Una coppia sulla strada di Emmaus
Vogliamo
raccontarvi la nostra storia di coppia seguendo lo sviluppo del racconto dei due
discepoli di Emmaus.
Molto difficilmente quei due discepoli erano marito e moglie. Però “i
due tornavano a casa”
: si capisce subito che questo ritorno a casa è uno dei tanti ritorni dalla
delusione. La casa non più vissuto come un luogo sacro, sano, ma come sorta di
rifugio dove tornare a mani vuote.
Anche noi, come coppia, eravamo partiti bene, ma poi siamo stati ingoiati dalle
delusione e dalle frustrazioni della vita.
I due discepoli, dice il Vangelo, “erano
in cammino”.
Camminare presuppone solitamente una meta, ma noi due, dopo 15 anni di
matrimonio, non ci chiedevamo neppure più “Signore da chi andremo?”.
C’erano anzi dei momenti in cui il Signore non era neppure previsto o
considerato come un interlocutore. E questo dice quanto ci eravamo allontanati
da Lui.
Il Vangelo prosegue raccontando come “Gesù
si fece vicino e si mise a camminare con loro”.
Nei momenti in cui la notte è più nera, Gesù si accosta alle nostre vite e non
lo fa volendoci stupire con effetti speciali: ai discepoli di Emmaus poteva
apparire in modo sfolgorante e invece si è messo con loro e ha cominciato pian
piano a rivelarsi.
È come se qualcuno avesse preso per mano questa (ipotetica) coppia di sposi e
avesse spiegato loro la salvezza, avesse dato loro una nuova luce con la quale
leggere gli avvenimenti degli ultimi giorni.
Allo stesso modo Gesù si è fatto vicino a noi, coppia di sposi feriti e delusi,
ci ha liberati dalla gabbia delle nostre attese, ci ha insegnato la strada della
fedeltà, non ai nostri propositi o a quello che pensavamo, ma la fedeltà a Lui.
Quando arrivarono a casa, i due discepoli “lo
costrinsero a fermarsi a casa loro”,
provarono il desiderio di stare con Lui; non sapevano che stavano invitando
Gesù, però sentivano il desiderio di rimanere con Lui.
Gesù è entrato, ha accettato di rimanere con loro; ha mangiato con loro e ha
trasformato quella piccola offerta in qualcosa di impensato: si è rivelato, nel
gesto dello spezzare del pane.
Davanti al corpo di Gesù donato per amore, il modo di vivere il nostro
matrimonio veniva interrogato. E di fronte a quell’amore vero, grande e totale,
il nostro sembrava meschino, perché il dono totale non c’era. Ci eravamo
dimenticati di essere due sposi (il diavolo, che porta via dal cuore la parola
del Signore, era stato pronto ad insinuarsi nelle crepe del cuore per aprire
degli squarci difficili da riparare). Non litigavamo mai: questo era il nostro
grande peccato contro l’amore; ci eravamo distratti e il nostro “noi” era
diventato “due io”.
Nel Vangelo di Matteo leggiamo: “Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero”. A noi è successo così, quasi senza che ce ne rendessimo conto.
I due “sposi”
trovarono lo sposo e lo trovarono proprio nel gesto dell’eucarestia. Gesù prima
li ha saziati con la parola e poi ha fatto capire che quel piccolo maldestro
amore di coppia poteva essere realizzato grazie al Suo amore.
Il Vangelo dice ancora: “Disparve
ai loro sguardi”.
Dopo questa scomparsa però i discepoli di Emmaus non si sono smarriti, non si
sono sentiti abbandonati.
Nell’incontro con Lui era spuntato qualcosa tra di loro, era spuntata
un’intimità carnale, avevano imparato a comunicarsi le emozioni, i sentimenti,
l’esultanza e quello che uno sentiva veniva messo a servizio e a disposizione
dell’altro. E l’altro, il partner, diventava un partner di gioia, non un
compagno di smarrimento. Tra loro era spuntata anche un’intimità spirituale:
sentivano che nello spezzare il pane di quell’uomo, qualcosa ardeva nei loro
cuori e Gesù non era più un estraneo, qualcuno a cui rendere conto, ma qualcuno
che faceva parte della loro coppia.
Angela e Flavio
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