TESTIMONIANZE SU FAMIGLIA E SOCIETÀ

Politica       Scuola      Bilanci di Giustizia        Famiglie numerose         Accoglienza bimbi        Affidamento         Handicap

CONCILIARE FAMIGLIA E IMPEGNO POLITICO
È un grosso impegno ma ne vale la pena

"Papà… anche questa sera sei via?", "Dai papà, telefona al sindaco e digli una bugia! Gli dici che stai male e non vai alla riunione!", "Ma non avevi detto che questa settimana avevi solo due riunioni? Vedi che non ci sei mai?".
Quante di queste frasi ho sentito. Quante volte mi sono sentito in colpa per l'impegno.
È difficile conciliare il lavoro, la famiglia, gli altri impegni. È ancora più gravoso quando l'extra è la politica. Perché? Perché è totalizzante. In politica o ci sei, sei presente, partecipi, oppure sei fuori. Sei assente a una riunione? Quello che si decide lo subisci. È un impegno di volontariato ma con connotazioni diverse.
In politica conti nella misura in cui sei attivo. In politica se non conti, non serve! Crudo ma vero.
Ed allora lotti con il tuo tempo per partecipare, informarti, elaborare, cercando di conciliare il tuo impegno con i momenti importanti di tua moglie, dei figli. Lo fai con continui sensi di colpa. In famiglia non ci sei mai abbastanza. In politica non ti impegni mai abbastanza.
Impari allora a vivere bene, intensamente, il tempo a disposizione. Impari a non frustrarti con i sensi di colpa, ma ad essere responsabile ed attento ai momenti importanti, quelli dell'impegno e quelli della famiglia.
Non si può essere dei buoni politici se non si è prima dei buoni uomini!
Questo è il lato pesante della medaglia. C'è però l'altra facciata, quella bella e piacevole.
Un po' di anni di impegno sono stati per la mia famiglia come l'acqua sulle pietre del fiume; invasiva e coinvolgente, ma nello stesso tempo modellante. Sì perché oggi, con le figlie un po' più cresciute è normale a tavola parlare delle cose della città, dell'economia, della riforma scolastica.
È normale sentire la loro opinione e percepire che l'aria respirata in questi anni era quella dell'impegno, del pensare alla cosa di tutti, del pensare che se le cose cambiano è perché qualcuno discute, si impegna, e lo fa non come spettatore, ma piuttosto come attore.
È più facile per me oggi spiegare che se hai un'idea e vuoi che diventi realtà, devi convincere e trovare la strada giusta perché diventi un provvedimento. Perché se così non è… è solo stata una bella idea, al massimo un bel sogno.
Provo a riflettere sul mio passato, sul perché del mio impegno. Ricordo le lunghe discussioni a tavola con mio papà anche sulla politica.
Ricordo pure che al mio paese molti anni fa fu realizzata una strada e il comune acquistò un terreno per poter costruire la scuola. In quegli anni io non c'ero ancora. In quegli anni il sindaco di quel paese era mio papà.
Lui non mi ha mai spinto o chiesto di impegnarmi. Non ce n'è stato bisogno.
Elvio Rostagno

GENITORI E FIGLI: CITTADINI NELLA SCUOLA

"La consapevolezza dell'imperfezione del bene comune costruito nella città degli uomini non deve esimere i cristiani dall'impegno per la società civile. Senza rifiutare di dare soluzioni coerenti con la propria vocazione ai problemi concreti". Così esordiva l'introduzione agli ambiti della cittadinanza del convegno ecclesiale nazionale di Verona.
Anche la scuola fa parte di quel bene comune che richiede la responsabilità dei laici e in particolare della famiglia.
Interessarsi della scuola dei propri figli non significa solo accompagnarli e seguirne l'andamento scolastico, ma deve estendersi anche alla comprensione dell'offerta formativa che la scuola propone alle nuove generazioni, dedicando più tempo in quello che in gergo scolastico sono i "decreti delegati" ed evitando di rifugiarsi dietro la facile espressione: "ho poco tempo per dedicarmi anche a quello…".
È questo l'argomento portato da molti genitori al momento del rinnovo dei rappresentanti per i consigli di classe; anche se lo si ritiene importante a volte manca il coraggio di assumersi un impegno a cui si è chiamati come cittadini entro la "polis" di cui si fa parte.
Cosa vuol dire essere rappresentante di classe? Non è solo un'opportunità per comprendere di più la scuola, ma è soprattutto un impegno per fare da "ponte" tra la scuola, i consigli di classe e di interclasse, e gli altri genitori.
L'attuale situazione lavorativa di molte famiglie, con entrambi gli adulti che lavorano, rende difficile ai genitori trovare il tempo da dedicare alla scuola dei propri figli.
Il rappresentante di classe, senza supplire al dovere educativo dei genitori, è chiamato a comunicare con le famiglie informandole e responsabilizzandole anche in termini di regole e scelte scolastiche, creando delle relazioni che favoriscano la partecipazione al bene comune.
Piercarlo Barbaglia

“BILANCI DI GIUSTIZIA
Un’esperienza di consumi “critici”

La nostra famiglia aderisce da anni alla campagna "Bilanci di Giustizia". Questa iniziativa è stata lanciata nel 1993 dall'associazione "Beati i Costruttori di Pace".
La campagna si proponeva in concreto di creare una rete di "consumatori leggeri", liberi dai condizionamenti del mercato che riducessero i consumi e investissero i soldi risparmiati in azioni di solidarietà concreta (adozioni a distanza, accoglienza e solidarietà con i po-veri e gli immigrati, ecc.) e nella finanza etica (Mag e Banca Etica).
Nel dettaglio, si tratta di una campagna di revisione delle spese e dei consumi allo scopo di ridurli e riorientarli secondo criteri di giustizia e solidarietà.
Attraverso la compilazione di bilanci mensili le famiglie indicano i propri consumi e gli obiettivi che si pongono nello "spostare" il consumo da un prodotto considerato dannoso (in termini per esempio di impatto ambientale) ad un prodotto che rispetti la dignità delle persone e dell'ambiente o nel modificare il proprio stile di vita.
La scelta di prodotti del commercio equo e solidale, la riduzione dei consumi energetici, l'acquisto di prodotti biologici, l'investimento in informazione alternativa o in iniziative di solidarietà, sono alcuni degli di obiettivi di spostamento dei consumi che le famiglie si prefiggono mensilmente.
I bilanci mensili sono poi inviati al coordinamento nazionale che li presenta pubblicamente per sottolineare l'impatto complessivo della campagna e l'ammontare totale dei consumi spostati.
Le famiglie che vi partecipano, più di trecento in Italia, si ritrovano periodicamente per confrontare le proprie esperienze, identificare gli obiettivi possibili, incoraggiarsi nell'iniziativa.
Paola e Fernando Longo

Ci sono ancora famiglie numerose...
E SI FANNO SENTIRE!

Come ogni associazione che si rispetti, anche l'Associazione Nazionale Famiglie Numero-se (ANFN), ha il suo giornale di collegamento, come mezzo di informazione delle varie iniziative, esperienze, scambi…
Un posto rilevante è dato agli articoli che portano a conoscenza di tutti quanto si sta facendo, affinché le pubbliche amministrazioni delle nostre città, province e regioni, nonché statali, prendano coscienza delle reali difficoltà e discriminazioni che le famiglie numerose sono costrette a sopportare.
Si va dalla scuola (trasporto, mense, libri, tasse universitarie), ormai ovunque calcolate in base agli indicatori ISEE - che però non tiene conto del numero di figli - alle attività ricreative, dagli ingressi a musei e spettacoli, all'acquisto della casa e via dicendo.
Si viene così a conoscenza che ci sono comuni o regioni più sensibili, ma quanto c'è ancora da fare a livello statale!
C'è poi spazio per comunicazioni di quanto viene fatto nell'ambito regionale e provinciale, affinché le famiglie numerose possano incontrarsi per conoscersi, confrontarsi e crescere insieme.
Sono stati organizzati in questi mesi diversi incontri oltre alle due giornate di divertimento nei parchi di Gardaland e Movieland, feste ed incontri che vogliono sottolineare la gioia di essere famiglia numerosa e che proprio per questo si trova a proprio agio quando a divertirsi si è in tanti!!!
Sul giornalino troviamo poi la proposta dei GAF (Gruppi di Acquisti Familiari) un nuovo modo di acquistare che cerca di puntare sulle quantità di ordinazioni per cercare di tenere contenuti i costi.
La stessa associazione si è adoperata nel contattare alcuni produttori di beni durevoli affinché pratichino sconti su prodotti utili agli iscritti.
Si cerca anche di favorire gli acquisti di prodotti veramente necessari, perché lo stile che caratterizza le famiglie numerose non è solo il risparmio fine a se stesso, ma il risparmio
da ciò che superfluo.
Il "fai da te", il riciclaggio, la torta fatta in casa, sono l'occasione per far emergere la creatività e la fantasia che sono in ciascuno.
Chiudendo il nostro giornalino non si ha la sensazione che le famiglie numerose siano famiglie dove la sola preoccupazione è quella di arrivare alla fine del mese, ma famiglie dove quello che conta è saper trasmettere la vita e la gioia che si respira nelle nostre case.
Ernesta e Gianprimo Brambilla

“LA CASA DEI PICCOLI
Un’opportunità per accogliere e ascoltare

Due anni fa un gruppo di mamme e i loro bimbi, di età compresa tra 0 e 3 anni, si ritrovava quasi ogni giorno al parchetto del paese.
Avevano scoperto la ricchezza di questi incontri, che erano diventati un’occasione per fare esperienza di condivisione, di scambio di esperienze e di aiuto concreto nel sostenersi a vicenda nel ruolo bello ma faticoso di genitori.
Ma l'avvicinarsi della brutta stagione avrebbe posto fine, almeno fino a primavera, a questa esperienza.
Il dispiacere era tale che queste tenaci mamme decidevano di non voler rinunciare a quanto di bello si era creato tra loro e si attivavano alla ricerca di uno spazio al coperto, a basso costo, per potersi incontrare a giocare con i loro bambini.
Oggi, grazie a quella felice intuizione, una media di 14 bambini accompagnati da mamma, papà, nonni o tate hanno la possibilità di ritrovarsi nei locali dell'oratorio, messi a disposizione dalla Parroc-chia, due mattine a settimana, per giocare, socializzare, stare in compagnia, fare un pezzettino della propria crescita insieme.
Tra le mamme allora fondatrici c'ero anch'io, mamma di un bimbo di due anni.
Oggi Matteo frequenta il primo anno di scuola materna e così, per questa seconda stagione dello spazio-gioco, ho deciso di dedicare parte del mio tempo di casalinga a questa attività che, insieme ad altre due mamme, mi vede impegnata nella preparazione dei locali e nelle due aperture settimanali de "La casa dei piccoli".
Il nostro compito è quello di preparare qualche semplice attività per i piccoli ma soprattutto, cosa più impegnativa di tutte, quello di essere disponibili all'accoglienza e all'ascolto
Alessandra

L’AFFIDAMENTO
Un’occasione di accompagnamento

"Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo" (Eb 13,2).
Il desiderio che la nostra casa avesse la porta sempre aperta per accogliere chiunque è sempre stato vivo in noi... una casa con tanti volti, tanti amici, tanta vita! Così ci è sembrato naturale renderci disponibili all'affido. Affido inteso come capacità "naturale" che ogni famiglia ha in sé di prendersi cura oltre che dei propri figli anche, momentaneamente, dei figli di altre coppie che in quel momento hanno bisogno di una mano.
Così, è da circa dieci anni che viviamo questa esperienza: oltre ai nostri quattro figli naturali sono entrati nei nostri cuori altri volti di bambini.
La bellezza dell'affido è proprio questa: che sono loro che cambiano la tua vita e il tuo cuore, a te è semplicemente chiesto di accoglierli e di volergli bene e soprattutto di voler bene alla loro storia, alla loro famiglia naturale.
Questo non è sempre facile! Noi siamo una famiglia normalissima, con tanti limiti, e possiamo offrire semplicemente quello che siamo senza la pretesa di "salvare" nessuno e ogni tanto siamo scoraggiati per la fatica e la difficoltà che comporta accogliere un bambino che porta con sé un vissuto difficile!
A volte le ferite sono così profonde che non si possono sanare. Accogliere un estraneo in famiglia comporta il coinvolgimento totale di tutti: crediamo che anche ai nostri figli possa servire, per la vita, l’esperienza di far entrare nella propria camera altre persone che non siano i fratelli naturali e di accorgersi che non tutti hanno avuto ciò che hanno ricevuto loro.
Il rapporto con la famiglia d'origine ,in alcuni casi, è forse il problema più grosso e anche con i servizi sociali non è sempre facile collaborare.
Ci possono essere affidi lunghi un mese, un anno, due... l'importante è offrire loro quello che si è senza aver paura di soffrire e di mettere a nudo le proprie incapacità.
L'affido è anche saper lasciare andare i bambini quando è ora, ma questo ci è chiesto anche per i nostri figli naturali: neanche loro sono nostri!
Insomma quando alla sera io e mio marito ci mettiamo a letto pensiamo con gratitudine a questa esperienza che, nonostante i momenti difficili (e ce ne sono stati!), ha trasformato la nostra casa. E un grazie va anche a tutti gli amici che ci accompagnano e condividono con noi questa avventura!!!
Una famiglia affidataria

VIVERE L'HANDICAP IN FAMIGLIA
Una giovane ci parla di suo fratello disabile

Paolo è nato quando, in famiglia c'eravamo già io - tredicenne - e mio fratello Giuseppe. Paolo era un bambino normale fino a che - a tre anni - fu assalito da una forte febbre, seguita da tremore e perdita di sensi.
Erano i primi segnali di quella che, circa un anno dopo, scoprimmo essere epilessia. Ci vollero però ancora alcuni anni perché il servizio di neuropsichiatria infantile che lo aveva in cura trovasse il farmaco e il dosaggio adatti al suo caso.
In questa situazione Paolo iniziò le scuole elementari. Le nostre attenzioni erano concentrate sul male fisico e ciò ci impedì di cogliere e porre rimedio ad una lentezza di apprendimento che mio fratello manifestava. Se ne accorsero le insegnanti che fecero richiesta di una valutazione da parte del centro che lo seguiva.
Mia mamma non aveva la patente e impiegava ogni settimana più di quattro ore per un colloquio di tre quarti d'ora con la psicologa. In quel periodo la vidi piangere più volte.
La conclusione di queste sedute, che a noi parvero interminabili, fu che Paolo aveva solo bisogno di un po' di tempo in più rispetto agli altri bambini.
Lui però continuava a scrivere con fatica e non riusciva a padroneggiare nessuna tecnica di calcolo. Fra i miei genitori e i suoi insegnanti in quel periodo sorse un po' di attrito: a noi sembrava che non fossero state attivate abbastanza risorse per aiutarlo e a loro che non volessimo riconoscere il suo handicap. Ma non era così.
Intanto io avevo iniziato il corso di laurea in Scienze della formazione primaria e, parlando con una docente di "pedagogia speciale per l'handicap e l'integrazione", decisi di spingere la mamma ad insistere perché il centro rivedesse la diagnosi di Paolo.
Così, in quarta elementare, furono rifatte le valutazioni psicologiche, a Paolo fu diagnosticato un ritardo mentale lieve e i miei genitori accettarono di fare le pratiche perché potesse avere un insegnante di sostegno.
Con il sostegno Paolo cominciò a migliorare anche se le insegnanti che lo seguivano cambiavano in continuazione e il centro che lo aveva in cura lo esaminava solo una volta sola all'anno per un'ora.
Le cose migliorarono molto quando, passato in prima media, Paolo incontrò una professoressa di sostegno meravigliosa che lo aiutò ben oltre gli aspetti prettamente scolastici.
Purtroppo, un mattino, mentre aiutavo Paolo con i compiti qualcuno ci portò la notizia di un incidente che, pochi metri più in là, aveva stroncato la vita della mamma a soli 45 anni (e non solo la sua!).
Era giunto per me il momento di rimboccarmi le maniche e scongiurare il peggio.
Confidavo che il centro che seguiva Paolo mi avrebbe aiutato ad affrontare un lutto così grave ma nessuno si attivò. Quello che per me era una tragedia per loro era "ruotine". Rimasi malissimo! Ci lasciammo con il solito appuntamento di un'ora l'anno.
A scuola di Paolo trovai invece una completa disponibilità da parte di tut-ti, compresi i collaboratori scolastici.
Ora mio fratello frequenta le superiori e io mi accorgo che la situazione è più difficile. Quello che in un bambino fa tenerezza e/o compassione, in un adulto è visto come debolezza e incapacità.
Con l’adolescenza, infatti, sono au-mentati i bisogni di Paolo e, contemporaneamente, è diminuita negli altri - coetanei e adulti - la disponibilità ad aiutare e a tollerare le sue lentezze o stranezze di comportamento.
Paradossalmente l'aiuto maggiore viene proprio dalle istituzioni perché ci sono sempre, anche se non sempre il loro aiuto fa la differenza. In certi momenti è molto più efficace l'aiuto della gente ma non sempre le persone sono disponibili.
La sorella di Paolo