IL PECCATO ORIGINALE

Nella fede cristiana si afferma l'esistenza in ogni uomo di un vero e proprio peccato, anteriore ad ogni libero e cosciente atto della persona (peccato originale originato), un peccato che deriva all'uomo da un atto peccaminoso e personale risalente alle origini dell'umanità (peccato originale originante). In questa prospettiva' si colloca la necessità e l'universalità dell'opera salvifica di Cristo: ogni uomo necessita della sua salvezza che, prima ancora che dalle colpe personali, lo libera dalla colpa derivata dalle origini. È in questa stessa prospettiva che si giustifica il Battesimo dei bambini, in uso già nella Chiesa dei primi secoli: essi, anche se incapaci di colpe personali, hanno bisogno di essere liberati dalla colpa di origine.
Cosi formulata, l'affermazione di fede sembra incorrere in una serie di difficoltà poste dalla cultura odierna. In una cultura che sempre più sottolinea la dignità e l'autonomia della persona umana, si fa fatica ad ammettere che un uomo possa trovarsi in uno stato di peccato a causa di un atto peccaminoso compiuto da altri; che cioè si possa parlare di una peccaminosità ereditaria, connessa alla trasmissione della natura umana e non frutto di un atto personale. Allo stesso tempo appare difficile pensare che gli uomini primitivi, forniti a quanto ci dicono gli studiosi, di uno sviluppo psicologico ancora elementare, abbiano potuto commettere un peccato di tale gravita da coinvolgere l'intera umanità.
Queste contestazioni che la cultura odierna pone alla dottrina di fede della Chiesa non possono essere semplicemente rifiutate. Al contrario, esse devono diventare stimolo per riflettere sul messaggio salvifico e scoprire così il nucleo di fede in esso contenuto, distinguendolo dal rivestimento culturale ed espressivo con cui è stato trasmesso. Il cristiano, provocato dalla cultura del tempo e fedele all'irrinunziabile contenuto della dottrina della fede, ne ricerca espressioni sempre più adeguate per gli uomini suoi contemporanei.
Il dato fermo e irrinunziabile della fede cristiana intorno al peccato originale è percepibile solo a partire dalla realtà di Cristo Redentore. Il centro e la pienezza della rivelazione è infatti Cristo, principio e capo dell'umanità e allo stesso tempo salvatore. Ogni uomo per mezzo di lui è stato creato e ogni uomo dev'essere da lui redento. Cristo, immagine perfetta del Padre, è colui che rida all'uomo, creato ad immagine di Dio, la possibilità di attuare quel germe divino che in lui si era offuscato.
Cristo è morto per i peccati di tutti gli uomini (cfr. Rm 5,12-21; 1 Cor 15,22). Se la redenzione di Cristo è universale, altrettanto è universale il regno del peccato. San Paolo scrive che: "Tutti sono sotto il dominio del peccato... tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù" (Rm 3,9.23-24). In quel "tutti" Paolo vede soprattutto gli adulti consapevoli e colpevoli di peccati personali, e pertanto bisognosi di redenzione. Ma al di là della moltitudine dei peccati personali, lascia intravedere una radice comune,' anteriore ad ogni decisione personale, un peccato che raggiunge tutti. Prima ancora che l'uomo esprima la sua libera volontà nel peccato personale, egli è già sotto il segno della lontananza da Dio, e incapace di riscattarsi da solo. Questo male radicale, questo "peccato che abita in me" (Rm 7,17), è una forza che trascinerebbe inevitabilmente l'uomo alla morte se non intervenisse la salvezza di Cristo (cfr. Rm 8,1-2).
C'è da chiedersi donde abbia origine questa peccaminosità radicale dell'uomo. C'è anche da chiedersi quale sia l'origine delle altre manifestazioni di male che intaccano la realtà umana, come la sofferenza, il dolore, il dramma della morte.
È questa una delle domande che stanno dietro alle pagine iniziali della Bibbia. Il celebre testo del capitolo 3 della Genesi, dove si parla del peccato di Adamo, fa parte di un racconto di genere sapienziale, teso a esprimere il significato della vita per l'uomo in questo mondo. Più specificamente, il racconto non intende tanto offrire una relazione esatta di ciò che è avvenuto ai primordi dell'umanità, ma scoprire il perché della situazione attuale dell'uomo, inclinato al male morale e sottoposto alla morte. Sotto la veste letteraria del racconto, la rivelazione insegna: l'universalità della situazione di peccato, fin dalle origini dell'umanità; la natura profonda del peccato come autosufficienza dell'uomo contro Dio; l'origine del peccato nell'uomo stesso, e non nella necessità delle cose o nel volere di Dio, creatore buono. È questo l'oggetto dell'insegnamento di quel testo biblico. Non emerge invece l'intenzione di indicare in un solo peccato l'origine dello "stato di peccato" in cui l'uomo nasce. Come pure esula dall'intento dell'antico scrittore sacro insegnare che tutti gli uomini nascono in condizione di peccato.
Il messaggio biblico sul peccato originale va ricercato più pienamente alla luce degli altri racconti della Genesi (cap. 1-11), della rivelazione profetica e soprattutto nel Nuovo Testamento.
San Paolo si riferisce al cap. 3 della Genesi in un passo della lettera ai Romani, in cui spiega che dobbiamo gloriarci solo in Cristo, autore della nostra salvezza (Rm 5,12-21). Sua intenzione è ribadire come tutti siano salvati dal potere del peccato e della morte "per mezzo del solo Gesù Cristo" (Rm 5,17). Senza la salvezza che viene da lui avrebbe continuato a dominare sull'uomo il peccato e la morte, "per la colpa di uno solo, per la disobbedienza di uno solo". Questa salvezza che ci viene donata in modo del tutto gratuito, è messa da Paolo in rapporto a quella condizione universale di peccato che ad ogni uomo viene dall'esterno e che è in modo misterioso collegata con il peccato delle origini dell'umanità. Sia pure in forma non diretta, la parola di Dio c'insegna che l'uomo si trova in uno stato di peccato già prima della sua libera scelta, e che questa situazione è legata al rapporto esistente fra tutta l'umanità e le sue origini.
La Chiesa, a cominciare dai padri e attraverso .la voce dei Concili, ha definito in vario modo e in diverse occasioni la propria fede sul peccato d'origine. Nel Concilio di Trento essa afferma la realtà del peccato originale originante (il peccato di Adamo), l'esistenza del peccato originale in tutti gli uomini, come una condizione che implica sia la privazione dello stato di santità e giustizia, in cui era costituita l'umanità prima del peccato, sia la necessità della redenzione per mezzo del Cristo; e la completa soppressione di questo peccato mediante il Battesimo (Concilio di Trento, Decreto sul peccato originale).
Come per i testi biblici, anche per quelli del Magistero si deve distinguere tra quanto essi intendono affermare, e quanto invece dicono a sostegno dell'affermazione o per formulare e offrire un contesto all'affermazione stessa. Così va anche letto il decreto del Concilio di Trento, alla luce soprattutto degli errori, diffusi tra i protestanti o tra i cattolici, a cui il Concilio vuole opporsi.
Emerge così che è certamente intenzione di quel Concilio insegnare che l'uomo mediante il Battesimo è liberato da ogni peccato. Parimenti, il Concilio di Trento ha affermato l'esistenza del peccato originale originato in ogni uomo: esso, seppure diverso dai peccati personali, è un vero e proprio peccato, da non confondersi quindi con la concupiscenza, giacché determina nell'uomo quella condizione di lontananza da Dio che deriva dal vero peccato. In forza di questo peccato ogni uomo che entra nel mondo ha bisogno della redenzione.
Infine il Concilio riafferma il legame tra questo peccato e le origini dell'umanità. E per far questo si limita a ripetere i dati del racconto del libro della Genesi.
La riflessione teologica lungo i secoli ha cercato di meglio precisare la natura del peccato originale originato e il suo legame con il peccato originale originante. La preoccupazione che guida tale riflessione è da una parte quella di conservare al peccato originale la connotazione di "peccato", esplicita nelle fonti bibliche e magisteriali; dall'altra quella di far emergere il riferimento personale ad ogni uomo, perché tale peccato non gli risulti del tutto estraneo.
In risposta a tali preoccupazioni, si "sottolinea anzitutto il carattere analogico del termine "peccato". Il peccato originale originato viene detto peccato in quanto in esso si riscontra l'effetto proprio di ogni peccato: l'appartenenza dell'uomo al regno del peccato e della morte e la conseguente sua alienazione da Dio. Quanto invece al carattere personale, questo peccato non va inteso nel senso che il singolo ne sia responsabile, dal momento che precede l'atto libero della volontà dell'uomo. Esso, invece, si inserisce nella struttura della persona in quanto la rende incapace e impotente ad orientare efficacemente la propria esistenza verso Dio. Da questo peccato l'uomo è liberato in virtù della grazia sanante e santificante di Cristo, che lo riconcilia con Dio, lo fa suo figlio e lo apre alla comunione con lui.
Quanto invece al rapporto tra questo peccato e la sua origine, sembra di dover affrontare il problema nella luce di Cristo capo e principio della umanità e dell'essere dell'uomo a immagine di Dio in Cristo; un'immagine caratterizzata in senso interpersonale e cosmologico. In questa prospettiva va letta la dimensione di solidarietà che lega tutti gli uomini e quella della storicità in cui essa si realizza. Il primo peccato dell'umanità assume quindi un senso speciale, un influsso paragonabile a quello che l'ubbidienza di Cristo al Padre ha in ordine alla salvezza. Costituita da Dio in uno stato di giustizia, creata a sua immagine, l'umanità primitiva ha annullato in sé il progetto di Dio ed è diventata incapace di trasmettere a tutti gli uomini, insieme alla vita umana, questo stato di santità e giustizia. Cristo solo ha ricomposto il primitivo disegno di Dio.
Il Papa Paolo VI, nel "Credo del Popolo di Dio", ha sintetizzato la fede della Chiesa riguardo al peccato originale con queste parole: "Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all'inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l'uomo non conosceva ne il male ne la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, "non per imitazione, ma per propagazione", e che esso pertanto è "proprio a ciascuno"".
CEI, Signore da chi andremo? Il catechismo degli adulti, 1981, p.512-516