Risponde don Giancarlo Grandis, vicario episcopale per la cultura della diocesi di
Verona
Desiderare un figlio, da parte della coppia, è desiderare un bene. I figli, infatti, sono
un preziosissimo dono di Dio. Amore e vita sono i due valori su cui si fonda il
matrimonio, definito appunto "intima comunità di vita e di amore". Nella
persona umana, questi due valori sono radicati nella corporeità, in modo particolare
nella sessualità umana. Essa ha due finalità o significati, unitivo e procreativo.
L'amore unitivo e l'amore procreativo sono tra loro inscindibili. Soltanto salvaguardando
questa loro unità inscindibile, la sessualità rivela e mantiene sua verità di atto
d'amore autentico, da cui scaturisce la comunione tra gli sposi e il dono della vita.
La fecondazione artificiale non soltanto manipola la sessualità rompendo la connessione
tra i due significati, ma contraddice la realtà oggettiva del procreare umano, radicata
nel significato sponsale del corpo, per cui lo sposo diventa padre attraverso la sposa e
la sposa diventa madre attraverso lo sposo. Nella fecondazione artificiale il generare
viene ridotto alla logica della produzione. Il figlio perde il carattere dell'essere dono
di un atto d'amore e diventa oggetto di un diritto, "il figlio dovuto, ad ogni
costo". Se di diritto si può parlare, è il diritto del figlio di essere non il
prodotto di un atto tecnico, ma il frutto dell'atto coniugale dei suoi genitori.
Nel contesto dell'odierna cultura tecnico-scientista, la coscienza morale sta perdendo la
percezione della differenza tra possibilità tecnica e liceità etica. Non tutto ciò che
è tecnicamente possibile, infatti, è allo stesso tempo eticamente lecito. La posizione
della Chiesa non è una posizione antiscientifica o il rifiuto di una terapia medica. La
procreazione artificiale non è una cura della sterilità. È una sostituzione del
generare umano col produrre tecnico. La coppia che accede alla procreazione artificiale
rimane comunque sterile biologicamente.
I dubbi nei confronti della proposta etica della Chiesa non possono essere risolti a
livello di una semplice risposta teorica ad una situazione esistenziale.
Occorre l'esperienza di accompagnamento da parte di una persona scientificamente e
moralmente competente che aiuti la coppia a maturare la propria decisione su valori
razionalmente fondati e condivisi. È questo il consiglio che viene qui dato.
giancarlo.grandis@tin.it
I figli sono sempre un dono e non un diritto: sia nel volerli sia nel non volerli siamo
noi a decidere e quindi siamo responsabili delle conseguenze che ne derivano. I figli poi,
sono una cambiale in bianco, sia che sia uno solo, sia che siano di più.
Il figlio unico, però, non ha la possibilità di misurarsi coi fratelli, di 'dividere'
con altri sia l'affetto sia le cose materiali, diventa spesso il "reuccio" di
casa cui tutto è dovuto, su di lui si investe molto, così il suo egocentrismo diviene
egoismo e cresce con l'età.
Detto questo, avere oggi un figlio adolescente o giovane è molto più problematico di
quanto fosse in passato.
È necessario 'non piangere sul latte versato', ma accettare con sano realismo che
rimpiangere il figlio che non avete voluto o sentirti fallita come donna è sterile e non
fa bene né a te, né alla vostra coppia né a vostro figlio. Oggi la vostra fecondità
diventa coltivare la speranza che la situazione cambi: il cardinal Martini diceva
"nulla di quanto dato ad un figlio con amore e verità va perduto".
Aggrapparsi a questa certezza credo sia il modo migliore perché tuo figlio continui a
sentirsi amato, e quindi stimolato ad essere migliore.
Resta, comunque, intatto il vostro compito di educatori capaci anche di correggerlo, pur
nei limiti che l'età di tuo figlio consente.
Anna Lazzarini
Essere fecondi
La fecondità è, prima di tutto, la capacità di produrre frutto, per poi donarlo
agli altri generosamente, liberamente e gratuitamente, ogni giorno della nostra esistenza.
Nel nuovo testamento, infatti, Gesù non parla mai direttamente della fecondità naturale,
ma bensì della fecondità spirituale, che diventa il criterio di valore della vita:
"Mentre diceva questo, una donna si alzò in mezzo alla folla e disse: - Beato il
ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte! - Ma egli disse: - Beati
piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" - (Lc 11,27-28).
Gesù ci apre, quindi, ad una fecondità più piena, che è dono della vita per la
salvezza degli altri.
In questo senso possiamo dire che una coppia può avere molti figli, ma essere sterile e
viceversa. Se un genitore non sa donare un amore che va oltre l'amore di sé stesso, se
non lo esprime e non lo coltiva, al di là della propria genitorialità, sarà un
padre/madre sterile, in quanto ripiegato su sé stesso e perciò spiritualmente non
fecondo.
Addirittura il primo frutto dell'amore di una coppia è la coppia stessa, se orientata in
modo fecondo a partecipare all'opera di Dio, in modo gratuito, aperta agli altri,
testimone del Suo amore in una società ammalata di calcolo e di efficientismo.
Sterili allamore di Dio
Attraverso il Battesimo siamo chiamati, dunque, ad essere evangelizzatori e testimoni
dell'amore che Dio ha per noi. Quante volte invece siamo tiepidi e spenti, tutt'altro che
sale e lievito, nella nostra quotidianità!
È importante che ci soffermiamo a riflettere sui nostri comportamenti e stili di vita,
che ci rendono "sterili" all'amore di Dio.
L'individualismo sfrenato della nostra società, l'edonismo, il cattivo rapporto col
denaro e con le cose, ci distolgono sovente da Dio e ci rendono opachi e lontani dal suo
insegnamento.
Noi non siamo fecondi, quando ci lasciamo prendere dalla tristezza e dallo sconforto e,
scoraggiati, ci abbattiamo di fronte alle difficoltà, quando ci rifugiamo in un mondo
immaginario per sfuggire alla realtà, quando ci facciamo accecare dall'invidia e dalla
gelosia, dalla vanagloria e dall'orgoglio.
Per un servizio fecondo
Anche nei nostri gruppi parrocchiali o diocesani, corriamo questi rischi: se siamo
sempre pronti a costruirci degli alibi, in modo da non renderci mai disponibili per un
servizio; a non diventare, ad esempio, la coppia responsabile, facendo finta di niente,
pensando che qualcun altro lo farà al posto nostro, sicuramente più bravo e preparato di
noi
Siamo invece fecondi quando la gioia del Cristo risorto e dello Spirito Santo consolatore,
ci apre alla scoperta del buono che c'è in noi e vicino a noi, allo stupore per le
bellezze del creato, alla gratitudine per il bene ricevuto ed a sua volta restituito,
quando, con fatica e tanta gioia, stringiamo relazioni e rapporti autentici e profondi.
Essere dono gratuito
Ogni gesto fecondo nasce sempre da un dono gratuito, da Dio che ci ha amati per primo
e dall'esempio di tante persone che ci hanno aiutati a crescere nella fede.
Operiamo, quindi, nella speranza di costruire un mondo migliore: c'è urgente bisogno dei
nostri piccoli e quotidiani gesti di amore per testimoniare la Sua viva presenza in mezzo
a noi!
Nicoletta e Corrado Demarchi
Essere fecondati
Per comprendere queste affermazioni è necessario precisare in primo luogo che se è
vero che dal punto di vista fisico solo la donna ha la possibilità di essere fecondata,
dal punto di vista complessivo della vita, l'uomo, sia esso maschio o femmina, desidera
profondamente essere fecondato.
La persona sposata ha un bisogno essenziale: quello che il proprio coniuge sia una
presenza "fecondante" per la sua identità, una presenza che la renda pienamente
se stessa.
Il nostro partner è quell'aiuto simile, di cui parla Genesi 2,18-23; egli è
completamento, parte integrante dell'azione creatrice e continuamente rigenerante di Dio.
Nell'abbraccio o in una carezza del coniuge, ogni parola, ogni gesto amorevole è il
prolungamento tangibile dell'azione divina che cerca di far uscire, dalla fragile materia
di cui siamo fatti, la nostra verità profonda.
Dio presta costantemente le sue "mani" a ogni sposo e a ogni sposa affinché
portino a termine la Sua (perché nonostante tutto resta Sua) opera creatrice da sempre
voluta per colui o colei che ora è il nostro coniuge.
Quest'azione del partner ci dona la nostra identità, che noi riceviamo solo dall'altro;
nessuno può darsi da solo la propria identità. L'identità si riceve!
Così un figlio riceve, attraverso i gesti amorevoli dei genitori, la consapevolezza di
essere "qualcuno".
Fecondità creativa
Qualche giorno fa ho sentito una signora che al termine di un week-end di
spiritualità ha detto: "in questi giorni è nato il nostro primo figlio: la nostra
coppia". La donna, settantenne, sposa, madre, nonna, per la prima volta aveva
compreso il grande valore di essere coniugata da oltre quarant'anni.
In secondo luogo la coppia uomo-donna è sì una realtà unitaria, un "noi", ma
che si realizza facendo emergere con maggiore nitidezza la specificità "uomo" e
"donna".
Se la "distinzione sessuale" spinge costantemente i due a unirsi, è altrettanto
vero che l'unione fisica e spirituale è ciò che li distingue sempre di più: sempre più
uniti, ma sempre più diversi. La fecondità unisce la coppia, esaltando le differenze,
che arricchiscono in modo, talvolta inaspettato, i due coniugi.
Spesso coppie parlano con rimpianto del loro innamoramento, dei primi tempi della loro
vita coniugale, quando tutto "era straordinario".
Se questo avviene, è perché, forse, il loro amore, la loro intesa, la loro familiarità,
non è cresciuta con loro, è rimasta piccola, perché non sono cresciuti insieme nella
relazione.
Il terzo aspetto è che fecondità è capace di far crescere i due: la persona sposata ha
corteggiato, ha promesso fedeltà, ha affrontato difficoltà, ha dedicato del tempo, senza
risparmiarsi, perché l'anima gemella la aiutasse a far fuoriuscire da se stesso la
propria identità.
Purtroppo tanti uomini e donne di oggi disperdono quella che è la ricchezza più
originale della loro struttura fatta di unità-distinzione, cioè la capacità di far
crescere qualcuno accanto a sé. Riempiono la loro vita di viaggi, di cose, di souvenir,
di divertimenti, ma s'impoveriscono perché non sanno donare la loro vita a qualcuno con
lo scopo di realizzarlo e di essere a propria volta realizzati. Si hanno più attenzioni
agli animali domestici o all'arredo di casa che non al proprio coniuge.
La fecondità pertanto coincide con l'identità stessa di essere creati uomo-donna.
La sorgente dellamore
Per cogliere questi aspetti è necessario addentrarci nel mistero della relazione
trinitaria: dalla relazione intima, intensa, totale e totalizzante, circolare e dialogica,
armoniosa e personale tra il Padre, il Figlio Unigenito e lo Spirito Santo, ha origine e
fine la relazione coniugale; l'Unitrino è fonte, immagine, modello, carburante, misura
della fecondità umana. Amandosi, accogliendosi, infatti, i coniugi, ciascuno per sé, ma
contemporaneamente insieme, partecipano allo stesso Amore vissuto dalle tre Persone del
Dio Uni-Trino.
Di fronte alla loro straordinaria esperienza di amare e di essere amati, di forza, di
unione, d'intensa gioia, gli sposi, dovrebbero interrogarsi almeno su quanto sia grande e
meravigliosa la sorgente da cui attingono il sorso d'acqua che essi bevono.
Possono vivere dentro la bellezza senza mai domandarsi da dove venga questa bellezza? La
contemplazione di ciò che essi continuamente vivono nel loro amore li porterebbe a
scoprire che questo qualcosa di cui sentono di non poter fare a meno scaturisce
dall'Eterno; e nell'Eterno vedrebbero la fonte della loro fecondità. L'Uni-Trino invita
gli sposi a vivere esattamente le stesse cose che Egli vive all'interno e all'esterno di
Sé.
È il Suo esistere e vivere uni-trinitariamente che Dio ha costituito per gli sposi quale
orizzonte, forza attrattiva e propulsiva, affinché caratterizzassero sia i loro interni
rapporti sponsali che la relazione esterna che essi instaurano con gli altri: figli in
primo luogo, genitori, amici, vicinanti, colleghi di lavoro. Coloro che chiamiamo "il
prossimo".
La coppia, imitando il modello dell'Unitrino e attuandolo, sia pur nella precarietà della
condizione umana segnata dal limite, nel proprio amore "chiama" in causa
Dio-Trinità perché i rapporti sponsali o sono a immagine di quelli trinitari, che fanno
"esistere" le persone, la coppia, i "prossimi" e fanno scaturire la
relazione con Dio, o non sono per niente.
La differenza sessuale
Alla luce di questa certezza, la differenza sessuale è lo "spazio" che
permette all'uomo e alla donna di congiungersi. Impedendo all'essere umano di pensarsi in
solitudine e di rinchiudersi nell'autosufficienza e nel dominio sugli altri, essa è
condizione della fecondità non solo fisica della coppia.
Infatti, Dio ci ha dato un corpo sessuato per "spingerci" alla relazione; senza
forzare la nostra libertà ci pone in un atteggiamento d'incontro-confronto con chi ci è
posto davanti, "di contro" (Gen 2,22).
Se siamo al mondo come maschi o come femmine è perché Dio ci vuol far gustare il suo
agire che consiste nel far vivere gli altri (il coniuge, i figli, gli amici, i parenti, i
colleghi di lavoro, i vicini di casa
) regalando con gioia la propria vita.
Come uomini, siamo costituiti in modo tale che per realizzarci ci occorre qualcuno
"posto di fronte a noi" che ci stimoli continuamente ad accoglierlo e a donarci
sempre di più.
Questo ci fa diventare al contempo amanti, capaci di amare, e amabili, capaci di lasciarci
amare, sperimentando così contemporaneamente il fecondare e l'essere fecondati, sostanza
della nostra fecondità.
Questo processo inizia già con il concepimento, ma entra nella fase più espressiva con
l'innamoramento: in esso sembra che la persona incontrata ti "accenda", ridesti
qualche cosa che era in attesa.
Il suo esserci e relazionarci con me comincia a darmi vita, accendendo l'ansia di far
giungere ad una stabilità, grazie alla quale nessuno dei due riesce più a pensare a se
stesso senza l'altra persona.
La fecondità nuziale
Con il matrimonio tutto ciò diventa una promessa, un impegno che predispone la
condizione più adatta per l'accoglienza dei figli.
La feconda relazione tra Cristo e la Chiesa, partecipata agli sposi nel sacramento delle
nozze, salva e dona la vita eterna, quella stessa vita a cui gli sposi, con la forza dello
Spirito Santo, si aiutano a generarsi alla vita eterna.
Sicuramente la fecondità di coppia si esprime in modo concreto nella procreazione, per
cui chiunque sia concepito è parte del disegno originario di Dio; da sempre e per sempre
conosciuto da Dio; pensato, amato, accolto e atteso in Cristo.
Ogni concepito è in Dio già una sua immagine e somiglianza. Come genitori, se vogliamo
la verità sui nostri figli, dobbiamo cercarla nella Trinità: nel Dio Unitrino è nato
ogni nostro figlio prima ancora che noi lo abbiamo concepito.
Noi sposi "prestiamo" il fango dei nostri corpi (Gen 2,7) all'atto-intervento di
Dio perché susciti in e a loro un figlio. Il figlio che nasce è sempre un evento che
continua e rinnova la creazione divina che accade qui e ora, ma ha la sua origine e il suo
destino nell'eterno.
Il figlio è un atto creativo trinitario sia perché lo rende presente sia perché rinvia
a esso. E negli sposi Dio ha voluto concedere e prolungare il suo potere creatore. E per
questo i figli restano anche un continuo richiamo per la coppia non solo a diventare
sempre più "noi", ma a concretizzarsi e a crescere continuamente nella
fecondità. Che va oltre la fertilità.
brugnerapaolo@teletu.it
Liberamente tratto da: Bonetti R., La
fecondità degli sposi oltre la fertilità, Edizioni San Paolo, Milano 2007
Nella nostra società è facile incontrare persone che ritengono che la
possibilità di generare figli dipenda solo ed esclusivamente dall'integrità e dal buon
funzionamento dell'apparato riproduttivo. Se l'unità di misura è solo quella umana
lavere o non avere figli ci porta a ringraziare o maledire Dio, o a rassegnarci per
quanto non ci è stato dato.
La nostra visione si capovolge completamente se guardiamo il tutto con gli occhi di Dio.
San Paolo ci illumina affermando: "Io piego le ginocchia le ginocchia davanti al
Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda,
secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito
nell'uomo interiore" (Ef 3,14-16).Ecco da dove proviene la paternità-maternità: da
Dio Padre. È Lui la fonte unica. Egli infatti ama per primo, inviando il suo Figlio
unigenito (1Gv 4,9) che ci dona la vita. È Dio-Padre che "dona lo Spirito Santo
perché rimanessimo in Lui e Lui in noi" (v.13).
Dio-Padre stesso è Azione-del-generare: Egli non è altro se non generazione, se non
datore di vita; dare la vita è la Sua vita. Dio-Padre vuole la generazione del Figlio; la
compie dandogli il suo stesso amore, dando il meglio di sé, che è l'amore. E questa
azione la compie nello Spirito che potremo definire come quello spazio in cui il Padre e
il Figlio si amano. Potremmo dire in modo più semplice che nelle relazioni trinitarie
ogni Persona divina è dono di sé e accoglienza del dono delle altre due Persone. La
Persona che accoglie, fa spazio perché l'altra possa essere se stessa. Questo
"procedere", questo continuo "uscire da sé" di ogni Persona della
Trinità e, nello stesso movimento, "accogliere" le altre due Persone, genera
quella relazione vitale che sfocia nel "Noi" della nostra fede trinitaria.
Ogni singola e distinta Persona della Trinità, col donare sé stesso e con l'accogliere,
permette alle altre di essere la pienezza di sé.
La Tri-unità di Dio è Amore dono, donante, accogliente. La fecondità divina costituisce
dunque la dimensione e la dinamica interna alla vita di Dio. Il relazionarsi in Dio si
esprime e si manifesta come fecondità e cioè "far essere" l'altra persona.
Paolo Brugnera
Essere sempre in cammino
È un amore, quello cristiano, che non è fatto solo di romanticismo o sensazioni
impulsive e spirito di sacrificio "buonista", ma rappresenta un modo concreto di
concepire la vita, implica delle scelte giorno per giorno, spinge verso una progettualità
di vita a cui aderire, ma di cui nessuno può ritenersi protagonista, mai al centro,
sempre in cammino, insieme, per fare esperienza di Dio all'interno della relazione.
La relazione diventa veramente intima nella misura in cui mette in luce l'esigenza di
scoprirsi deboli, precari, creature fragili.
La sessualità è inserita a pieno titolo in questo progetto, come espressione massima,
potente e vulnerabile insieme: se qualcosa va male è la prima a risentirne, reagisce
positivamente se le cose vanno bene.
Ciò che mette in crisi tante coppie è l'idea che se l'amore c'è va avanti da sé, senza
alcuna fatica e se fa soffrire significa purtroppo che qualcosa si è già
"sciupato" rispetto ai bei tempi dell'innamoramento.
La metà giusta
Il desiderio della metà "giusta" da ricercare per trovare la felicità,
corrispondente all'idea di evitare la sofferenza nella relazione, è ora più che mai di
moda nella cultura occidentale. Quante volte si sente dire: "Sto bene con
lei/lui!"
E quando non sarà così perché lo/la scopro diverso/a da me? Come reagirò di fronte a
questa delusione? Con che cosa arginerò questo senso di fallimento che la delusione
procura?
Siamo spinti a ritenere che la sofferenza nella relazione di coppia sia sintomo di
rottura, non di crisi da superare con fiducia e pazienza. Si è ingenuamente tentati di
pensare che se l'amore è autentico ci si capisce al volo, non c'è bisogno di niente; i
problemi, eventualmente, possono venire dall'esterno della coppia.
Invece, se qualcosa s'è seriamente "guastato" nel rapporto intimo fra i due,
meglio trovare il coraggio di cambiare persona, perché si ha il diritto di essere felici:
"life is now"!
Il mito dell'androgino (vedi riquadro pag. prec.) alimenta lidea che non si dovrebbe
incontrare fatica nel vivere la relazione, ma solo nella ricerca della dolce metà
perduta.
La delusione di scoprire l'altro diverso, proprio come "altro da noi" conduce
alla ricerca di tanti piccoli amori, che danno vita a relazioni immature ed egocentriche
in cui ognuno resta isolato, al centro del proprio mondo. Spesso sono relazioni nate per
eludere la solitudine, ma che fanno sprofondare in una solitudine ancora più profonda.
L'ottica biblica
Nel primo capitolo della Genesi invece si parte dalla distinzione per giungere
all'unità: si auspica una ricerca dell'altro che passi attraverso una crescita interiore.
L'altro resta distinto e diverso, non è quello giusto ma quello da amare, la relazione
implica un lavoro complesso per uscire da se stessi, dal proprio egocentrismo, per andare
verso una meta ignota, insieme.
È l'invito a raggiungere l'unità, "l'una caro", come progetto di vita.
Non esiste il bisogno nostalgico di un trepido ricongiungimento fusionale, ma il
riconoscimento della separazione per poter successivamente creare l'unità dei due. È
triste quando il riferimento più importante della relazione d'amore resta sempre ancorato
al passato, al periodo iniziale dell'innamoramento passionale.
Per il dinamismo che lo caratterizza l'amore necessita continuamente di trasformarsi, in
base alle fasi che attraversa, di restare in ascolto dell'altro, di avere l'energia e la
fiducia di potersi affidare al cambiamento, veicolo della reciproca crescita.
'aspetto sessuale è preponderante nel cambiamento, vigile e sensibile, ne registra ogni
sfumatura; più è forte la disponibilità a lasciarsi andare alla bontà della relazione,
a non pretendere di cadere comunque in piedi se qualcosa va male, ma ad affidarsi alla
ricerca del bene comune, più aumenterà la capacità di mettersi a nudo e di vivere
un'intimità gioiosa e leggera.
I rischi della convivenza
Mi capita di parlare con giovani coppie che decidono di vivere insieme senza sposarsi,
dichiarano di amarsi, ma ritengono superfluo sposarsi. Il tarlo che rode i loro pensieri
è: "Ma sarà lui/lei la persona 'giusta' per me"?
Quando pongo loro la domanda sul perché convivano e non si siano sposati, succede che
rispondano: "A noi va bene anche così".
Provando ad approfondire alla fine rispondono che il matrimonio è una cosa seria, che
loro ci stanno provando, ma che per il momento è solo un tentativo. Non vogliono
rischiare di sbagliare.
Questo è un clima emotivo che. in genere, non porta a una crescita della relazione, ma ne
decreta la fine.
La ricerca di una garanzia che andrà tutto bene è impossibile da trovare.
L'ansia di vivere una relazione che può finire può essere arginata parzialmente con
l'impegno dei due a costruire una solida unione, senza scoraggiarsi davanti alle
difficoltà che incontreranno, che non saranno tanto quelle del mutuo da pagare, ma quelle
scaturite dal non sapersi ascoltare profondamente con rispetto, pazienza, fiducia.
Manca l'affidarsi al progetto di vita insieme "per sempre" e questo lede
pesantemente lo sviluppo armonioso di una sessualità matura, gioiosa, appagante, libera.
* Liberamente tratto dal libro dell'autrice: Voglio
dirti sì per sempre, Gribaudi, Milano 2009, p.53-60.
Giovani sposi
La vita di coppia nasce con l'innamoramento per poi maturare a poco a poco in amore
vero, la cui naturale evoluzione, almeno per me, è stato il matrimonio.
Il matrimonio per me è stato una scelta radicale, non solo perché ho mutato abitazione e
status, ma perché ho iniziato una nuova vita con uno "sconosciuto", di cui
ignoravo molte cose.
La convivenza matrimoniale, con la sua mescolanza di vita e di pensiero, ha stimolato il
nostro primo stadio di fecondità di coppia.
Affrontando giorno per giorno scontri e dolcezze cresce l'affiatamento, la comprensione,
la consapevolezza che siamo diversi e che il "diverso" che c'è nell'altro
probabilmente è migliore di quello che mi è più noto.
Quando riesco a fare quel piccolo passo che mi fa superare il mio "io" e mi fa
capire che l'altro non è "a mia immagine" ed è giusto che abbia un pensiero
proprio, allora sento di essere andata oltre, di aver veramente capito il significato
della parola amore.
Elena
Il testo integrale
Celebrare la vita
Siamo tornati da due settimane dall'America Latina con nostro figlio e ancora non ci
sembra vero
Tutto il percorso fatto in questi due anni e mezzo sembra un lontano ricordo, eppure era
ieri che io e mio marito insieme abbiamo deciso di intraprendere questo impegnativo e
arricchente cammino. Era ieri che ci siamo rivolti al consultorio per avere informazioni
su come poter adottare un bambino, era ieri che abbiamo fatto una serie di corsi e un
percorso di conoscenza e approfondimento di coppia sempre con il consultorio , era ieri
che il tribunale dei minori ci ha detto "siete ok potete essere genitori", era
ieri che abbiamo dato l'incarico ad un ente per seguirci nella pratica di adozione
internazionale, era ieri che siamo partiti...
È oggi che stringiamo forte al cuore nostro figlio e sentiamo il calore della sua terra
d'origine che è diventata nostra vivendo lì oltre un mese, è oggi che guardandolo
rivediamo i sorrisi e la solarità della gente della sua terra, è ogni giorno che
ringraziamo Dio di questo meraviglioso dono della vita!
Una mamma
Il testo integrale
Un figlio tanto atteso
Tra poco meno di un mese nascerà la nostra piccolina e a noi, futuri mamma e papà,
non sembra ancora vero! Sarà che l'abbiamo aspettata cinque anni e mezzo e che è
arrivata proprio quando non ce l'aspettavamo più, quando ormai ci eravamo
"felicemente rassegnati" a una vita a due all'insegna della dedizione ai nostri
nipoti
La felicità ora è talmente grande da oscurare il ricordo dei lunghi pianti, della
disperazione, del senso di impotenza, della rabbia mista a frustrazione per i continui
fallimenti, il sentirsi scoraggiati, la voglia di non provarci più, di nascondere il
dolore dietro alla bugia del "noi non vogliamo figli" pur di non parlarne, la
lunga trafila degli esami medici da affrontare, il confronto con l'esperienza di chi con
apparente estrema facilità riusciva a concepire
L'influenza di tutte queste emozioni sul rapporto di coppia è talvolta devastante:
fortunatamente noi siamo riusciti a rimanere uniti e a sostenerci vicendevolmente, anche
se con non poche difficoltà.
A parer nostro un grande problema delle coppie che non riescono ad avere figli è la
mancanza del confronto con chi ha esperienze simili, come se parlare di questo argomento
fosse un tabù.
Sarebbe una bella opportunità provare a includere nei vari sostegni alle coppie in
difficoltà anche un percorso relativo alla fecondità, per non far sentire sole e un po'
ai margini le famiglie che non vedono ancora realizzarsi il desiderio di avere figli.
Fortunatamente noi abbiamo avuto la possibilità di confrontarci e appoggiarci ad alcuni
amici speciali, ma per gli altri?
Simona e Rolando
Il testo integrale
Il sasso nello stagno
Tutti conosciamo che cosa succede quando gettiamo un sasso in uno stagno.
La forza d'impatto genera un primo movimento d'acqua a forma di cerchio, il quale a sua
volta spinge in tutte le direzioni generando un secondo cerchio più grande; poi un terzo,
un quarto e così via. Non si sa quanti saranno; né il nostro occhio sa fin dove anche
impercettibilmente arriva il primo impulso. Tutti i cerchi sono concentrici, quasi a
sottolineare che nascono dal primo e ne sono l'irradiazione.
Ci pare bello e utile scoprire come l'energia che scaturisce dal sacramento del matrimonio
(il sasso nello stagno) produca e sprigioni un fenomeno simile.
È l'irradiamento del nostro apostolato coniugale, secondo lo specifico del nostro
"ministero".
Irradiare lamore
Un primo cerchio d'irradiamento è all'interno della coppia stessa. Gli sposi
cristiani si aiutano a crescere nella fede e insieme si esercitano a praticare il vero
amore educandosi a vicenda. Sono l'un per l'altro come apostoli. Il primo figlio che il
nostro sacramento genera è la nostra coppia.
Un secondo cerchio comprende i figli accolti con fiducia e amore, educati con
premura e pazienza. Qualche volta possono esserci accanto a quelli generati "dalla
carne e dal sangue" anche quelli affidati temporaneamente o gli adottivi.
Un terzo è l'apertura ad altri familiari: gli anziani per esempio (cioè i
genitori degli sposi, i nonni dei piccoli), ma anche altri familiari che hanno bisogno di
"appoggiarsi" alla nostra famiglia in seguito a lutti, malattie od occasionali
momenti di emergenza.
Un quarto cerchio di irradiamento sono vicini, i parenti, gli amici. Quanto sia
faticoso aver rapporti col vicinato nelle grandi città è noto a tutti. Eppure il vero
amore all'uomo in carne ed ossa ci porta lì, prima di pensare ai lontani che si rischia
di amare in modo generico e meno impegnativo.
A servizio della comunità
Ma l'impegno coniugale può estendersi alla partecipazione e animazione della vita
della Chiesa, alle sue organizzazioni di catechesi, liturgia, di carità e missione. C'è
qui un servizio peculiare che la Chiesa finalmente riconosce in modo esplicito:
l'animazione della pastorale familiare. Qui mai dovrebbe mancare l'apporto non esteriore o
di coreografia, ma interno e determinante della coppia. Alcune esperienze con
adolescenti, con i fidanzati, con gli sposi possono avere risultati splendidi proprio
grazie alla presenza attiva degli sposi: è anche questo un tesoro nascosto da secoli, un
carisma solo in minima parte accolto e un talento ancora poco sfruttato dalla Chiesa...
purtroppo a suo danno!
Un altro peculiare servizio che la coppia può fare è aiutare la struttura stessa
della Chiesa, come anche quella dello Stato, ad essere attenta alla realtà familiare,
anzi a costituirsi sempre più con stile familiare, domestico, meno massificante e
disattento all'uomo; ripensare una politica che valorizzi il matrimonio e non lo penalizzi
come avviene da decenni...
Laffidamento di coppia
È questa la fecondità spirituale che diventa possibile e doverosa soprattutto quando
la coppia non è gravata da problemi interni che impediscono l'impegno esterno. Spesso
infatti le coppie, soprattutto giovani, hanno bimbi piccoli che assorbono tempo e cuore;
talvolta ci sono problemi di salute, o gravi difficoltà di lavoro, di alloggio, di
sistemazione economica. Anche il documento pontificio ne tiene conto e incoraggia
l'apertura della coppia 'soprattutto man mano che i figli crescono' (n. 44).
In ogni caso è indispensabile che l'impegno verso l'esterno avvenga col consenso
reciproco e in pace. L'apertura per alcuni può essere un buon aiuto a superare alcune
difficoltà interne; per altre invece può diventare fonte di tensione crescente tra gli
sposi o anche di evasione o alienazione, soprattutto se non c'è stata una decisione
comune.
In campo caritativo 'l'apostolato delle famiglie si irradierà specialmente verso
le altre famiglie più bisognose di aiuto, perché presentano situazioni di povertà,
malati, anziani, handicappati, orfani, vedove, coniugi soli, ragazze madri e quelle in
situazioni difficili che sono tentate di disfarsi del frutto del loro seno' (n. 71). Noi
questo lo chiamiamo 'affidamento di coppie'.
Un amore diffusivo
Per concludere possiamo guardare a questo amore cristiano che proviene dal matrimonio
sacramento, che per natura sua è diffusivo e incontenibile.
Questo amore aperto, divino è frutto di un cammino cristiano: non basta innamorarsi e
sposarsi per averlo. Ma proprio questo amore aperto fa sì che l'amore matrimoniale non si
esaurisca e non inacidisca, ma trovi sempre la capacità di arricchirsi e di rigenerarsi:
come il latte della mamma che solo nella misura in cui si dona, si riproduce e si rinnova!
* www.caresto.it
eremocaresto@libero.it
La professione
L'assistenza infermieristica può essere definita come un "arte", e se cosi
deve essere svolta, richiede una grande dedizione, con una dura preparazione, come per
qualunque altra opera, con ovvia differenza che non si ha a che fare con una tela o un
gelido marmo, ma con il corpo umano, tempio dello Spirito di Dio.
Far nascere un sorriso, creare un gesto gentile, alimentare la gioia di un abbraccio,
aiutare ad elevare un grido che può diventare canto, sostituirsi come una parte di un
corpo che non funziona più o funziona male, ossia vedere con gli occhi di chi non può
più farlo, camminare con chi è immobile, pensare dentro la confusione di idee e di
ricordi di una mente inceppata,
tutto ciò mi fa pensare che essere infermiere sia
una delle più belle "arti liberali".
Rosanna Favaro
Il testo integrale
Loratorio
Mia moglie ed io ci siamo conosciuti così. Da un paio di anni avevo iniziato a
seguire il gruppo giovani della parrocchia di Cantalupa (piccolo comune a due passi da
Pinerolo). Con mediocri risultati, per la verità.
Con la scusa di darmi una mano lei e con la scusa di farmi dare una mano io, abbiamo
iniziato a trovare mille pretesti per vederci e stare insieme: attività da preparare,
uscite da organizzare, predicatori da "ingaggiare" per i ritiri spirituali.
Dopo poco più di tre anni eravamo sposati. E abbiamo proseguito con l'impegno di
animazione a quattro mani. Non per inerzia ma per scelta. La tipologia di impegno è
cambiata nel tempo: dal gruppo di giovani adolescenti irrequieti (per lo più affezionati
al sagrato di una chiesa che hanno frequentato molto poco!) ad un gruppo di preghiera
biblico. Fino ad un cammino per giovani coppie di fidanzati "a lunga
conservazione" (quelli che non hanno già prenotato le bomboniere, tanto per
intenderci).
Per Cristina e per me è stato questo un modo di vivere nel quotidiano il versetto biblico
che abbiamo scelto per il giorno del nostro matrimonio: "Gratuitamente avete
ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8). Ma non solo. L'impegno con i gruppi
giovanili ci ha permesso di allargare la nostra famiglia (non abbiamo figli) offrendo e
ricevendo al tempo stesso.
Patrizio e Cristina
Il testo integrale
La scuola
Nella nostra esperienza di insegnanti ritroviamo una cosa ormai passata di moda: la
vocazione a prendersi cura dei figli degli altri per brevi ma intensi tratti della loro
vita.
Ogni prendersi cura, ogni "camminare con" ha a che fare con l'essere fecondi,
con il dare possibilità nuove a chi ti è affidato.
Sembra strano ma quello che i ragazzi e i bambini stessi colgono al volo è la tua
disponibilità a metterti in gioco, a credere in quello che fai: "tu ci credi? allora
posso farlo anch'io!". Come dire: mostrami come si fa, se vuoi che anch'io lo faccia.
A volte come adulti ci scopriamo inadeguati, ma proprio allora possiamo far vivere loro il
segreto della vita vera: siamo creature e non esseri onnipotenti o onniscienti. Solo così
li aiuteremo a pensare di poter ricominciare, al fatto che la sconfitta non è la fine, ma
solo l'occasione di un nuovo inizio.
Ci accorgiamo sempre più frequentemente della sete che i ragazzi hanno delle cose
autentiche e delle cose che contano nella vita: "per cosa vale la pena di far fatica,
a chi dare la nostra fiducia, a chi affidarci completamente, perché scegliere cose che
durano?". Se crediamo e vogliamo essere fecondi dobbiamo tifare per loro, per
un'altra umanità da realizzare, magari insieme.
I ragazzi di oggi tengono in modo particolare a queste domande sulla vita, sulla morte, su
cosa crediamo e a chi crediamo: non rispondere con la vita è assumerci la responsabilità
di "deviarli in segreteria" o dichiararci "non raggiungibili".
Renato e Antonella
Il testo integrale
Valori "fai da te"
Mentre nel passato, anche abbastanza recente, si poteva contare su norme e regole di
condotta considerate corrette ed appropriate dai più, ora esse assumono spesso un valore
relativo: i modelli e i valori, nella cultura attuale, non sono univoci, hanno perso buona
parte del loro potere di orientamento ed anziché guidare il corso futuro finiscono con
l'essere continuamente rimessi in discussione.
Ciò che era considerato patrimonio comune diviene frammentato e rimandato, spesso, alle
capacità, alle risorse, alla volontà e alla determinazione dei singoli.
Sebbene l'ipotesi di miglioramento tramite un'azione legislativa della società nel suo
complesso non sia abbandonata, l'attenzione si è spostata verso l'autoaffermazione
dell'individuo e ciò si riflette anche nella nuova impostazione etico-politica che sposta
l'attenzione da una visione complessiva di "società giusta" a quella dei
diritti dei singoli individui che reclamano la loro "unicità" e vogliono
scegliere ed adottare gli stili di vita a loro più consoni.
La "cosificazione" della vita
La persona è sempre più orientata a perseguire beni materiali e le dimensioni
personali, intersoggettive, etiche e religiose rischiano di passare in secondo piano.
Il concetto di utilità viene a scontrarsi col valore del dono e della gratuità che si
fondano sulla reciprocità e necessitano di una continua attenzione, con conseguenze
negative anche sui rapporti di coppia e sulla stabilità della famiglia: ne sono una
testimonianza l'aumento del numero delle separazioni e dei divorzi e la diminuzione del
numero dei matrimoni e delle nascite.
Avere o essere?
Si vive una dicotomia tra l'avere e l'essere: la ricerca del benessere materiale, il
pluralismo culturale e la globalizzazione hanno come conseguenze, da un lato,
l'individualismo, il relativismo valoriale e la tendenza all'omogeneizzazione degli stili
di vita, e dall'altro l'accentuarsi delle differenze etniche, il bisogno di distinguersi
dalle masse, di competere e di primeggiare.
La difficoltà di sentirsi parte di una comunità riguarda tutti: anonimato e mancanza di
solidarietà sociale determinano l'accentuarsi delle distanze fra cittadino e società e
l'esaltazione della dimensione individuale e privata.
Tale crisi d'identità e d'appartenenza spinge a far sempre più riferimento a gruppi
chiusi, formati da persone che si trovano nella medesima situazione.
Mancano valori condivisi
Ciò che manca nella società attuale è un insieme di norme e valori condivisi che
orientino verso il bene comune della società, capaci di sostituirsi a quelli egoistici
finora dominanti. È necessario promuovere un'etica della responsabilità condivisa, è
necessario mettere da parte il "successo ad ogni costo" che considera bene ciò
che porta profitto e potere.
Sia il modello utilitaristico sia quello individualistico tengono conto solo delle
motivazioni del singolo, non si curano delle conseguenze concrete e delle ricadute
negative sul prossimo.
Questi modelli non sono assolutamente in grado di porre le basi né per l'orientamento
collettivo dell'azione responsabile né per raggiungere l'accordo e la collaborazione,
aspetti necessari alla soluzione dei problemi.
Per unetica della responsabilità
La vita sociale ha invece bisogno di fondarsi su alcuni principi condivisi, di facile
comprensione ed effettivamente praticabili: un'etica fondata sulla responsabilità e sul
rispetto reciproco.
Sicché l'etica dei principi assoluti, orientati dalle ideologie o dalle proprie
convinzioni e quella della responsabilità danno origine a due diversi modi di intendere
l'impegno sociale e la politica.
L'etica della convinzione personale è un'etica apolitica: si agisce seguendo propri
principi senza chiedersi altro; al contrario, l'etica della responsabilità è connessa
alla politica, proprio perché non perde mai di vista le conseguenze dell'agire, anzi le
assume come orientamento del proprio agire.
Nella società attuale il problema prevalente è quello dell'assunzione di responsabilità
negli orientamenti etici dell'agire sociale e della ricerca scientifica.
Esistenza=responsabilità
Perché perseguire un'etica della responsabilità? Perché l'uomo è investito di una
missione; chi gli attribuisce questo compito non è un'istanza esterna, ma nasce dal fatto
stesso di esistere.
L'esistenza impone la responsabilità della propria autorealizzazione con la missione di
salvaguardare l'esistenza propria, degli altri, delle generazioni presenti e future.
La responsabilità etica nei confronti degli altri esseri è quindi esplicitata dalla
missione imposta non tanto dalle istituzioni, quanto dalla realtà stessa dell'esistere.
guido.lazzarini@gmail.com
Viviamo in un contesto nel quale il Cristianesimo si presenta come la fede
che ha accompagnato, nei secoli, il cammino di tanti popoli, anche attraverso persecuzioni
e prove molto dure...
Eppure, oggi questo essere di Cristo rischia di svuotarsi della sua verità e dei suoi
contenuti più profondi; rischia di diventare un orizzonte che solo superficialmente
abbraccia la vita; rischia di ridursi ad un cristianesimo nel quale l'esperienza di fede
in Gesù crocifisso e risorto non illumina il cammino dell'esistenza, come ci ricorda
lepisodio dei discepoli di Emmaus, i quali, dopo la crocifissione di Gesù, facevano
ritorno a casa immersi nel dubbio, nella tristezza e nella delusione.
Tale atteggiamento tende, purtroppo, a diffondersi: questo avviene quando i discepoli di
oggi si allontanano dalla Gerusalemme del Crocifisso e del Risorto, non credendo più
nella potenza e nella presenza viva del Signore. Il problema del male, del dolore e della
sofferenza, il problema dell'ingiustizia e della sopraffazione, la paura degli altri,
degli estranei e dei lontani che giungono nelle nostre terre e sembrano attentare a ciò
che noi siamo, portano i cristiani di oggi a dire con tristezza: noi speravamo che
il Signore ci liberasse dal male, dal dolore, dalla sofferenza, dalla paura,
dall'ingiustizia.
È necessario, allora, per ciascuno di noi, come è avvenuto ai due discepoli di Emmaus,
lasciarsi istruire da Gesù: innanzitutto, ascoltando e amando la Parola di Dio, letta
nella luce del Mistero Pasquale, perché riscaldi il nostro cuore e illumini la nostra
mente, e ci aiuti ad interpretare gli avvenimenti della vita e dare loro un senso. Poi,
occorre sedersi a tavola con il Signore, affinché la sua presenza umile nel Sacramento
del suo Corpo e del suo Sangue ci restituisca lo sguardo della fede, per guardare tutto e
tutti con gli occhi di Dio, nella luce del suo amore.
Benedetto XVI
Liberamente tratto dallomelia
tenuta nel parco di San Giuliano, Mestre, 8 maggio 2011.
Lindifferenza
La vera differenza non sta tra chi crede in Dio e chi crede soltanto nella
possibilità di vivere umanamente, ma tra chi si nutre di fiducia, di lavoro, di capacità
di creare legami positivi, e chi, magari, occultata dietro le stesse parole, coltiva solo
l'erba della propria indifferenza al bene comune.
Le forme che questa indifferenza assume sono insidiose, subdole. E molteplici. Vi è una
indifferenza cinica, consapevole dell'inganno che mette in atto, consapevole di occultare
dietro interessi umanitari e planetari un agire soltanto per il proprio vantaggio e
tornaconto.
E vi è una indifferenza opaca, figlia dell'ignoranza e della lentezza del cuore, che
colpisce, forse, in misura più o meno devastante, la maggior parte di noi, umanità
incerta e sonnolenta, forse più pericolosa ancora di quella che agisce perversamente.
Bonhoeffer affermava: "Contro la stupidità non abbiamo difese".
Gabriella Caramore, La fatica
della luce, Morcelliana, Brescia 2008
Se i profeti irrompessero
per le porte della notte,
incidendo ferite di parole
nei campi della consuetudine,
riportando qualcosa di remoto
per il bracciante
che da tempo ha smesso di aspettare.
Se i profeti irrompessero
per le porte della notte
e cercassero un orecchio come patria.
Orecchio degli uomini
ostruito d'ortica
sapresti ascoltare?
Nelly Sachs, Poesie, Einaudi, Torino 1971
Giorni paradossali
Qual è la nostra situazione storica, come sono oggi i giorni che viviamo? Potremmo
definirli "giorni strani". I più dotti potrebbero dirli "giorni
paradossali". Perché? Le motivazioni sono moltissime e differenti.
Ad esempio, per stare all'attualità: perché ci sono uomini che fanno la guerra, ma non
vogliono si definiscano come "guerra" le loro decisioni, le scelte e le azioni
violente?
Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro
azioni?
E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei paesi poveri, ma poi si
rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di
condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?
+ Dionigi Tettamanzi
Domenica delle Palme, Duomo di Milano, 17 aprile 2011
Dal libro dei Proverbi
Fonte di vita è la bocca del giusto, la bocca degli empi nasconde violenza.
Placano l'odio le labbra sincere, chi diffonde la calunnia è uno stolto.
Chi aspira alla verità proclama la giustizia, il falso testimone proclama l'inganno.
Le labbra menzognere sono un abominio per il Signore, che si compiace di quanti agiscono
con sincerità.
Una risposta gentile calma la collera, una parola pungente eccita l'ira.
Con la bocca l'empio rovina il prossimo, ma i giusti si salvano con la scienza.
Cattivi esempi
Credo che oggi abbiamo veramente tanti cattivi esempi, abbiamo molte persone che a
parole fanno tanti proclami, tanti annunci e poi nei fatti sono distanti dalla realtà
delle presone.
Dobbiamo provare una grande indignazione nelle nostre coscienze rispetto alla grande
incoerenza tra ciò che viene detto e ciò che viene fatto.
Faccio un esempio: nel 2008 il fondo per le politiche sociali era 2 miliardi e 400 milioni
di euro, ora sono rimasti 400 milioni: sono stati cancellati i soldi per gli asili nido,
per le famiglie, per le pari opportunità, per tutta una serie di servizi che erano
rivolti alle fasce più deboli, più fragili.
È vero che c'è un momento di grande difficoltà economica ma questa è, prima di tutto,
una crisi etica e politica.
L'etica è la ricerca dell'autenticamente umano. L'etica chiede conto delle nostre
responsabilità, dei nostri comportamenti, l'etica comincia dalla nostra coscienza, dalla
nostra responsabilità rispetto alle cose che ci circondano.
Ora mi pare che nel nostro paese ci sia tanto chiasso, tanto rumore, ma molta distrazione
nei confronti delle persone più deboli e più fragili.
Luigi Ciotti, Ottoemezzo,
La7, venerdì 22 aprile 2011
L' "inverno demografico" ha ripercussioni sul piano economico e politico,
sociale e psicologico, culturale ed ecclesiale. Per il card. Bagnasco l'equilibrio
demografico non è solo necessario alla sopravvivenza fisica di una comunità, ma è anche
condizione per quell'alleanza tra generazioni che è essenziale per una normale dialettica
democratica.
Infatti, agli adulti viene sottratta la missione educativa e non sono più stimolati
all'autoeducazione. Le nuove generazioni obbligano gli adulti a mettersi in discussione,
li provocano ad uscire da se stessi e a non ripiegarsi sui propri bisogni immediati.
La difficoltà economica del paese è certo una delle variabili della diffusa bassa
natalità, ma occorre una maggiore capacità critica verso stili di vita imposti dalla
società consumistica. Il mercato crea falsi bisogni per i figli, i quali abbisognano
soprattutto di esperienze familiari forti, di gioie semplici, del senso della vita come
dono, di relazioni intense.
Invece da circa 30 anni l'Italia ha rinunciato ad investire sui figli, consumando le
risorse che doveva invece lasciare loro. Solitamente si guarda ai figli solo come
portatori di "diritti individuali". mentre essi sono un "bene
relazionale": questo richiede un welfare per la famiglia e non per i bambini. Si
tratta di affrontare il problema dei figli a partire dalla famiglia stessa, perché i
figli portano nella famiglia dei beni immateriali che costituiscono la sostanza stessa di
ciò che la famiglia offre alla società come capitale sociale.
*Liberamente tratto da: Settimana,
n.4, 30 gennaio 2011, p.1.16.
Enzo Bonetti, La fecondità degli sposi oltre la fertilità, Edizioni
San Paolo, Milano 2007.
Con un po di presunzione possiamo dire che, in questo volume, mons. Bonetti
aggiunge parte di quello che manca alla Familiaris consortio.
Lo scopo del volume è quello di spiegare lamore che vive la coppia e la famiglia
attraverso la contemplazione del mistero delle relazioni intratrinitarie.
Questo è stato lobiettivo che Bonetti, negli anni da responsabile dellUfficio
Famiglia della Cei, è venuto definendo e che ha segnato profondamente il modo con cui la
Chiesa italiana è chiamata oggi a guardare la coppia e la famiglia.
Il libro riporta una seria di catechesi radiofoniche dellautore e, nonostante la
difficoltà dellargomento, può essere usato nei gruppi.
Se il volume ha un piccolo limite questo si trova nei capitoli finali, dove la fecondità
si incarna. Qui i temi potevano essere più sviluppati.
www.paolinitalia.it/libri/catalogo.asp?p=9&isbn13=9788821559488
Susanna Fontani, Voglio dirti sì per sempre. La sessualità nella
coppia, Gribaudi, Milano 2009.
Lautrice è una collaboratrice della Comunità di Caresto, Comunità che ha
contribuito con un articolo alla realizzazione di questo numero.
La Fontani, psicologa psicoterapeuta, articola la sua riflessione in tre momenti: il
corpo, lincontro, il tempo.
Lautrice sa benissimo che non mancano certo libri sulla sessualità di coppia, anzi!
Eppure lesperienza di Caresto, lattenzione di questa comunità verso le coppie
in crisi, la sua stessa esperienza professionale sono state la molla per mettere nero su
bianco il suo pensiero e la sua competenza.
Dal libro noi abbiamo tratto una della parti più "teoriche" ma, come potete
vedere, per lautrice la teoria va sempre a braccetto con la pratica.
Un libro per chi non vuole restare prigioniero degli stereotipi che circolano sulla vita
di coppia.
www.gribaudi.it/public/runcms/modules/news/article.php?storyid=88
Gabriella Caramore, La fatica della luce. Confini del religioso,
Morcelliana, Brescia 2008.
Un libro "impegnativo": questa è limpressione che suscita il
testo proposto e da cui abbiamo attinto tre brevi flash per questo numero.
Impegnativo perché non contiene cose banali, ma soprattutto perché non ha paura di
mettere in discussione un certo tipo di fede, meglio di religiosità.
Il cammino della Caramore è quello di una persona colta e in ricerca, che ha trovato nel
cristianesimo, se non la risposta ultima, almeno quella che più pienamente risponde alle
sue domande di senso. Un cristianesimo che si radica soprattutto nella Parola.
Perché "la fatica della luce"? Perché come ci dice Giovanni "la luce
splende nelle tenebre ma queste non lhanno accolta". Gli uomini preferiscono le
tenebre e così anche la fecondità, valore positivo, può avere un risvolto negativo.
http://www.morcelliana.it/or4/or?oid=26916
Noi Genitori e Figli, Supplemento mensile di: Avvenire, Nuova
Editoriale Italiana, Milano.
Questo periodico da diversi anni accompagna le famiglie cattoliche nel loro
cammino di informazione, formazione e aggiornamento.
Ogni numero presenta un tema in primo piano, molto attuale, che viene sufficientemente
sviluppato. Per chi vuole vengono proposti testi per approfondire il tema. Il tutto è
accompagnato da rubriche e notizie in breve che forniscono un quadro esauriente sul
divenire della pastorale familiare in Italia.
Il mensile esce lultima domenica di ogni mese, come supplemento del quotidiano
Avvenire.
Se non lo conoscete ve lo consigliamo caldamente. Non tutti i numeri hanno la stessa
incisività ma molto dipende dagli interessi del lettore.
Ciò vale anche per la nostra piccola rivista che più di una volta, e anche in questo
numero, ha attinto da questo periodico.
http://www.avvenire.it/shared/noi/index.html
Maria madre di Marco
Di questa donna, non sappiamo molto: il nome, qualcosa sull'abitazione e il rapporto
di parentela con un personaggio già conosciuto dai discepoli di Gesù. Proprio per questo
possiamo a buon diritto collocarla all'interno dell'approfondimento sulla fecondità.
La donna in questione si chiamava Maria, o meglio Miriam; nome molto diffuso tra le donne
ebree del primo secolo dopo Cristo.
Siamo al tempo in cui Erode Agrippa I, nipote di Erode Antipa, figlio di Erode il Grande,
diventa re della Giudea e della Samaria. Per avere l'appoggio dei farisei, molto influenti
a livello popolare, egli cerca di contrastare il nascente movimento cristiano, soprattutto
a Gerusalemme.
Luccisione di Giacomo
In questa politica repressiva è ucciso il primo del gruppo dei dodici, Giacomo,
figlio di Zebedeo, fratello di Giovanni. Il re però vuole mettere le mani su Pietro,
portavoce dei dodici e indubbio protagonista della missione cristiana a Gerusalemme e in
Giudea.
Lo fa arrestare durante le festività ebraiche della Pasqua e degli azzimi; per dargli una
condanna esemplare lo fa custodire in carcere "per farlo comparire davanti al popolo
dopo la Pasqua" (12,4).
Mentre Pietro "era tenuto in prigione, una preghiera saliva incessantemente a Dio
dalla Chiesa per lui".
Una casa accogliente
Probabilmente la comunità che prega per l'apostolo è riunita proprio nella casa di
Maria. Si tratta di una casa grande, dove possono riunirsi più persone (v.12). In questo
luogo non solo si prega, ma come avveniva nelle abitazioni di cui si parla negli Atti
degli Apostoli, si pratica l'unione fraterna e la frazione del pane (cfr. At 2,42).
È lì che l'apostolo, miracolosamente liberato nella notte, si reca. Pietro conosceva
bene quel posto; e gli abitanti della casa conoscevano bene Pietro, tanto che Rode, una
fanciulla accorsa alla porta cui l'apostolo aveva bussato lo riconosce addirittura dalla
voce, non apre subito, ma riferisce ai presenti che all'uscio c'è sicuramente Pietro: lo
ha riconosciuto. Non vaneggia. Ma gli altri non le credono, fino a quando, persistendo i
colpi alla porta, non aprono e, stupefatti, vedono l'apostolo in persona.
È in questo contesto che Pietro, come era solito fare, parla di come Dio lo ha liberato
dal carcere. Con lui in quella casa arriva non solo il testimone oculare della vicenda di
Gesù, ma anche l'annunciatore convinto della salvezza riservata a tutti quelli che
credono in Cristo.
Maria è forse una discepola della prima ora, e fin dall'inizio, quando il pericolo di
persecuzione e di morte è forte, mette a disposizione la sua casa per questi incontri,
clandestini. Se i capi dei farisei o il re avessero scoperto l'ospitalità data da Maria,
la sua sorte sarebbe stata segnata: lapidazione.
L'apertura alla Parola e la scelta della fede porta Maria a non curarsi delle conseguenze
che potrebbe correre lei e la sua famiglia, e mette a disposizione la sua casa, quale
luogo d'incontro, di annuncio e di preghiera.
Madre di Marco
Certamente la sua fecondità è ancor più evidente se pensiamo al figlio. Presumiamo
che sia coniugata, forse è vedova, perché non è citato il marito. Il figlio è Giovanni
Marco; di lui si parla in At 12,25; 13,5.13; 17,37-39, era cugino di Barnaba (Col 4,10),
compagno di Paolo (Col 4,10; Fm 24), discepolo di Pietro, autore, secondo la tradizione,
del primo vangelo ad essere scritto.
Un figlio che sicuramente ha condiviso con la madre la rivoluzionaria scelta di vita di
seguire il Cristo.
La madre, Maria, non solo ha messo a disposizione la sua casa per le adunanze dei primi
cristiani della comunità di Gerusalemme, ma già come donna, aveva reso la sua fertilità
fisica feconda anche per la fede.
brugnerapaolo@teletu.it
La proposta di Caresto
Dopo un conveniente tempo per laccoglienza reciproca, lincontro inizia con
un momento di raccoglimento che può essere una preghiera (Padre nostro o altro), una
lettura biblica (tra quelle segnalate in genere nella scheda scelta per lincontro),
un momento prolungato di silenzio. Si può anche scegliere di recitare il salmo 127 o il
128 che sono intonati alla vita familiare e casalinga.
Si passa quindi alla lettura ad alta voce della scheda. Questa può essere anche brevemente commentata o illustrata con qualche esempio di vita vissuta da pane di chi guida la serata (se c'è). Il tutto però deve rimanere entro la mezz'ora.
Dopo aver letto gli spunti di riflessione riportati al fondo alla scheda, è buona cosa
lasciare un tempo per la riflessione personale, servendosi di un quaderno o dei fogli per
annotare le proprie considerazioni.
Si può fare anche a meno dello scrivere, ma l'esperienza della nostra Comunità ha
mostrato che questo aiuta la concentrazione e una migliore formulazione dei concetti che
poi ognuno dirà al proprio coniuge. Basta anche annotare semplici appunti.
In genere nella coppia c'è chi si esprime meno e spesso è anticipato o soffocato dall'altro che parla di più. Il coniuge 'debole' in genere si esprime bene con lo scritto ed è facilitato da questa modalità che conviene usare con libertà. La riflessione personale può durare 5-10 minuti (a seconda che si scriva o no).
Segue il dialogo di coppia, cominciando col leggere quanto uno ha scritto, e
completandolo con un commento a voce.
Anche qui è molto importante che si usi un certo stile per una buona riuscita.
Il dialogo in coppia andrebbe fatto secondo le 'regole' della comunicazione e
dellascolto. In altre parole non è bene lasciarsi prendere subito dalla voglia di
arrivare a stabilire la verità; o chiarire chi ha ragione o torto.
È necessario 'prima' lasciare un ampio tempo di dialogo per ascoltarsi reciprocamente,
aiutandosi con domande ad aprirsi per capire ancora meglio. Chi dei due parla e vuol
comunicare, sia attento nell'esprimere giudizi intransigenti, che possono ferire. Si
esprima piuttosto comunicando i suoi sentimenti.
Il tempo previsto per questo punto non può superare la mezz'ora, se si vuoi contenere
lincontro entro le due ore in totale.
C'è poi la 'messa in comune' o confronto in gruppo, in stile condivisione, che può
durare una ventina di minuti più o meno, secondo il tempo a disposizione.
Noi preferiamo che la coppia si accordi prima su che cosa 'raccontare' alle altre coppie e
chi dei due parlerà. Anche questo stile fa emergere non soltanto l'individuo (chi parla
più o meglio esprime spesso le sue idee e chi non parla mai...), ma diventa anche questo
un implicito lavoro che costruisce la coppia.
Chi parla, lo fa a nome non soltanto suo, ma a nome della coppia.
Inoltre c'è da rispettare lo stile della 'condivisione' ossia del condividere se stessi;
donare un pezzo di sé; non far ideologie, approfondimenti filosofici astratti o prediche
("Noi dovremmo... La società... Perché oggi avviene...")
Anche il sacerdote o chi la coppia responsabile non si limiti a far prediche, ma in
questa parte 'condivida' con gli altri in modo fraterno.
Va anche evitato il discorso teorico, che non coinvolge personalmente, così come va
evitato il semplice raccontare fatterelli di vita propria.
Nel racconto di sé è importante evidenziare il 'come' la coppia cerca di riuscire a
realizzare un certo obiettivo; il perché ci riesce o non ci riesce.
Il racconto di sé non è finalizzato per la curiosità di sapere i fatti degli altri, ma
per essere aiutati dall'esperienza degli altri. Ci aiutiamo infatti grazie al come e al
perché.
Se non c'è fretta l'incontro può durare circa due ore.
Lincontro si può concludere in molti modi. Ve ne proponiamo alcuni.
Si può recitare la preghiera del 'Padre nostro' e, se c'è il sacerdote, si può chiedere
la benedizione 'trinitaria' comune.
Si può ringraziare Dio attraverso unintenzione di preghiera formulata secondo lo
schema: "Grazie Signore per..." a cui tutti ogni volta rispondono con:
"Grazie Signore".
Oppure velocemente si può ricordare 'la perla' della serata: cioè la frase o la
testimonianza, o l'atteggiamento che ha suscitato maggior interesse, scaldato di più i
cuori, come una 'perla' che ciascuno si porta a casa.
Liberamente tratto da: Comunità di Caresto, L'olio
della lampada, Gribaudi, Milano 20105, p.10-12
Relatore: Angelo Fracchia, biblista.
Org.: diocesi di Cuneo.
Info: Angela e Tommy Reinero, 347 5319786, tommy.angela@libero.it
7-14 agosto
San Giovanni di Spello (PG)
Relatori vari di alcune comunità umbre.
Org.: Collegamento Gruppi Famiglia.
Info: Antonella e Renato Durante, 0423 670886, ren-anto@libero.it
7-14 agosto
Voltago Agordino (BL)
Tema e relatori da definire.
Org.: Collegamento Gruppi Famiglia.
Info: Cinzia e Paolo Brugnera, 0438 898032, brugnerapaolo@tele2.it
14-21 agosto
Casteltesino (TN)
Tema e relatori da definire.
Org.: Collegamento Gruppi Famiglia.
Info: Valeria e Tony Piccin, 0423 748289, segninuovi@alice.it
14-21 agosto
Cagnano di Acquasanta (AP)
Tema e relatori da definire.
Org.: Diocesi di Fermo.
Info: Tania e Germano Ferroni, 0734 684062, 380 4573091, taniaferroni@tiscali.it
16-19 agosto
Chiappera (CN)
Tema: Dire, Fare, Pregare. La solidarietà possibile della famiglia cristiana.
Relatori: Giacomo e Rita Corradini
Sacerdote: don Beppe Viglione
Org.: diocesi di Mondovì (CN)
Info: Isabella e Stefano Tomatis, 0174 329404, costacalda@libero.it
16-21 agosto
Sauze di Cesana (TO)
Tema: Tempo di coppia, tempio damore.
Relatore: Elisa Veronesi, psicologa.
Sac.: Don Omar Larios Valencia.
Org.: diocesi di Pinerolo.
Info: Chiara e Elio Grosso, 0121 352265 oppure ufficiofamiglia@diocesipinerolo.it
20-27 agosto
Col Perer (BL)
Tema: In una società "liquida" quale progetto d'amore?
Relatori da definire.
Sac. don Giovanni Pesce.
Org. Gruppi Famiglia in Cammino.
Info: P. Maria e Andrea Antonioli, 0423 483032, fam.antonioli@-gmail.com
Il calendario, aggiornato in tempo reale, è consultabile sul sito: www.gruppifamiglia.it cercando, nella home page, tra le notizie in evidenza.
26-Speciale giovani: IL DUBBIO DI GIULIAIl tempo di pulire il pavimento e sistemare la cucina era stato sufficiente a Emilia
per costruire un castello di incertezze, pianificare un pomeriggio di consulenze e
collaudare un discreto campionario di risposte.
Prima consulenza: chiacchierata con la collega dell'ufficio. Ma per quella va bene tutto e
il contrario di tutto.
Seconda consulenza: una telefonata al marito (ma dal lavoro come si fa parlare di queste
cose?).
Terza consulenza: la capo scout di Giulia.
- Così, tra un boccone e l'altro mi ha detto questa cosa. E non so che pensare.
- Ha solo sedici anni. Probabilmente sono pensieri che passano. Fa parte della crescita.
Dell'adolescenza.
- Ma qui nel gruppo hai notato qualcosa
- No. Giulia è una brava ragazza e un'ottima scout. Normale sotto tutti i punti di vista.
- Allora perché mi ha chiesto
?
- Forse è una provocazione per attirare l'attenzione. Forse il bisogno di sentirsi
rassicurata.
Mamma Emilia resta perplessa. Soddisfatta a metà.
Alla fine Giulia ha ceduto alla raffica di messaggi che Alessandra le ha inviato. Dopo
l'ultima ora, un panino e poi da Alex. Per studiare. Almeno questa è la scusa. Sono solo
ottocento metri. Percorrerli a passo lento con l'i-pod a tutto volume aiuta pensare.
Pensare che con Alex sono amiche da sempre. Dai tempi delle elementari.
Che con lei sta bene. A suo agio.
Ancora seicento metri.
Per pensare che tutte le sue amiche hanno un ragazzo e lei no.
Che spesso si sente un po' diversa. Un maschiaccio impolverato dalla testa ai piedi per
far giocare le coccinelle e i lupetti del branco.
Ancora quattrocento metri.
Per pensare che stare mano nella mano con Alex è cosa normale.
Che abbracciarla la fa stare bene.
Ancora duecento metri.
Per convincersi che il prof. di storia ha ragione quando dice che eterosessuali o
omosessuali è la stessa cosa.
Cento per supporre che forse non è proprio così.
Cinquanta per fantasticare su un ragazzo scout che ha conosciuto al Jamboree e con il
quale chatta una sera sì e l'altra pure.
Dieci metri per dirsi che con Alex è solo una bella amicizia.
- Era ora! Ma quanto ci hai messo?
- Oggi sono al rallenty, che ci vuoi fare?
È mamma Emilia a rompere il ghiaccio.
- Vuoi parlare di quella cosa di questa mattina?
- Non so. Forse no. Era solo una domanda buttata lì.
- Comunque non credo che tu abbia problemi. È giusto cercare di capire come siamo fatti.
Non sempre i sentimenti sono chiari.
A Giulia basta.
Non le serve altro per ritornare ad essere un'adolescente serenamente burrascosa.
Non le serve altro per archiviare il prof. di storia tra i personaggi bizzarri e
tendenziosi che popolano il liceo. Non le serve altro per fare pace con la sua amicizia.
Non le serve altro per trovare il coraggio di telefonare al ragazzo che ha conosciuto al
Jamboree.
patrizio.righero@tin.it
Vorremmo però sapere se riuscite ad indovinare come sono state impiegate le altre due
perle lasciate nel cofanetto dentro la tasca della sella. Il cammello di sicuro non le ha
mangiate!
Toni Piccin
TESTIMONIANZE
A-Un cromosoma in più
Quando abbiamo saputo che la nostra famiglia sarebbe cresciuta ancora, ci siamo stupiti, anche perché è successo tutto in un momento difficile dove il dolore per un aborto spontaneo mi lacerava, come se non fossi stata in grado di difendere la vita che nasceva dentro di me. Per scelta non abbiamo fatto esami invasivi anche se i continui controlli facevano pensare a qualcosa di anomalo. Ma il miracolo della Vita succedeva ancora e questo ci ha dato la forza di andare avanti, abbiamo sempre pensato che la Vita è un Dono e come tale non spetta a noi negarlo, la nostra missione è quella di viverla al meglio e dare testimonianza di Amore.E-Fare politica
Noi due abbiamo sempre fatto politica, se per politica si intende non solo mettersi in lista in qualche partito nei periodi elettorali, ma preoccuparsi in ogni momento del cosidetto "bene comune" ormai da noi in Veneto passato di moda.L-LA POTENZA DI DIO PER NOI
Il profeta Zaccaria, parlando per il suo tempo e per le attese dei suoi giorni, già
aveva intuito quale sarebbe stato lo stile e il modo di presentarsi del Messia di Dio. Non
con i cavalli da guerra, non con la forza delle armi, ma con la mansuetudine
dellasino, la bestia da soma dei giorni di pace, e con il dominio invincibile della
giustizia: "Egli è giusto e vittorioso, umile
Farà sparire il carro da
guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, larco di guerra sarà spezzato,
annuncerà la pace alle nazioni".
Ma qual è la nostra situazione storica, come sono oggi i giorni che viviamo? Potremmo
definirli "giorni strani". I più dotti potrebbero dirli "giorni
paradossali". Perché? Le motivazioni sono moltissime e differenti. Ad
esempio, per stare allattualità: perché ci sono uomini che fanno la guerra, ma non
vogliono si definiscano come "guerra" le loro decisioni, le scelte e le azioni
violente?
Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro
azioni? E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei paesi poveri, ma poi
si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di
condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?
Come sono, quindi, i giorni che oggi viviamo? Possiamo rispondere nel modo più semplice,
ma non per questo meno provocatorio per ciascuno di noi, interrogandoci con coraggio sul
criterio che ispira nel vissuto quotidiano i nostri pensieri, i sentimenti, i gesti.
E un criterio caratterizzato da dominio superbo, subdolo, violento, oppure è
un criterio contraddistinto da attenzione, disponibilità e servizio agli altri e
al loro bene?
Il brano del Vangelo doggi ci presenta Gesù come re umile e mite, e insieme come
il re che dona tutto se stesso per amore e che, proprio così, annuncia la pace. Questo
e non altro è il suo "dominio", che "sarà da mare a mare e dal fiume fino
ai confini della terra".
Siamo allora chiamati a interrogarci sullunica vera potenza che può
realmente arricchire e fare grande la nostra vita, intessuta da tanti piccoli gesti: la
vera potenza sta nellumiltà, nel dono di sé, nello spirito di servizio, nella
disponibilità piena a venerare la dignità di ogni nostro fratello e sorella in ogni età
e condizione di vita
E da discepoli ci chiediamo: Dovè la potenza di Dio?
Ecco, carissimi ragazzi, e con voi tutti coloro che si riconoscono come i piccoli
prediletti da Gesù: la Sua potenza siete voi, infinitamente amati da Dio!
La Sua voce è la vostra voce quando acclamate Cristo come colui che viene nel
nome del Signore, quando gridate a lui per poter ritrovare la forza e la gioia del vivere.
Il Suo coraggio è il vostro coraggio quando continuate a sperare in Gesù, ogni
giorno e nonostante la fatica, la prova guardate a lui come al centro del progetto di Dio.
La Sua speranza è la vostra speranza quando interpretate la Sua croce e la Sua risurrezione
come la sorgente sempre aperta della salvezza, come il momento permanente in cui Dio
riconcilia tutte le cose e fa pace con ogni creatura e fra tutti i popoli, per mezzo del
sangue di Gesù crocifisso.
Ecco, carissimi, è così che il nostro Dio viene a salvarci!
+ Dionigi card. Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, Domenica delle Palme, Milano -
Duomo, 17 aprile 2011 (sintesi parte finale omelia)