LA BIBBIA: PAROLA DI DIO E PAROLA DI CREDENTI
Nella Bibbia c'è una dimensione divina e umana perché per noi nelle Scritture c'è Dio ma c'è anche l'uomo
La Bibbia è stata scritta da uomini come noi ed è giunta a noi attraverso una tradizione di credenti. Ma tutto il processo di formazione dei testi è avvenuto sotto la regia dello Spirito Santo.

di Germano Galvagno*
Perché diciamo che la Bibbia è parola di Dio ma è anche parola di credenti?
Perché la Bibbia è espressione di un Dio che ci ha parlato, un Dio che si è rivelato per darci se stesso e non tanto delle norme morali. La Bibbia è un dono di Dio, un Dio che ci è venuto incontro, e al centro di questo "mistero" vi è Cristo.
Il cristianesimo non è la religione del Libro (come l'Islam) ma è la fede in Cristo.
I testi sono la testimonianza della fede dei credenti, sono l'attestazione della rivelazione.
Nella Bibbia c'è Dio e uno spessore umano, c'è una dimensione divina e umana perché per noi la divinità si è incarnata, per noi nelle Scritture c'è Dio ma c'è anche l'uomo.

La dimensione umana
Nelle nostre comunità questo aspetto è sovente poco preso in considerazione.
o    Ma la Bibbia è stata scritta da uomini in carne ed ossa, non per niente abbiamo quattro vangeli e quattro evangelisti. Questo criterio vale anche per l'AT: i libro sono di solito attribuiti a qualcuno, che magari non è l'autore reale ma che l'autore usa come pseudonimo (p.e. Salomone).
La Bibbia è quindi un testo polifonico, contiene una pluralità di voci, la verità si trova non in un singolo libro ma nell'insieme dei libri. Per questo serve l'interpretazione dei testi, individuando per ciascuno il genere letterario usato e il contesto storico.
o    Quello che conosciamo della Bibbia l'abbiamo ricevuto da una tradizione di credenti: la famiglia, la parrocchia, la Chiesa, ecc.
Tradizione non significa pura conservazione, come si fa con le cose antiche, ma qualcosa che è stato vissuto da coloro che ci hanno preceduto. Per questo la Bibbia va letta nella tradizione della fede.
o    La Bibbia, infine, è punto di riferimento della vita della Chiesa e dei credenti: se è vero che la Parola di Dio fa la Chiesa, è altrettanto vero che è la Chiesa che ha raccolto le Scritture.
Ai tempi di Gesù la Bibbia era ancora una raccolta di libri aperta, erano ormai fissati i libri relativi alla Legge e ai Profeti ma non gli Scritti. Questa raccolta di libri, che era significativa per Gesù, lo è stata anche per i primi cristiani, perché la rivelazione nasce da quei testi.

La dimensione divina
La Bibbia, però, non è solo parola di uomini ma è anche Parola di Dio.
È Parola di Dio per l'ispirazione sotto il cui influsso sono stati scritti: non sono stati dettati, parola per parola, da Dio, ma tutto il processo di formazione dei testi è avvenuto sotto la regia dello Spirito Santo; questo significa che, al di là delle conoscenze e del modo di pensare dell'autore umano, la Bibbia contiene quanto Dio voleva farci conoscere, quello che serve per la nostra salvezza.
In questo senso la Bibbia è Parola di Dio (DV 24), cioè contiene la sua Parola, anche se questa è più grande di una raccolta di libri, perché la Parola è Cristo, il Verbo fatto carne.
Nel cristianesimo, quindi, il centro della fede non è un libro, la Scrittura, ma Cristo. Il cristianesimo non è un fatto culturale, ma l'incontro con Cristo (tanti santi sono stati analfabeti!).
o    Ma il cristianesimo ha, nella Scrittura, il suo riferimento privilegiato, sia per la Chiesa che per i singoli cristiani. Come i bimbi piccoli imparano a parlare solo se si parla loro così succede per la Parola. Mettersi in ascolto della Parola è una disciplina, che richiede impegno, tanto più in un periodo come l'attuale in cui si fa fatica ad ascoltare e prevale la logica del "secondo me".
o    Il criterio di comprensione e unità della Scrittura è Cristo.
Come possiamo fare unità fra i testi riconosciuti dagli ebrei e i testi cristiani? Fra i testi più antichi e quelli più recenti? Il criterio di unità è Cristo, il suo mistero pasquale. Per comprendere la Scrittura dobbiamo quindi partire dai Vangeli, perché è Cristo il criterio unificante di lettura del tutto.
o    La lettura della Scrittura non può mai essere un fatto privato. E qui bisogna intenderci: va bene una lettura personale, non va bene far dire alla Parola ciò che voglio; la prima domanda da porsi sempre è: cosa dice in sé questa pagina del Vangelo?
La Bibbia ci educa ad avere pazienza, la risposta a certi interrogativi che la Parola ci suscita può arrivare dopo anni.
o    Nella Bibbia devo cercare i contenuti della fede e non altro. Non possiamo pretendere che tutto ciò che è scritto oggi risulti ancora vero: la Bibbia non è un libro di Scienze né un manuale di Storia. Vi sono alcuni fatti narrati che non sono realmente avvenuti anche se sono Veri. Il crollo delle mura di Gerico ad opera di Israele non è un fatto storico: gli studi archeologici hanno dimostrato che all'epoca dell'ingresso del popolo eletto nella terra promessa era già una città in decadenza. Ma Gerico rappresentava, nell'immaginario di Israele, un formidabile ostacolo sul suo cammino. Alla vista di quelle mura in rovina cosa pensare se non in un intervento provvidenziale del Signore degli eserciti?
Quindi, non tutto ciò che è vero può essere raccontato in modo storiografico. La storiografia critica, quella che conosciamo oggi, è una disciplina recente, è un frutto dell'Illuminismo. Nell'antichità le regole storiografiche erano altre: non contava solo il dato oggettivo ma anche ciò che era gradito al potente di turno.
o    La Bibbia non è, infine, un elenco di buoni esempi: rispecchia fedelmente l'uomo, con i suoi limiti, i suoi dubbi, i suoi peccati.

Conclusione
Nel leggere la Bibbia, dunque, la dimensione umana e divina vanno tenute insieme.
Se si dimentica la componente umana si corre il rischio di cadere nel fondamentalismo (vedi Islam). Contro questo rischio ci aiuta la ragione, perché il fondamentalismo altro non è che il suicidio dell'intelligenza.
Se si dimentica la componente divina si corre il rischio dell'utilitarismo, di far dire ai testi ciò che fa comodo. Contro questo rischio serve mettersi in ascolto: "Parla (Signore), perché il tuo servo ti ascolta" (1Sam 3,10b).

* docente di Antico Testamento presso la Facoltà Teologica di Torino.
Testo non rivisto dall'autore, sintesi della redazione.

L'INCHIOSTRO DI DIO REGALA LA VITA

Perché tanta attenzione per la Bibbia?
Perché per un cristiano è il testo di riferimento, lo "strumento" con cui Dio ha parlato agli uomini nel corso della storia fino a manifestarsi Lui stesso come Parola e perché, più in generale, la Bibbia è il "grande codice" della nostra società occidentale a cui ha fornito "un linguaggio di parole, gesti, immagini agevolmente intelligibili" ed è servito per diffondere una serie di "racconti fondatori e di parabole esemplari" che si sono tradotte "in mirabili opere d'arte".
Ma "la Bibbia ha ricevuto questa accoglienza così universale perché narra di valori e realtà profondamente umane. Ci narra infatti dell'amore e dell'odio, della fraternità possibile e dell'inimicizia probabile, della grandezza e della miseria dell'essere umano, del confronto-scontro con la natura, con se stessi e l'altro, dei conflitti generazionali e degli scontri culturali, della sete di libertà e del fascino del servilismo, della paura della morte e del desiderio di vita piena.
Un "codice" divenuto grande non solo perché tanti lo hanno usato ma perché da sempre ha affrontato i grandi temi, fornendo chiavi interpretative non solo per "leggerli" ma soprattutto per vivere una vita umana ricca di senso".
Tratto da: Bianchi E., L'inchiostro di Dio regala la Vita, Tuttolibri de: La Stampa, Torino 20 dicembre 2008.

I VANGELI APOCRIFI

Parlando di Bibbia può nascere un interrogativo sul canone delle Scritture: perché i cosiddetti vangeli apocrifi sono stati esclusi?
Bisogna rifarsi alla genesi degli scritti neo testamentari: Cristo non ha scritto nulla, dopo di Lui si è sviluppata una forte tradizione orale attraverso la quale si è diffuso il messaggio cristiano. I primi testi scritti sono le lettere di Paolo, che inizia a scrivere intorno al 50 d.c.
Il problema della trascrizione nasce quando vengono meno i testimoni diretti, gli apostoli, e le comunità sentono il bisogno di mettere per iscritto le loro testimonianze: di qui nascono i Vangeli.
I vangeli apocrifi hanno una doppia origine: alcuni sono testi gnostici altri sono cristiani.
I testi cristiani rispondono a curiosità specifiche (p.e. il vangelo di Tommaso, che raccoglie una lunga serie di detti di Gesù). Il limite di questi testi è di trasmetterci una visione limitata di Gesù, nel caso di Tommaso Cristo risulta solo un maestro e non Dio.
I testi gnostici (gnosi = conoscenza) hanno la pretesa di trasmettere dei segreti che Gesù avrebbe rivelato ai soli apostoli. Ma lo gnosticismo, in estrema sintesi, crede che l'uomo possa arrivare da solo a conoscere Dio, che è il contrario della rivelazione biblica.
La questione del canone cristiano verrà risolta da Ireneo di Lione: sono canonici i libri diffusi nelle comunità e non in cerchie limitate di fedeli. Dal punto di vista dogmatico il canone cattolico verrà fissato solo con il Concilio di Trento.
Germano Galvagno