I FIGLI DEGLI "ALTRI"

Nella perenne ricerca di un equilibrio, visti come immigrati anche se nati in Italia, giovani in un paese che ai giovani offre poco, i figli degli immigrati, le cosiddette "seconde generazioni", hanno dalla loro una voglia di fare e di realizzarsi non comune. Un’energia contagiosa che può trasformarsi in una risorsa importante per l’Italia.
"Mi interessava rappresentare quell’ampia fascia di vite 'normali' che raramente vengono raccontate dai media. Con i ragazzi protagonisti abbiamo lavorato sul rapporto con la città come fondale sul quale proiettare le loro storie i loro sogni e le loro tensioni ".
Ilaria Turba

I ragazzi protagonisti delle foto sono di origini albanese, cinese, marocchina, peruviana e rumena: Abdenabi e Zakaria, Andres, Arber, Caterina, Catalina, Elcka, Esmeralda, Iulian, Lorenzo, Siham.
Progetto sostenuto da Fondazione Giovanni Agnelli, coordinamento scientifico: Stefano Molina.
Presentazione e foto di Ilaria Turba: http://www.ilariaturba.com/pag01_figli_degli_altri_popup.html
Titoli e commenti alle foto: La Stampa, Torino, 3 agosto 2008, p.10-11.
http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=8664234

 

Con Antonello da Messina

L'immagine voluta da Lorenzo, figlio di immigrati cinesi, racconta la forte attenzione alla scuola e alla cultura di molti ragazzi "di seconda generazione", che hanno rispetto e attese dall'istruzione spesso ben superiori ai coetanei italiani.
Per questo molti immigrati non amano le scuole buoniste, mollicce e non meritocratiche, che promuovono tutti, e apprezzano con la serietà anche una certa severità.
Lorenzo è un autentico appassionato di storia e cultura italiana, consapevole di trovarsi in un Paese che dispone di un patrimonio eccezionale.

Svegliarsi arrabbiati

Catalina, di famiglia romena, oggi ha 15 anni (ne aveva poco più di 13 al momento dello scatto) ed è molto protetta dai genitori. Vive le tensioni classiche dell'adolescenza, più complicata per chi è un po' italiano e un po' straniero: "A volte mi sveglio molto arrabbiata e non so nemmeno io perché".

 

 

L'albero genealogico

Elka, peruviana, ha voluto essere ritratta con la famiglia, (qui è con la nonna) cui è legatissima. Il suo albero genealogico ci ricorda che siamo stati pure noi un popolo di migranti: "Ho la cittadinanza italiana perché il mio bisnonno, di Tortona, si trasferì in Sud America, dove incontrò la mia bisnonna".

 

 

Cadere o stare in piedi

Andres è di origini peruviane, e ha raccontato la fatica di ragazzi- equilibristi: "Mi riconosco in questa immagine scattata sulla rampa del Lingotto, perché mi sento come sospeso nell'aria. Così è la mia vita: non sai se cadi o stai in piedi. Ma non mi arrendo, devo riuscire sia a studiare che a lavorare".
[La foto che abbiamo utilizzato per la rivista lo rappresenta invece di notte, con sullo sfondo la biforcazione della sopraelevata di corso Mortara. Anche questa immagine rivela una situazione di incertezza (NdR)]

 

Da Marrakech a Napoli

Siham parla marocchino, arabo moderno, francese, inglese e italiano e si definisce "una Totomane": adora Totò, di cui ha visto tutti i film. È appassionata di cultura italiana e napoletana, al punto che ha cercato di imparare il dialetto: "Ho lasciato perdere perché i napoletani dicevano che mi veniva l'accento russo".

 

 

Il dilemma dell'abito

Caterina esprime i dubbi e la fatica di essere a metà fra due culture. Ha ad esempio confidato alla fotografa Ilaria Turba che non sapeva quale abito indossare per la sua festa di compleanno: "Meglio un tubino all'italiana o un abito tradizionale cinese?" Il cinese "mi piace di più, ma forse non riuscirei a metterlo, mi sentirei fuori luogo". Alla festa ha indossato l'abito nero.

 

 

L'importanza di studiare

Esmeralda, albanese, studia Giurisprudenza: "Sono un po' idealista e ho un forte senso della giustizia, per questo ho sempre desiderato diventare avvocato". Ha chiesto d'essere fotografata davanti a una delle "Luci d'artista" di Natale molto particolare: quella firmata da Luigi Mainolfi, nel punto in cui si legge "Ma capì che era necessario studiare"

 

 

Sospesi nella rete

Arbert, di famiglia albanese, voleva "scalare una struttura". Lo scatto lo coglie come s'è ritratto: "Una persona sospesa", che guarda verso l'alto ma è incerta sul suo futuro. Sta a galla grazie a una rete, che è però anche una trappola, quella degli stereotipi in cui rischiano d'essere imprigionate le seconde generazioni.