A NATALE MEGLIO L'ALBERO O IL PRESEPE?

A cura di Elena Lisa
A Natale, case e piazze sono addobbate con abeti e presepi. Quali le radici della tradizione?
Adornare abeti ha origine da culti pagani praticati nell’Europa settentrionale. I druidi, sacerdoti dei Celti, consideravano gli alberi simbolo di lunga vita per la caratteristica di essere sempreverdi. Gli antichi popoli germanici festeggiavano il solstizio d’inverno (la festa del Natale si sovrappone quasi perfettamente a questa data) piantando abeti decorati con frutti e ghirlande. Poi bruciavano ceppi di legno e si scambiavano doni come rito propiziatorio. Accanto a questa usanza, c’è quella dell’antico Egitto di agghindare piccole piramidi di legno e il culto, in Grecia, di adornare l’abete, pianta sacra alla dea Artemide. Individuare un’unica origine alla tradizione dell’albero di Natale è complicato.
Perché proprio gli abeti erano usati per scopi "sacri"?
La "sacralità" dell’abete sta nella sua specificità di albero verde anche d’inverno, ma soprattutto nel suo significato linguistico. Il termine "abete" significa "nascita", "origine". La lettera A ("alfa" in greco, "alef" in ebraico) e la lettera B ("beta" in greco, "bet" in ebraico) formano la parola "alfabeto" che è la nascita l’origine di tutte le cose.
Quando la decorazione degli abeti diventa un rito "cristiano"?
Nel XIV secolo quando il teologo luterano Oscar Cullmann teorizzò che l’albero di Natale fosse sì il simbolo del rinnovarsi della vita, come professato dai Celti, ma fosse anche immagine religiosa che indicava l’abbondanza del Paradiso. Martin Lutero, quindi, introdusse l’abete addobbato con candele accese che rappresentavano la luce dispensata da Gesù a tutta l’umanità.
In Italia quando si è diffusa la tradizione dell’albero di Natale?
Nelle nostre case è arrivata in tempi relativamente recenti. Fino al 1800 dilagava nelle famiglie nobili delle corti del nord Europa. Si è diffusa al Sud, dopo il congresso di Vienna, per volere dei generali prussiani. Quando la regina Margherita, moglie di Umberto I, ne fece allestire uno nel salone del Quirinale dove abitava la famiglia reale, l’albero diventò una tradizione anche italiana.
Dove nascono le radici del presepe?
La sola raffigurazione ha origini remote. I primi cristiani dipinsero immagini della natività nelle catacombe, luoghi d’incontri segreti. Quando il credo potè essere professato fuori dalla clandestinità, le figure di Gesù, Giuseppe e Maria arricchirono le pareti di templi e chiese. Ma per vedere le prime statue bisogna attendere il 1200. La tradizione attribuisce a San Francesco d’Assisi l’allestimento del primo presepe vivente in una grotta del monte Falterone, vicino a Rieti. Da allora i frati francescani e domenicani promossero la costruzione di presepi costruiti con figure mobili di legno o terracotta.
Quando il presepe entrò nelle case di tutti?
Nel 1600 si diffuse nei palazzi dei nobili su invito del Papa durante il Concilio di Trento che lo caldeggiò per la sua capacità di trasmettere fede. Ma l’arte dei presepi visse un periodo d’oro nel 1700: Napoli, al centro di scambi con l’Europa, fu la città artefice della sua diffusione all’estero e nelle abitazioni di gente comune.
Perché la rappresentazione della natività si chiama presepe?
Deriva dal latino "praesepire" che significa "recingere con una siepe". Da qui "praesepium": spazio recintato, mangiatoia.
Esiste un solo modo per allestire il presepe?
No nella forma e sì nella sostanza. Cambiano i materiali per ragioni culturali, ma non cambia la scena della natività: il presepe genovese si realizza con pastori di legno, quello pugliese utilizza carta pesta, a Napoli le statuine vengono prodotte in terracotta. Quando, alla fine degli Anni ‘60, rischiarono di essere superate da quelle in plastica, l’artigiano Nicola De Francesco, recuperò la tecnica di esecuzione e fece di via San Gregorio Armeno, a Napoli, la capitale mondiale del presepe.
Fonte: La Stampa, Torino giovedì 9 dicembre 2010, p.88

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