Il Progetto Gemma: Adozione prenatale a distanza,
sostieni una mamma in difficoltà e salvi il suo bambino.

Nel 1994 è nato Progetto Gemma, servizio per l'adozione prenatale a distanza di madri in difficoltà, tentate di non accogliere il proprio bambino. Una mamma in attesa nasconde sempre nel suo grembo una gemma (un bambino) che non andrà perduta se qualcuno fornirà l'aiuto necessario. Attraverso questo servizio e con un contributo minimo mensile di 160 euro, si può adottare per 18 mesi una mamma e aiutare così il suo bambino a nascere. Dalla nascita di Progetto Gemma i bambini così aiutati sono circa 14.000.
Chiunque può fare queste adozioni: singoli, famiglie, gruppi parrocchiali, di amici o di colleghi, comunità religiose, condomini e classi scolastiche. Che gioia sapere che un bambino è nato e una madre non ha abortito grazie alla tua solidarietà: sentirsi non solo genitori di un bambino, ma anche fratello o sorella di una mamma che finalmente sorride. Dividendo la spesa, l'impegno è più leggero, ma cresce la bellezza di una inedita fratellanza tra sconosciuti. Hanno aderito al Progetto anche Consigli comunali e perfino gruppi di carcerati. Capita anche che l'adozione venga proposta come dono per matrimoni, battesimi, nascite o in ricordo di una persona cara
Per saperne di più sul Progetto Gemma: http://www.mpv.org/pls/mpv/v3_s2ew_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=44

Gemme di speranza
Una parrocchia romana "campionessa" nell'adozione a distanza di mamme con i loro bambini. Una gara di solidarietà che coinvolge tutti, dagli anziani ai più piccoli, e fa crescere la cultura della vita

di Alessia Guerrieri
È l'intera comunità che adotta mamme e bambini; al progetto infatti ognuno contribuisce come può, dai più piccoli che sottraggono un euro alla paglietta, ai grandi che donano i frutti del loro lavoro. Parlare del Progetto Gemma nella parrocchia romana di San Giuseppe Artigiano è un po' come raccontare una favola che dal 1996 ha portato a 35 lieti fine, tanti quanti le madri in difficoltà aiutate. "Tutto è cominciato nei corsi di preparazione al matrimonio - esordisce il diacono Roberto Lombardi, responsabile parrocchiale - quando uno degli ospiti ci parlò del progetto. Ci sembrò un gesto di amore grandissimo di futuri genitori nei confronti di una madre". Ma il costo di 120 mila lire al mese, ricorda, poteva essere una cifra troppo grande per una sola persona; così "divenne dall'inizio un percorso della comunità in cui ognuno poteva donare quanto era nelle sue disponibilità economiche".
L'adozione collettiva è iniziata proprio nel giorno della vita di quindici anni fa, poi il passaparola ha fatto il resto. "In quella occasione - aggiunge - un signore volle dare 3 milioni di lire, perché non sapeva quanto il Signore gli avrebbe concesso ancora di vivere e non voleva lasciare a metà l'adozione". Dall'anziano, ai giovani fidanzati che invece delle bomboniere sottoscrivono un progetto, ai bimbi del catechismo a cui si insegna ad aiutare il prossimo. E l'esperimento, oggi diventato trasversale nella comunità, è una cassa di risonanza enorme; "è come se noi ci sentissimo parte di una catena di speranza per queste mamme". La comunità è cresciuta con i progetti, continua Roberto Lombardi, "si è scalfito un muro di chiusura, di diffidenza delle famiglie; ora c'è una nuova propensione al dono che poi è un regalo che torna indietro sotto forma di cultura della vita anche per chi aiuta".
Ora 150 persone aiutano 37 bambini, quei piccoli di cui ogni domenica in chiesa i fedeli sanno i progressi, "cosi tutti si sentono coinvolti - dice il diacono - e chi non conosce ancora l'iniziativa può informarsi". Il progetto prevede l'anonimato, ma nel 1998 e nel 2007 mamme e bambini adottati sono stati ospiti della parrocchia capitolina per alcuni giorni. "Un'esperienza bellissima - spiega - c'è stata una gara di solidarietà inaspettata per accoglierli nelle case, è stata come una bomba di generosità che è esplosa. Li abbiamo portati anche all'udienza del Papa, un momento di grande commozione per tutti". L'incontro di mamme e donatori è un'occasione di formazione importante, precisa, perché la testimonianza diretta di queste donne è "un esempio che colpisce, da un insegnamento forte, fa toccare con mano il problema di cui ti sei fatto carico. È proprio il vivere in prima persona la spinta ad uscire fuori dalla visione individualista, vedendo il mondo con ottimismo".
Il bene c'è ed è tanto, "anche nel giardino dell'Eden che Dio ha fatto per noi e che abbiamo rivoluzionato". Roberto Lombardi sintetizza cosi le mille motivazioni che spingono le persone a sostenere il progetto Gemma. "Qualcuno lo fa per mettere in pratica il percorso di fede che vive in parrocchia - ammette - spesso è difficile però cogliere i fattori stimolanti, anche perché non sempre emergono". C'è infatti riserbo nel pubblicizzare la solidarietà, quasi come se si avesse paura che "la generosità ostentata sminuisca il valore del gesto". La crescita spirituale, tuttavia, è il rapporto che si crea anche a distanza, tra la comunità e le mamme stesse. Un percorso che educa, fa diffondere una cultura della vita generalizzata; "anche il fatto di ripensare ogni mese a quel gesto, versando le quote - sottolinea - porta i donatori a maturare, a ridare il giusto senso alle cose".
Educazione permanente per le famiglie, cioè, come in un viaggio a tappe nel pensiero e nella preghiera. Una crescita interiore che si dimostra anche in chi, per motivi economici, non può continuare l'adozione; lo dice senza vergogna, confessa Lombardi, "perché sa di essere in una comunità e in una comunità siamo tutti l'uno accanto all'altro, ci si aiuta. Se a qualcuno manca qualcosa si può sopperire con la vicinanza dell'altro".
La chiave del successo, probabilmente, è la comunicazione a 360 gradi. Tutti in segreteria in parrocchia, non solo chi si occupa del progetto, infatti, lo conoscono, sanno spiegarlo a chi vuole partecipare.
"Quando si lavora con impegno vengono fuori i risultati - aggiunge il diacono - abbiamo iniziato in punta di piedi e non ci aspettavamo una risposta così grande. Spesso ci dimentichiamo di quanto bene resta nascosto tra le mura di casa; quando viene fuori con molta umiltà, però, si vince la sfida educativa". E il successo formativo, conclude, è rendere consapevoli che un figlio è un dono che viene fatto a tutta l'umanità, non solo al genitore, "finché nascono nuove vite il Signore ci da fiducia, è un segno che continua a credere nell'uomo".
Tratto da: Noi, Genitori e figli, n. 148, anno XV, p.16-17