei numerosi
rimandi non potremo più dire di non sapere chi è lo Spirito Santo.
APPROFONDIRE UN ARGOMENTO (II)
Continuiamo la nostra ricerca sullo Spirito Santo cercando questa voce nella sezione,
posta al fondo della Bibbia di Gerusalemme, che si intitola: temi biblici d'interesse
pastorale.
L'approccio che incontriamo è diverso da quello visto la scorsa volta nell'indice delle
note. In questo caso i rimandi sono a brani che parlano dello Spirito.
Lo spirito agisce già nell'Antico Testamento, nei settanta anziani scelti da Mosè (Nm
11,16-17), in Davide (2Re, 23,2), in Isaia ed Ezechiele (Is 61,1 e Ez 2,2), a tutto il
popolo messianico (Is 32,15), come precisa meglio il passo di Gioele citato a fianco del
testo di Isaia: "io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo... i vostri anziani
faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni" (Gl 3,1-2).
Lo Spirito anima tutta l'esistenza di Gesù, dal momento del concepimento (Mt 1,18.20) al
battesimo: "si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio... venire su di
lui" (Mt 3,16); dai 40 giorni nel deserto (Mc 1,12), a tutta la sua vita pubblica:
"in quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito e disse: io ti rendo lode, o
Padre..., che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai
piccoli" (Lc 10,21-22).
E' lo stesso Spirito che Gesù effonde sugli Apostoli - "avrete forza dallo Spirito
santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni ... fino agli estremi confini della
terra" (At 1,8) - e sulla sua Chiesa (At 2,33).
Lo riceviamo con il battesimo (At 19,2.6) e ci rende figli di Dio; infatti "lo
Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Rm 8,16).
Ci insegna cosa chiedere al Padre: "lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza
perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito intercede con
insistenza per noi" (Rm 8,26-27).
Orienta la nostra vita: "se pertanto viviamo nello Spirito, camminiamo anche secondo
lo Spirito" (Gal 5,25) e ci dona la speranza che: "non delude, perché l'amore
di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato
dato" (Rm 5,5).
FACCIAMO IL PUNTO
Mi sembra ora giunto il momento di fare un primo bilancio del cammino percorso.
Mi auguro che tutti abbiate una Bibbia personale e che la usiate, leggendola, studiandola,
pregando ogni giorno la Parola di Dio che ci propone la liturgia. Questultima la
possiamo trovare sul messale feriale ma, se non labbiamo, è sufficiente acquistare
ogni anno un piccolo calendario liturgico.
Gli strumenti per trovare i brani indicati li conoscere senzaltro molto bene.
Per pregare la Parola è prima necessario capire cosa ci "dice": per questo
bisogna leggere le note e aiutarci con i rimandi.
Altro strumento utile è quello di individuare il contesto in cui il brano proposto dalla
liturgia è inserito.
Possiamo infine approfondire largomento che il brano tratta ricorrendo
allindice delle note più importanti e ai temi biblici di interesse pastorale.
Questi ultimi due strumenti ci possono servire anche per preparare un incontro di gruppo.
Vogliamo fare una revisione di vita su un certo tema? Come trovare i brani con cui
misurarsi nel momento del "giudicare"? Possiamo ricorrere alla memoria ma, se
questa ci tradisce, glindici citati ci possono venire in aiuto.
Dobbiamo preparare un piccolo annuncio o le preghiere per un incontro? Per non scegliere
sempre gli stessi brani sfruttiamo questi strumenti che abbiamo imparato ad usare.
Cerchiamo un brano per la Lectio che approfondisca un tema che abbiamo trattato in un
precedente incontro? Ancora una volta glindici ci possono dare una mano!
IL CONTESTO STORICO
Riprendiamo il nostro cammino nella lettura della Bibbia partendo da un versetto di
Luca: "In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene
via di qui, perché Erode ti vuole uccidere"" (13,31).
Questo breve testo ci pone alcune domande. Proviamo ad elencarle.
Questo semplice versetto può porre molti interrogativi, non solo di carattere
esegetico, ma anche di carattere storico e culturale.
Proveremo ora a rispondere ad alcune di queste domande, attingendo in parte a quanto già
abbiamo approfondito e imparando ad usare altri strumenti presenti nella Bibbia di
Gerusalemme.
"In quel momento" si ricollega allinizio del capitolo (13,1) e associa
idealmente il lievito dei farisei a quello di Erode. La nota associata a 13,31 prova a
dare una spiegazione: "forse Erode voleva sbarazzarsi di Gesù" (cfr. Mt 14,13,
come vedremo tra poco).
Ma chi è questo Erode? Sempre la stessa nota ci dice che si tratta di Erode Antipa e ci
rimanda a +3,1. In questampia nota veniamo a sapere che è: " figlio di Erode
il Grande e di Maltace, tetrarca della Galilea e della Perea dal 4 a.C. al 39 d.C.".
Al fondo della Bibbia (p. 2682) troviamo lalbero genealogico della dinastia erodiana
e, subito prima, nella tavola cronologica, ritroviamo gli stessi dati (p. 2674, I col. al
fondo) con un ulteriore riferimento nella pagina seguente, che lo collega alla morte di
Giovanni Battista (cfr. Mt 14,1-12). Rileggendo questo passo, nella nota associata a 14,3,
ci viene spiegata la situazione matrimoniale di Antipa, le ambizioni della sua seconda
moglie, Erodiade e, in qualche modo, veniamo rimandati allalbero genealogico.
IL CONTESTO GEOGRAFICO
Dopo aver esaminato brevemente una prima parte del contesto storico proviamo ad
approfondire quello geografico.
Abbiamo visto che Erode Antipa era tetrarca della Galilea e della Perea.
A partire dalla fine del capitolo 9 inizia il viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Per
provare a seguirlo cerchiamo la cartina a colori che si trova nellultima pagina
della Bibbia di Gerusalemme e che riproduce la Palestina del Nuovo Testamento.
Gesù, dalla Galilea, può scegliere tra due itinerari: passare per la Samaria ed entrare
direttamente in Giudea, oppure passare per la Decapoli e la Perea.
Allinizio del viaggio (Lc 9,51 s) Gesù si dirige in Samaria ma si manifesta subito
lostilità dei samaritani, come sottolinea bene la nota al v.53: "i samaritani
dovevano mostrarsi particolarmente ostili di fronte ai pellegrini di Gerusalemme". Da
qui la plausibilità di un cambiamento di itinerario attraverso la Perea in cui si
potrebbe collocare il breve testo da cui siamo partiti.
Ma, contro questipotesi, troviamo più avanti nel racconto un preciso riferimento
allitinerario di Gesù, come anche indicato nella nota vista prima: "Durante il
viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea" (17,11).
La sezione del viaggio, nel vangelo di Luca, costituisce un grande inserto operato
dallautore sulla base del canovaccio tracciato dal vangelo di Marco.
Questo dato lo ricaviamo dallintroduzione ai Vangeli sinottici. Presentando
lopera di Luca la Bibbia di Gerusalemme (p. 2083) scrive tra laltro:
"La differenza più notevole nei confronti di Marco proviene dalla grande aggiunta
(9,51-18,14)
presentata sotto forma di un viaggio a Gerusalemme, che sfrutta un dato
di Marco (10,1)", anche se laspetto più importante non è tanto il viaggio in
sé ma "unidea teologica cara a Luca: la città santa è il luogo dove si deve
realizzare la salvezza, là è iniziato il Vangelo (1,5 s) e là deve terminare
(24,52s)".
Il reale itinerario seguito da Gesù è quindi, per Luca, un elemento secondario.
formazionefamiglia@libero.it