Il Congresso Eucaristico Nazionale: un cammino che continua
La sintonia tra "Verona 2006" e "Ancona 2011"

"Eccellenza, non si preoccupa della distanza tra il grande numero dei battezzati e la scarsità dei fedeli presenti alla messa domenicale?". "Mi preoccupo di più di come escono dalla chiesa quei fedeli che hanno partecipato alla celebrazione eucaristica"… A riferire dello scambio di battute tra un vescovo e un giornalista, facendo propria la risposta del suo confratello, è mons. Adriano Caprioli, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla e presidente del Comitato della Cei per i Congressi eucaristici nazionali. Alla vigilia del XXV Congresso eucaristico nazionale (Cen), che si aprirà ad Ancona il 3 settembre e terminerà l’11 con la visita del Papa, il SIR lo ha intervistato.

"L’Eucaristia per la vita quotidiana": quanto è importante, per la società, lo "stile" del cristiano?
"Oggi viviamo in una società non più cristiana, per tanti aspetti. Il Convegno di Verona ci ha ricordato la distanza della cultura e della visione cristiana dai vari aspetti della vita e della mentalità contemporanea, sintetizzati nei cinque ambiti che hanno scandito i lavori (affettività, fragilità, lavoro e festa, tradizione e cittadinanza). L’invito che il Papa ha fatto fortemente a Verona è stato a non considerare questa distanza culturale come una disgrazia o una fatalità, ma come un’occasione preziosa, un’opportunità per operare scelte prioritarie sul nostro modo di essere cristiani, soprattutto come testimoni del Risorto, speranza del mondo. È molto importante questa sintonia tra il Convegno di Verona e il Congresso eucaristico che ci apprestiamo a vivere ad Ancona, perché dà un forte senso di un cammino che continua".

La "popolarità" è la cifra del cattolicesimo italiano: in che modo può aiutarci ad "abitare" il mondo?
"Dire che il cattolicesimo italiano è popolare non vuol dire fare una scelta di basso profilo, ma fare la scelta di una fede presente sul territorio, capace di ri-orientare la vita quotidiana delle persone, e di orientare le forme di cultura diffuse nella società. La conseguenza fondamentale di tutto ciò è la presa di coscienza che occorre riattivare la vocazione secolare dei laici: se la domenica è di tutti i cristiani, i giorni della settimana spettano in particolare ai cristiani laici, perché sono loro che abitano i vari spazi della vita quotidiana. Il tema del Congresso eucaristico sollecita una visione dell’Eucaristia come luogo della generazione di vocazioni: l’Eucaristia ha una storia intensa, dal punto di vista della promozione di tutte le vocazioni, e la Sacramentum caritatis – l’esortazione apostolica sull’Eucaristia, emanata da Benedetto XVI nel 2007 – parla dei luoghi della vita quotidiana come luoghi di ‘coerenza eucaristica’, riferendosi in particolare alla famiglia e alla scuola, ma anche alla professione e all’impegno politico".

Questa edizione del Cen si caratterizza in modo particolare per le territorialità, visto che sono coinvolte tutte le cinque diocesi della metropolia. Quale lezione trarne, in tempo di crisi?
"La territorialità è senz’altro una delle novità di questa edizione del Congresso eucaristico. La pluralità delle sedi, a mio avviso, è un bel messaggio, perché mette in luce, oltre alla diversità tra le varie Chiese particolari, il fatto che la testimonianza dell’Eucaristia nel quotidiano passa innanzitutto attraverso la testimonianza della comunità locale. Una strada, questa, intravista già da Jacques Maritain, che osservava come una volta in una società cristiana bastassero le cinque prove dell’esistenza di Dio per attuare una testimonianza di vita cristiana. Adesso, invece – sosteneva già allora il filosofo -, serve la sesta prova, la più importante: la vita delle comunità locali, cioè delle diocesi e delle parrocchie, che ne costituiscono il tessuto connettivo. Non a caso, il punto di riferimento di ogni giornata del Cen sarà la celebrazione eucaristica al mattino, in tutte le diocesi coinvolte".

I cinque ambiti di Verona fanno da sfondo alle giornate del Congresso: in che modo l’Eucaristia li riconduce a unità?
"Il Concilio ci ha consegnato una visione di Chiesa basata sui tre pilastri della Parola, della liturgia e della carità: il rischio è che la pastorale venga vissuta dalle diocesi e dalle parrocchie come una pastorale di settori non dico contrapposti, però autonomi. Invece bisogna unire, perché Parola, liturgia e carità sono un’unica pastorale, un solo modo di essere Chiesa: il Cen ha fatto la scelta di essere attento ai tre ministeri – visto che ogni giornata è scandita dalla Parola, dalla riflessione, dall’Eucaristia, e poi dall’adorazione e la testimonianza – ma nel contempo, attraverso i cinque ambiti, vuole mostrare che tutti hanno a che fare con l’uomo di oggi, e che sono da leggere dentro le relazioni nel quotidiano. Si tratta, in altre parole, di un’attenzione antropologica che non mette da parte i tre ministeri, ma li coniuga con un’attenzione speciale al destinatario".
Agenzia Sir, 1° settembre 2011