IL MASCHILE E IL FEMMINILE
Luomo deve spendersi interamente per il lavoro?
La donna deve realizzarsi solo nella maternità?
di Mariella Piccione*
Una donna dai modi squisitamente femminili. Un uomo dallaspetto decisamente virile.
Quali relais attivano nel nostro cervello, quali immagini fanno affiorare alla nostra
fantasia queste frasi fatte? Già i due avverbi squisitamente, decisamente
la dicono lunga sul cliché che ci portiamo dentro rispetto al genere. Certo è che il
contesto in cui siamo immersi detta regole dai contorni fluttuanti e sfumati, ma sempre
regole, su ciò che è maschile e ciò che è femminile. Epoche e culture lontane dalla
nostra hanno prodotto modelli diversi, accentuando o smorzando ruoli e caratteristiche a
seconda delle esigenze del momento. Oggi non sapremmo che farcene di un uomo capace di
combattere per ore sotto il sole coperto da unarmatura di ferro pesante diverse
decine di chili, brandendo una spada che ne pesa almeno cinque. E nemmeno ci interessa una
donna capace di partorire una ventina di figli, senza trascurare i lavori dei campi.
Perciò lasciamo ad altri linteressante dibattito su ciò che è culturale,
costruito, e ciò che è biologico, naturale, nel definire le peculiarità di genere.
Quale modello?
Credo che sia più utile porsi la domanda: io, che tipo di uomo/ di donna sono e
voglio essere? E, in seconda battuta: allinterno della nostra coppia, come mettiamo
in gioco, riequilibriamo ed armonizziamo le nostre caratteristiche, comprese quelle di
genere?
Le risposte a queste due fondamentali domande toccano molteplici aspetti della
personalità e aprono una sventagliata di ruoli.
Posso essere una donna dolce, materna oppure una decisa e combattiva; un uomo che va
dritto sullobbiettivo oppure morbido, capace di tenerezza. Una madre che dà regole
ben chiare e le fa rispettare. Un padre che sa ascoltare e comprendere. Voglio essere una
professionista seria e stimata, anzitutto da me stessa. Un dipendente pubblico a 36 ore
settimanali perché voglio dare del tempo alla mia famiglia, al volontariato
Senza arrivare a concludere che non ci sono risposte giuste o sbagliate, che
limportante è essere se stessi, come usa tanto oggi, potremmo piuttosto dire che la
risposta giusta è quella che si armonizza con i miei valori.
E qui sta il punto dolente. Dolente per luomo, ma più ancora per la donna.
Luomo e il lavoro
Per luomo: è scontato che il lavoro per lui sia fondamentale, addirittura
costitutivo dellidentità personale (di lui si dice: "è un idraulico,
un avvocato, un muratore"), che su di lui soprattutto incomba lobbligo di
mantenere la famiglia. Ma nella realtà di oggi può essere precario, sotto occupato,
disoccupato; lo stipendio di lei può essere indispensabile nel ménage familiare, lei
può guadagnare più di lui. Lui può amare la sua famiglia, i suoi figli, ma il fatto di
trovarsi forzatamente a casa mentre lei è al lavoro, a fare il casalingo, il
giacufumna, lo frustra ulteriormente, lo irrita e lo demoralizza. Perché
questo ruolo non cè nel DNA maschile, o perché un uomo che ricopre un ruolo
storicamente femminile, cioè inferiore, si sente ridicolo agli occhi degli altri?
E siccome il lavoro non cè, ma se cè ti prosciuga, può essere invece che
lui lavori come un matto, dodici ore al giorno fuori casa, trasferte più o meno
lunghe
E davvero un obbligo? Davvero un prendere o lasciare?
Davvero lui, cui spiace tanto non poter dare più tempo alla famiglia, non ha scelte
alternative, oppure il consenso sociale che converge sulluomo impegnato nel lavoro e
ne riconferma lidentità lo ripaga della frustrazione privata? Lo rassicura sulla
validità morale di unopzione carrieristica, anche se i ruoli familiari ne risultano
fortemente deprivati?
La donna: solo madre?
Per la donna è anche peggio. Scontato che il ruolo di madre e di moglie sia
fondamentale. Parliamo naturalmente di mia madre, di mia moglie. Perché se
sono il capoufficio, peggio ancora il datore di lavoro, lei deve dare il massimo sul
lavoro. I permessi per maternità? Certo, la legge li prevede, ma vengono accordati come
si trattasse di elargizioni di un monarca condiscendente, rinfacciati, fatti pesare
Ad avere un figlio, peggio che mai più di uno, se non si rischia il licenziamento si
rischia lostracismo, il mobbing. Ed ecco che lei fa i salti mortali per conciliare
il doppio ruolo, si sfinisce fisicamente e psicologicamente in frenetiche corse
quotidiane.
Dal punto di vista dellapprovazione sociale, per una donna ricoprire ruoli
storicamente maschili (cioè superiori!) è lusinghiero, è una crescita, una promozione.
Professione? "Oh, non faccio niente, casalinga", risponde con imbarazzo
laltra che non è scesa nellagone.
Ma perché la donna non rinuncia al lavoro fuori casa?, dicono i benpensanti, quelli bravi
(come noi) che tengono al valore della famiglia. Chi investe sulluomo, dunque sulla
famiglia, sulleducazione, dà un contributo insostituibile alla società, non è
evidente?
Già, cè bisogno del secondo stipendio, governo ladro. Già, ora la donna vuole la
sua soddisfazione personale, ne ha anche diritto
O tempora, o mores!
Dove sta lerrore di questi ragionamenti? Nel tentare di rispondere pensiamo alla
donna (e anche alluomo) che alla famiglia ci tiene davvero.
Lo specifico femminile
Quando si dice che la donna potendoselo permettere economicamente
farebbe meglio a stare a casa, si dimentica che la società di oggi sarebbe stravolta
dalla scomparsa della figura femminile nel mondo del lavoro. Lo specifico femminile dà
unimpronta insostituibile non solo ad alcune professioni tradizionali come
linfermiera, lostetrica o linsegnante, ma anche a tutte le altre. Gli
aspetti dellaccoglienza, dellaffettività, dellattenzione al lato umano,
dellempatia, ammesso che siano più femminili che maschili, sono presenti in tutte
le professioni e i ruoli che prevedano una qualche relazione umana: direi tutte in
assoluto, perché anche i ruoli più tecnici di solito comportano il lavoro di gruppo, la
collaborazione, la comunicazione con altre persone. La constatazione che non sempre la
donna mette in gioco queste sue doti nellambiente di lavoro, allineandosi al modello
maschile, significa che culturalmente deve ancora crescere lautostima femminile in
questa sfera. Del resto lindebolirsi della polarità sessuale è un fenomeno
generalizzato e non positivo, soprattutto quando ciascuno dei due sessi svende il meglio
di sé in nome di una malintesa parità.
Latto del dare arricchisce sempre chi lo compie. Una donna che lavora con la
consapevolezza e limpegno di contribuire così ad una società migliore sarà anche
una mamma migliore. Una mamma meno chioccia, meno possessiva, aperta a riconoscere
lautonomia di tutti: propria, del marito, dei figli. Rispetto alla donna libera da
impegni familiari che tende a riprodurre il modello maschile, a virilizzare il proprio
stile di lavoro, una moglie e mamma che riesce in qualche modo a femminilizzare il proprio
ruolo lavorativo è più preziosa. A patto, naturalmente, che lo stress del doppio
fardello non la schiacci.
Ecco il tempo propizio!
Certo molte donne, la cui vita è sconvolta in senso positivo dalla
straordinaria esperienza della maternità, rinuncerebbero volentieri al lavoro fuori casa
finché i bambini sono piccoli, o sceglierebbero un part-time. Questa sarebbe la soluzione
ottimale.
Non tutti i mali vengono per nuocere: nellattesa (non passiva!) di tempi migliori
dal punto di vista delle tutele sociali, ecco una splendida palestra familiare perché
luomo accantoni si spera per sempre quel becero machismo che alimenta
certe sue proverbiali pigrizie e distrazioni. Ecco il tempo propizio perché impari anche
lui larte dellascolto, dellaccudimento, dellattenzione alle
piccole cose.
Resterà sempre un passo indietro rispetto alla donna? È probabile. Ma se lei lo farà
sentire importante, anzi insostituibile per il suo contributo al clima di complicità,
empatia e serenità familiare, lui sentirà meno il peso della parziale rinuncia
allaffermazione sul lavoro.
* mediatrice familiare