QUAL È IL NOSTRO NATALE?
Il Natale evoca attese. Assai diverse. Qui tra noi.
La prima è neutra, fruibile cioè da chi attribuisce al Natale nulla di particolarmente
significativo se non l'occasione di una festa che dura parecchi giorni.
È il Natale, appunto, generalista. È certo tempo di festa ben oltre i richiami
tradizionalmente evocati dalla tradizione cristiana: l'albero e le sue luci, il vecchio
rampante con barba bianca e taglio rosso, magari in slitta, sono ormai una componente
fissa del paesaggio globale e si dirama regolarmente dagli aeroporti internazionali alle
vetrine delle grandi metropoli. È un Natale depotenziato di ogni identità religiosa la
quale suonerebbe quasi una 'profanazione' se fosse mai richiamata. È il Natale, appunto,
globalizzato.
Capita, dentro questo frangersi delle frontiere, di intravedere un nuovo orizzonte del
Natale che è in via di costruzione, sia pure ad opera di minoranze motivate.
Qui si cerca di cogliere l'occasione di ogni significativa ricorrenza religiosa per
tendersi la mano fra credenti di varie fedi. Sforzandosi di entrare nel vivo di tali
momenti, l'impegno è di riconoscere, di riscoprire nella festa altrui un patrimonio
comune, condivisibile di umanità e di fede.
Ora con i cristiani il Natale, domani il Vesak con i buddhisti, la fine del Ramadan con i
musulmani, il Pesach con gli ebrei e oltre ancora. Come dire: non c'è una grande e
profonda gioia spirituale per te che non possa anche in qualche modo esserlo per me e non
mi aiuti a incontrarti e riconoscerti dentro e al di là della festa. È il Natale che si
vorrebbe 'in via di sviluppo'.
Per i cristiani, quelli almeno che non ne scordano l'autentico messaggio, il Natale è
Gesù che prese vita in questo mondo e da questo mondo. E ogni anno continua ad essere una
sorpresa per il credente quando si interroga sul perché mai in quel punto sperduto della
storia e dello spazio, sul perché così dimesso Dio si sia svelato all'uomo e in quale
modo abbia persino svelato sé a se stesso. Per chiedersi infine quale umanità si debba
pensare e creare se fu così amata e prossima a Dio. È il Natale originario, che continua
a ispirare incarnazione.
Ma i cristiani rappresentano una variegata famiglia, spesso discorde. Anche a Natale.
Così gli ortodossi lo celebrano in altra data secondo il calendario giuliano. E non è
solo questione di data. I protestanti vedono con sospetto ogni enfasi celebrativa intorno
ad una ricorrenza storicamente incerta sul tempo perché vi temono snaturato il mistero di
fede racchiuso nell'evento. È il segno per i cristiani di un Natale che si spera di
celebrare tra fratelli non più separati. Per chi viene da terre lontane e non sa forse
neppure chi fosse Gesù l'augurio di Natale più autentico: che trovi accoglienza e non
sia tenuto fuori e lontano come un tempo avvenne proprio a Lui quando nacque e i suoi 'non
trovarono posto in albergo'.
Ermis Segatti
Ricevuto da: didaskaleion@murialdo.it