Foglio di collegamento tra Gruppi Famiglia
GF101 – marzo 2019
CRESCERE NELLA CARITÀ CONIUGALE
Amoris laetitia. Il capitolo 4 dell’Esortazione
Lettere alla rivista
1-La tensione tra corpo e anima
L’uomo non ha una “carne”, è “carne animata” dallo Spirito
C’è nel Cristianesimo, così come l’ho conosciuto, una tensione tra il concetto di carne e quello di anima. Come la si può superare?
Ernesto
La sua domanda pone la questione del rapporto fra carne, cioè corpo, dimensione fisica dell'essere umano, contrapposta ad anima, cioè dimensione spirituale.
Spirito significa - lo afferma il Catechismo della Chiesa cattolica – che, sin dalla sua creazione, l’uomo è ordinato al suo fine soprannaturale, e che la sua anima è capace di essere gratuitamente elevata alla comunione con Dio” (CCC. 367).
Olivier Clément - teologo russo allievo di Berdjaev, filosofo russo - rammenta come il cristianesimo sia la religione dell'incarnazione e della resurrezione della carne: «La distinzione biblica tra carne e anima non ha nulla a che vedere con il dualismo ellenistico di anima e di corpo, nonostante innumerevoli confusioni storiche abbiano spesso reso il cristianesimo una sorta di platonismo popolare.
Nella Bibbia, l'uomo viene designato sia come "carne animata" che come "anima vivente", dunque «l'uomo non ha un'anima, egli è un'anima vivente; non ha una carne, è carne animata».Per il cristiano il corpo è creato da Dio; è stato assunto da Gesù, il Figlio del Padre fattosi uomo; risorgerà nel segno della Sua Risurrezione; la presenza dello Spirito di Dio nel corpo come in un tempio, dà al corpo umano un’eccelsa dignità. Il corpo (la carne) però, al contempo, maschera ed esprime la persona, fin dalla profondità della sua anima.
Nell’anima, come espressione di interiorità, è possibile trovare l’identità individuale, la quale resta immutabile di fronte ai mutamenti e alle passioni del corpo. Per questo, l’anima riesce a portarci alla verità contro l’inganno dei sensi. Da questa considerazione nasce la prima fra le tensioni tra carne e anima, in particolare nell’esercizio della sessualità. Gesù conosce questa tensione e quando parla dell’incontro fra uomo e donna che diventano una sola carne, sa che questa unità non designa solo l'unione fisica di due corpi, ma l’unione di due persone. Il Natale si riassume esattamente in questo: nel logos che diviene sarx.
Don Giovanni Villata
Dialogo tra famiglie
2-La gioia dell’amore “maturo”
Essere grati per la vicinanza dell’altro nella gioia e nel dolore
Amoris laetitia, la gioia dell’amore. C’è qualche ricetta per conservare questa gioia anche dopo anni di vita in comune?
Betta
Può l’amore “maturo” essere ancora fonte di gioia? Porrei la domanda così, perché le ricette riguardano solo medici e farmacisti: non ne esistono per la vita! Ti chiedo innanzitutto di precisare, dentro di te, cosa tu intenda per gioia. Io penso sia la tenerezza degli sguardi, la serenità che viene dalla fiducia, dalla gratitudine che senti per non essere mai stato solo nei momenti belli e brutti e di continuare a sentirti accompagnato e sostenuto, dal gioire insieme della vita di figli e nipoti, dalla certezza di un’accoglienza reciproca nonostante che la vita in comune abbia via via rivelato, e fatto serenamente accettare, anche i limiti, limiti che divengono maggiori quando la forza fisica diminuisce e non sempre è possibile rispondere ai desideri dell’altro.
Ad esempio, se Guido desidera fare una passeggiata a piedi io non lo posso più accontentare: se lui non se ne fa un cruccio, non me lo fa pesare, io sono contenta perché mi sento accettata come sono ora e non rimpiange altri tempi… Questa per me è gioia, come è gioia sopportarsi e perdonarsi reciprocamente, avere tanta pazienza… “In patientia vestra possidebitis animas vestras”.
Ma la gioia più grande è sapere e credere che stiamo camminando insieme verso l’Incontro definitivo.
Anna Lazzarini
Editoriale
3-La gioia dell’amore
Il gruppo famiglia come “incubatore” per aiutarci a rendere testimonianza del matrimonio sacramento
di Franco Rosada
È ormai alle nostre spalle l’epoca in cui l’immagine del matrimonio era condivisa, per molti aspetti, tra Chiesa e società civile.
È stata l’epoca del matrimonio romantico, in cui l’uomo e la donna si sposavano per amore, dopo essersi conosciuti e frequentati.
Ovviamente in campo morale la rigidità religiosa era solo in parte accolta a livello civile. Quello che però per entrambi contava, era l’indissolubilità del legame.
Se l’istituto matrimoniale oggi è snobbato o vi si accede dopo anni di convivenza, non significa che l’amore che sostiene la relazione di coppia sia venuto meno, anzi!
In fondo, il motore alla base dell’istituzione è stato per lungo tempo il patrimonio (ciò che apportava lo sposo: la condizione economica) a garanzia del quale serviva il matrimonio (ciò che apportava la sposa: la fecondità), non certo l’amore.
Ora, per molti giovani, resta l’amore mentre l’aspetto patrimoniale, con l’aumento significativo dei livelli d’istruzione e un benessere più diffuso, è meno sentito.
Cosa quindi possiamo dire, come credenti, sul matrimonio sacramento?
Si tratta di rendere conto della nostra fede (cfr 1Pt 3,15) e dimostrare con le parole, ma soprattutto con la vita vissuta, la bellezza dell’amore coniugale.
In questo cammino, che è utile fare in gruppo, sostenendoci a vicenda, ci può senz’altro aiutare l’esortazione Amoris laetitia di papa Francesco, che abbiamo incominciato a trattare già nello scorso numero.
Stavolta affrontiamo, dopo la lettura in chiave coniugale dell’Inno alla carità di san Paolo, la parte restante del capitolo 4 del documento.
Come potrete vedere, abbiamo utilizzato, per commentare i diversi paragrafi, molti spunti e riflessioni trattati nel corso degli anni e presenti sul sito dei Gruppi Famiglia, che si è rivelato una vera “miniera”.
Contiamo, nei prossimi numeri, alternandoli ad altri temi, di commentare l’intero documento.
Ci accompagnerà in questo cammino, don Giovanni Villata, presbitero dell’arcidiocesi di Torino, esperto di pastorale familiare, che dallo scorso numero ha sostituito mons. Giancarlo Grandis come curatore della rubrica Lettere alla rivista.
Errata corrige
Nello scorso numero le foto di pag. 1, 8 e 16 sono da attribuire a Patrizio Righero, che gentilmente ce le ha fornite.
4-LA GIOIA DELL’AMORE
Amoris laetitia non è semplicemente - o non è soltanto - un documento del Magistero su coppia umana e famiglia. Come dichiara il titolo, il testo postsinodale parla, in un senso molto più largo, della gioia e dell'amore che si vivono all'interno della coppia e della famiglia.
Il titolo dato da papa Francesco alla sua esortazione apostolica postsinodale può essere confrontato, in maniera istruttiva, con quello del precedente documento omologo di san Giovanni Paolo II, denominato Familiaris consortio (1981). Il titolo Amoris laetitia non presenta immediatamente come argomento la coppia e la famiglia, come invece, quasi quattro decenni fa, succedeva con Familiaris consortio.
Il documento di papa Francesco affronta sì il tema della famiglia, ma sotto il punto di vista specifico della gioia dell'amore. Non intende tanto dare stimoli e norme per la correttezza della coppia e della famiglia sul piano dei comportamenti morali e delle scelte, ma vuole affrontare la questione di come si possano aiutare coppie e famiglie a vivere nella maniera più intensa possibile, al loro interno, la gioia dell'amare. L'ambizione di Amoris laetitia è iscrivere il messaggio biblico sulla coppia umana e, in particolare, sull'unità del matrimonio all'interno del tema dell'amore e della gioia. La visione di Gesù sulla coppia umana - che rimane certo fedele a quella biblica, anzi la radicalizza - va letta all'interno del kerygma fondamentale e della gioia che deve scaturire dal Vangelo.
In fondo il titolo Amoris laetitia, più che l'esortazione Familiaris consortio di san Giovanni Paolo II, sembra riecheggiare la prima e programmatica esortazione dello stesso Papa Francesco, ossia Evangelii gaudium.
La gioia dell'amore coniugale e familiare è dunque da interpretare come un gaudio che proviene non tanto dall'equilibrio di queste istituzioni, ma dal messaggio gioioso del Vangelo stesso. Il tema diretto è la gioia, da collegare con il gaudio prodotto dall'annuncio del Vangelo.
Ermenegildo Manicardi, Tratto da: Noi, famiglia e vita, novembre 2018
5-L’AMORE CONIUGALE
Una vita che mi è alleata per tutta la vita: ecco il miracolo del matrimonio. Una vita che vuole il mio bene quanto il suo, perché si confonde col suo: e se non fosse per tutta la vita sarebbe ancora una minaccia, quella minaccia che sempre è latente nei piaceri che ci procura una “relazione amorosa”. Ma quanti uomini conoscono la differenza tra un'ossessione che si subisce e un destino che si sceglie?
Denis de Rougemont
a cura della Redazione
Dopo il trionfo del matrimonio romantico a scapito del matrimonio combinato la modalità con cui l’uomo e la donna si incontrano e si scelgono è tipicamente quella dell’innamoramento.
Innamorarsi…
“L'innamoramento è sicuramente un'esperienza positiva e necessaria, è la grande spinta che porta l’io a uscire da sé per incontrare l'altro”, scrive Battista Borsato (1). “Questa spinta è così forte che non è tanto l’io a scegliere di andare, ma vi è quasi obbligato: l’ìo è come posseduto dall'amore. Platone lo chiama ‘delirio divino’, altri raptus, estasi.
La persona risulterebbe quindi gestita dall'amore invece che essere lei a gestirlo; se ne sarebbe quasi invasata e quindi espropriata.
L'innamoramento, di conseguenza, provoca il crollo dei confini dell’io, che perde la sua distanza e differenza: c'è la fusione con l'altro. C'è la proiezione della propria immagine sull'altro. L'altro non è visto nella sua realtà, ma è trasfigurato in una sorta di idealizzazione”.
“L’innamoramento è un ‘evento’ che si impone sul soggetto”, annota Francesco Alberoni (2). “Il nostro amore non è nelle nostre mani, ci trascende, ci trascina e ci costringe a mutare”.
Capita però che, se le persone scambiano la fascinazione nei confronti dell’altro per un vero innamoramento, la “storia” abbia breve durata.
“Questo tipo di processo”, continua Alberoni (3), “avviene negli adolescenti, perché non hanno un vero e proprio passato e non hanno ancora un progetto di vita; negli amori estivi, in cui le persone si incontrano in un ambiente completamente diverso e non fanno progetti a lungo termine visto che la vacanza deve finire; abbastanza spesso fra la gente che viaggia, cambia città, lavoro. Ma avviene sempre più spesso fra persone che non vogliono legarsi, non vogliono prendere impegni, e che desiderano solo vivere una intensa esperienza erotico-amorosa. In questo caso, dopo alcune di queste storie, costoro finiscono per provare un senso crescente di vuoto, di incompletezza. Perché l’amore è cambiamento, è azione, mentre loro si sono presi solo una vacanza da se stessi”.
…e lasciarsi
“La coppia innamorata cambia casa, lavoro, modo di pensare, ricostruisce il mondo attorno a sé”, ”, scrive sempre Alberoni in una sua rubrica (4). E continua: “Ma questo è un processo ad un tempo emotivo ed intellettuale. Se non viene compiuto, o viene compiuto male, ne risulta compromesso anche l’amore”.
Si possono commettere due tipi di errori. “Il primo è quello in cui due persone, quando scocca l’attrazione reciproca, si gettano subito l’uno nelle braccia dell’altro, e vivono una esperienza di erotismo straordinario senza pensare, senza parlare, separati dal mondo reale. Non vogliono pensare al passato, tantomeno vogliono pensare al futuro. In questo modo non approfittano della straordinaria plasticità dell’innamoramento che consente di cambiare, di modellarsi l’uno sull’altro. Perciò, dopo un certo periodo di tempo, finita l’ebbrezza erotica, scoprono di essere diversi e ciascuno rimprovera l’altro di essere ciò che è.
Nel secondo caso l’innamorato parla, dice di sé, ma viola una regola fondamentale dell’innamoramento: la verità. Per esempio l’innamorato racconta all’amata la sua vita, ma non la mette in discussione, non la critica, non accetta di rinnovarsi. Dice: ‘Io sono fatto così, devi prendermi come sono’. Un altro esempio è quello dell’innamorato che, per fare bella figura, nasconde gli aspetti della sua vita di cui si vergogna. Oppure si vanta di qualità che non ha, di successi inesistenti. In questo modo si costringe a vivere nell’inautenticità nel preciso momento in cui potrebbe essere finalmente libero. Infine, da ultimo, vi è il caso della persona che, per compiacere l’amato, per timore di perderlo, rinuncia ad un desiderio profondo, ad una aspirazione essenziale. Questi errori minano in modo sotterraneo la coppia fino al momento in cui, inevitabilmente, esploderà”.
Dall’innamoramento all’amore
“Quando si è innamorati sembra di essere arrivati, sembra che non ci sia bisogno di altra evoluzione o costruzione”, riprende Borsato.
“L'amore, al contrario, è la ripresa dei propri confini e dei confini dell'altro. È il passaggio dalla fusione alla relazione. Questo passaggio è possibile quando si discioglie parzialmente o totalmente l'innamoramento, o quel tipo di innamoramento. Solo così può nascere l'amore. Molti vedono questo scioglimento come la fine dell'amore, e invece può esserne l'inizio”.
“Troppo poco si è fatto in campo educativo per svelare questa differenza e così si sono creati disagi nelle persone e nelle coppie. Non si è mai detto sufficientemente che l'amore non è tanto sentire delle emozioni, ma è promuovere sé stessi e l'altro, che è una realtà da costruire e da far crescere nell'ascolto, nel confronto, nell'analisi dei propri atteggiamenti, nella pulizia dei propri affetti”.
“L'amore è una realtà viva e, come ogni realtà viva, può crescere e può morire. Oggi assistiamo con amarezza al finire e al decadere di molti amori coniugali. Come mai molti matrimoni, iniziati con tanto calore e con grandi promesse, diventano luoghi di indifferenza o addirittura di odio reciproco? È una domanda inquietante”.
Il matrimonio
L’istituzione matrimoniale, da quando si è diffuso l’amore romantico, è stata sempre criticata e derisa, come quando si afferma che è “tomba dell’amore”.
In realtà, scrive Giorgio Campanini (5) “più che ‘tomba dell'amore’, il matrimonio è chiamato a diventare, attraverso l'umanizzazione della sessualità che si attua al suo interno, ‘tomba dell'amore selvaggio’, dell'amore cioè che si esprime come semplice soddisfacimento degli impulsi sessuali. Con il matrimonio e attraverso il matrimonio la sessualità transita dal mondo della necessità a quello della libertà e da istinto si fa dono, mutando di conseguenza il suo punto di riferimento: non si pone più nell'ottica dell'utilizzazione strumentale dell'altro e dunque della ‘appropriazione’ di questo attraverso il gesto sessuale, bensì nella prospettiva del dono di sé all'altro, inserendo in questo modo lo stesso gesto sessuale nella totalità dell'esistenza personale”.
“Si è sposi”, aggiunge Borsato, “per stimolarsi reciprocamente a individuare e a raggiungere la propria identità e, siccome ognuno è unico, irripetibile e diverso, a sviluppare la propria differenza e diversità. Per questo si dice che la prima fecondità della coppia è partorirsi l'uno con l'altro: lo sposo deve partorire la sua sposa e la sposa il suo sposo. Amare una persona è mettersi al suo servizio per far germinare le sue potenzialità, per chiamarla all'esistenza, per farla essere di più. Il per sempre è all'interno dell'amore, appartiene alla sua natura, in quanto la persona si sviluppa nel tempo: il tempo non è qualcosa di esterno ad essa, ma è quello che la costituisce”.
L’amore fedele “non è un eroismo, né una sfida, ma una paziente e tenace applicazione”, annota Umberto Galimberti (6). “Se l'amore-passione, che alimenta la visione romantica dell'amore, è una sorta di evasione dal mondo per toccare in sogno la felicità assoluta, l'amore-azione che fonda il matrimonio non evade dal mondo, ma assume il proprio impegno in questo mondo, non per un'immotivata presa di posizione a favore della fedeltà, ma perché, attraverso di essa prende avvio quell'azione d'amore che di continuo crea l'altro come si crea un'opera. Naturalmente tutto ciò diventa comprensibile se appena si riesce a concepire l'amore non come uno stato, qual è per esempio la condizione dell'innamorato, ma come un atto che, invece di divinizzare il desiderio e la sua incontenibile brama che consuma la vita, sta alla parola data e, a partire dalla fedeltà al patto, prende a costruire scenari d'amore”.
1 L’avventura sponsale, Edizioni Dehoniane, Bologna 2006
2 Innamoramento e amore, Garzanti Editore, Milano 1979
3 Fonte: https://www.corriere.it/Rubriche/Solferino/alberoni210502.shtml
4 Fonte: https://www.corriere.it/Rubriche/Solferino/alberoni180102.shtml
5 Voce “matrimonio”, in Teologia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2002
6 Le cose dell’amore, Feltrinelli Editore, Milano 2008
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Ci capita ancora di innamorarci? Di chi, di che cosa ci innamoriamo?
• Che cos’è per me l’amore? Che cosa vuol dire per me amare?
• Quanto il matrimonio mi ha cambiato? Quanto ci ha cambiati? Ci cambia ancora?
6-L’AMORE CONIUGALE SECONDO LA SOCIETÀ
L’amore è una questione privata che sembra non importare nulla alla società. Lo stesso sembra valere anche per i figli
a cura della Redazione
I film e gli sceneggiati trasmessi in televisione contengono quasi sempre storie di amore: i due si conoscono, si frequentano, si tradiscono, si lasciano, si riconciliano ma di matrimonio non c’è quasi mai traccia. Sembra che non sia più di moda, che sia un argomento che danneggia l’audience.
Verso l’estinzione del matrimonio?
Giustamente Luciano Moia (1) annota che nel giro degli ultimi cinquant’anni i matrimoni in Italia (civili e religiosi) si sono dimezzati passando da 400mila a meno della metà.
Cinquant’anni fa le convivenze erano una rarità, oggi sono un fenomeno diffuso al punto che un terzo dei bambini - dati Istat 2017 - nasce fuori dal matrimonio.
Le cause sono tante e sono sì economiche ma soprattutto culturali.
Battista Borsato (2) prova ad elencarne alcune.
La cultura della persona
“Oggi più di ieri”, scrive l’autore, “c'è attenzione alla persona e non solo nella sua dignità, ma nella sua irripetibilità e unicità. Di qui nasce la dialettica tra persona e coppia. Può la persona restringersi per vivere la vita di coppia? Può la vita di coppia esigere la mortificazione della persona? Può la vita di coppia essere vitale quanto le due persone sono mortificate? Comunione e persona non sono due realtà né antitetiche, né parallele. Uno è per l'altro. La comunione, quindi, non può essere costruita sulla mortificazione e sul soffocamento di una persona o di tutte e due”.
Infatti, “vivere per la coppia, farsi coppia oggi significa, innanzitutto, coltivare sé stessi, che ci piaccia o no, coltivare cioè la nostra persona”, annota Mariano Maggiotto (3). Serve “ascoltare sé stessi, amare sé stessi, far crescere la propria vita personale”, perché “l’atto supremo dell’amore è il dono totale di una persona all’altra all’interno della coppia, ma questo dono di sé all’altro è un dono che è tanto più prezioso quanto più viene coltivato”.
La cultura della libertà
“Libertà è una delle parole magiche più celebrate”, prosegue Borsato. “Liberarsi dalla dipendenza di altri è l'impegno di ognuno per diventare persona. Qui è nata anche la critica alla religione vista come dipendenza dalle autorità religiosa e, alla fine, da Dio considerato padrone”.
Ma questa libertà sembra configgere con la realtà di coppia. Alessandro D’Avenia (4), commentando il film La La Land, scrive “Il noi non rientra nel sogno o nel piano dei protagonisti. L’altro serve o a dopare l’ego emotivo (mi fai stare bene), o per sostenere l’ego carrieristico (fai il tifo per me)”.
Eppure solo chi è veramente libero e ama veramente può scegliere qualcosa, come il matrimonio, che continua nel tempo e che può durare.
La cultura del piacere o della felicità
La morale del dovere, che ha dominato per tanto tempo la teologia e la nostra cultura, trova sempre meno credito. Oggi infatti si sta riscoprendo il valore del piacere, ovviamente non fine a sé stesso.
“Vivere la vita non per il piacere, ma con piacere dona alla persona la voglia di un rapporto libero e meno passivo”, scrive ancora Borsato. “Trarre gusto da quello che si fa crea nella persona l'equilibrio, la serenità e anche lo stimolo per continuare nel proprio impegno e nel proprio compito. Chi non vive con piacere la sua vita forse si aggrappa all'altro con l'avidità per compensarsi di ciò che gli manca. Occorre guardare al piacere e alla ricerca della felicità con meno sospetto di qualche anno fa”.
La felicità, infatti, sgorga dalla capacità di amare e da quella di farsi amare.
La cultura del provvisorio
“Un'altra caratteristica del nostro tempo è la paura del definitivo e dell’irreversibile. Parlare dell'impegno indissolubile incute sgomento”, prosegue l’autore.
“Essendo l'uomo un essere fallibile, come può fare scelte infallibili e indiscutibili? Oggi domina nella società il criterio della reversibilità: in campo politico vige minore fissità ideologica, c’è mobilità nel campo del lavoro, in campo affettivo-sessuale c'è il divorzio. Questa idea di reversibilità serpeggia trasversalmente in tutti i gruppi sociali e quindi anche nei gruppi cattolici. È un modo di pensare nuovo. Un tempo c'erano un mestiere fisso, un coniuge fisso, una religione unica, una idea precisa”.
Se da un lato non dobbiamo pensare moralisticamente al disimpegno dei singoli, dall’altro Giordano Muraro (5) ci ricorda che “un amore costruito sulla Parola del Signore è come una casa costruita sulla roccia: nessuna vicenda potrà distruggerla”, perché nella fede, “il Signore ci rende capaci di amare come Lui ama, e ci dà una forza nuova di amare che è il Suo stesso amore".
La promozione della donna
“La donna ha preso coscienza della sua dipendenza dal marito e, a volte, anche del suo sfruttamento e giustamente non accetta più che sia il marito a decidere la conduzione della famiglia” sottolinea Borsato. “Certamente potrà sembrare che questa rivendicata parità di peso e dignità frantumi e destabilizzi l'unità della coppia, però si destabilizza una falsa unità per progettare la vera unità”. Contemporaneamente, “la donna non accetta che il suo ruolo sia ridotto all'essere madre, cioè riconosce che la maternità è una dimensione importante del suo essere persona, ma non esaurisce tutta la sua identità”.
Tutto questo può avere anche un lato oscuro che Costanza Miriano (6) riassume provocatoriamente in una domanda: “Noi donne ci siamo, per così dire, emancipate, abbiamo conquistato la libertà di scegliere, nel lavoro, nell’amore, nella vita. Ma a che prezzo? Siamo davvero più felici? E soprattutto, rendiamo più felici le persone che ci sono affidate?”.
Verso l’estinzione delle nascite?
Anche se l’affermazione è volutamente esagerata, resta il fatto che la natalità in Italia è da tempo segnata da una profonda crisi, stiamo diventando un Paese senza bambini.
Il dato più preoccupante - e segnalato solo recentemente - è costituito dalla diminuzione della popolazione femminile in età fertile, pari a circa 900mila donne in meno nell’arco dell’ultimo decennio (7).
Cosa si può fare per invertire questa tendenza così negativa?
Scrive Borsato: “Forse il linguaggio corrente che descrive il figlio come ‘frutto dell'amore’ ha portato a pensare il figlio come ‘oggetto’ e non come soggetto. Indubbiamente il figlio non può stare senza la coppia. Egli non può essere persona se non nella coppia, nell'avere un padre e una madre.
Ma è proprio vero che la coppia può fare a meno dei figli? Senz'altro la coppia ha una consistenza che il bambino non può avere, ma pare importante riscoprire che anche la coppia può crescere grazie al figlio, ai figli.
Il figlio impegna la coppia a incarnarsi nella concretezza dei problemi. Il figlio, possiamo dire, è il luogo dove avviene l'immersione nell'oggi dei genitori e anche, spesso, il loro rinnovamento e una conversione di mentalità. Vivendo con il figlio la coppia si immerge nella sua realtà ed è, così, quasi obbligata a non fissarsi nella rigidità dei principi, ma a interrogarsi continuamente, e a porsi in discussione”.
Però servirebbe poter lavorare - quando i bambini sono piccoli - a tempo parziale, a non aver problemi ad accedere agli asili-nido, a non essere penalizzati sul lavoro se si sceglie di usufruire dei congedi per maternità-paternità.
Purtroppo tutto ciò in Italia è sovente una chimera e il figlio, o il secondo o terzo figlio, sono un “lusso” di cui, solo se si è molto determinati, si può godere.
Un altro motivo che spinge la coppia a non avere figli è la paura del futuro.
Ma “il figlio esprime non soltanto la speranza di un futuro di Dio, che spesso è diverso da quello che noi immaginiamo, ma esprime la possibilità di un effettivo cambiamento”, conclude Borsato. “Il figlio è la modalità, non unica ma certamente densa e originale, con cui la coppia serve e anima la speranza del mondo e si apre al futuro”; e questa modalità non è alternativa all’impegno nel sociale, ma lo qualifica.
1 Avvenire, 4 dicembre 2018
2 L’avventura sponsale, Edizioni Dehoniane, Bologna 2006
3 Scuola per Famiglie di Pederobba (TV)
4 Fonte: corriere.it
5 Prometto di esserti fedele sempre, Edizioni Piemme, Casale Monferrato (AL) 2006
6 Fonte: sonzognoeditori.it
7 Fonte: ilsole24ore.com
Per il lavoro di coppia e di gruppo
Se ci chiedessero ragione del nostro essere sposati cosa risponderemmo?
Chi, che cosa ci condiziona, ci fa sentire meno liberi?
L’emancipazione femminile in che modo si è manifestata a casa nostra?
7-L’AMORE CONIUGALE SECONDO LA CHIESA
La lunga fatica della Chiesa per arrivare a dotare il matrimonio non solo di “fini” ma anche di “senso”: l’amore
di Franco Rosada
La riflessione sul matrimonio non sembra trovare grande spazio nel Nuovo Testamento.
Al contrario del Primo Testamento (1), in cui la realtà di coppia, anche se con molte più ombre che luci era largamente presente - dai patriarchi fino a re Davide e oltre - i Vangeli e gli altri scritti neotestamentari ci parlano raramente – p.e. nell’episodio di Cana in Giovanni, con Anania e Saffira e Aquila e Priscilla in Atti - di coppie.
C’è più attenzione alla famiglia: p.e. quella di Pietro, del Centurione, di Lazzaro e delle sue sorelle; questa è anche una caratteristica dell’epoca, in cui la famiglia patriarcale tende a prevalere sui rapporti dei singoli membri.
Il primo cristianesimo
Quasi subito il Cristianesimo - con Paolo - viene a contatto con la cultura greca e tende ad assorbire le idee culturali di quel contesto - tipicamente stoiche - che disprezzano la corporeità (la carne) privilegiando la spiritualità (l’anima).
Purtroppo, a causa delle contingenze storiche di Israele, la componente ebraica del cristianesimo - portatrice di una cultura meno sofisticata e concreta - viene presto resa minoritaria ed insignificante.
I Padri della Chiesa (2), di conseguenza, hanno avuto difficoltà ad avere una visione positiva del corpo umano, in particolare del corpo della donna, sentito solo come incentivo di peccato e non come strumento di salvezza.
Qualche autore, per esempio Tertulliano e San Girolamo, ha parlato non solo di orrore per il vizio ma persino di horror feminae. Gregorio di Nazianzo nel suo primo carme “lode della verginità” insiste più volte sul peso odioso della carne e definisce il matrimonio come chiodo che vincola la carne alla terra.
L'esperienza di Agostino è emblematica: subì il fascino della contemplazione spirituale della bellezza e ciò gli rese difficile apprezzare totalmente la positività dell'amore corporeo nuziale sacramentale, essendo l'anima “caduta” in un corpo mortale.
Il senso e i fini del matrimonio
Di conseguenza, il pensiero di Agostino sul matrimonio - determinante per le prime riflessioni teologiche - si è concentrato soprattutto sui “fini” dell’istituzione, ponendo al centro procreazione e indissolubilità e tenendo in ombra il “senso”.
Quando il Cristianesimo diventa religione di Stato dell’Impero romano, il nascente diritto canonico tende a recepire e talvolta ad assumere acriticamente le norme della legislazione vigente, rendendo in questo modo molto indefiniti i confini tra morale e diritto. Questa situazione è ben riassunta nell’affermazione del giurista romano Modestino (3), secondo cui "le nozze sono l'unione tra uomo e donna implicante un consorzio di tutta la vita, retta dal diritto divino e umano".
La stessa vivacissima controversia che per secoli ha contrapposto fra loro i sostenitori della “unione carnale” oppure del “consenso” come elemento costitutivo del matrimonio, senza il quale il sacramento non è valido, è sempre rimasta prigioniera della logica dei fini.
Il matrimonio sacramento
Tutto ciò porta ad una tardiva sacramentalità del matrimonio. Dobbiamo attendere fino al 1215, con il concilio Lateranense IV, per trovare una regolamentazione organica, sia liturgica che giuridica, del matrimonio (4) ma per arrivare alla definizione della sua sacramentalità dobbiamo attendere fino al 1439, con il Concilio di Firenze.
Nella bolla di unione con gli Armeni si legge: “Triplice è lo scopo del matrimonio: primo, ricevere la prole ed educarla al culto di Dio; secondo, la fedeltà, che un coniuge deve conservare verso l'altro; terzo, l'indissolubilità del matrimonio, perché essa significa l'unione indissolubile di Cristo e della Chiesa”.
Il concilio di Trento non farà che confermare questa definizione, sottolineando ancora di più, se ve ne fosse bisogno, una visione estrinsecista - cioè di fuori, dall'esterno - della Chiesa riguardo al matrimonio.
E l’amore tra i coniugi? Non era certo un fine primario!
Matrimonio e amore
Nella storia della Chiesa l’amore coniugale è stato come un fiume carsico, che è emerso solo in alcuni momenti particolari.
Infatti, per lungo tempo la Chiesa si è chiesta soprattutto a che cosa servisse il matrimonio - e dunque come potesse essere giustificato l'uso della sessualità, anche nel matrimonio - assai meno si è interrogata su che cosa fosse il matrimonio e quale fosse significato di questa particolarissima relazione tra uomo e donna voluta da Dio.
Così la categoria dell’amore coniugale appare solo in alcuni teologi scolastici, come Ugo di San Vittore (XII secolo) e, sul fronte laico, nel quasi contemporaneo affermarsi dell'amor cortese presso le corti provenzali.
Ricompare con la rivoluzione romantica dei sentimenti avviata tra la fine del Settecento e i primi decenni dell'800.
L’amore, a lungo apparso antitetico al matrimonio, viene riproposto invece come elemento centrale dello stesso, poiché il matrimonio senza amore comincia ad apparire allora - purtroppo solo da allora - privo di senso e quindi indegno di essere sia contratto sia mantenuto.
Chiesa e amore coniugale
Questo cambiamento di prospettiva non si verifica nella Chiesa ma altrove, nell'ambito della cultura laica e per effetto dello sviluppo delle scienze umane. Di qui la radicale critica dell'istituzione del matrimonio, critica che coinvolge la stessa Chiesa in quanto sostenitrice di una visione “estrinsecistica” dello stesso.
In seguito, la crisi del modello patriarcale di famiglia e la legittimazione del piacere sessuale ad opera della psicologia moderna completano il processo di mutamento culturale che ha portato a far emergere una concezione personalistica del matrimonio.
A conclusione di un lungo e travagliato processo di riflessione critica, il Concilio Vaticano II ha potuto inserire l'amore - categoria sino ad allora rimasta quasi completamente estranea alla teologia del matrimonio - all'interno stesso del matrimonio, facendone anzi la struttura portante, definendo il matrimonio come “comunità di vita e di amore” (GS 48).
Nell'ottica del Vaticano II, il matrimonio cessa di apparire come una struttura essenzialmente orientata a finalità ad esso estrinseche - dalla propagazione della specie alla trasmissione della fede di padre in figlio - per assumere il significato di una realtà intrinsecamente carica di senso e dotata di una molteplicità di valori e di fini.
In questa nuova prospettiva il matrimonio viene riscoperto come luogo di santificazione e di salvezza, come missione e come ministero prettamente laicale, come segno della presenza di Dio nella storia degli uomini, come via di umanizzazione della sessualità e delle relazioni interpersonali, contro la tendenza - insita nella stessa forza dirompente della sessualità - a fare della relazione uomo-donna una realtà ripiegata su sé stessa e non, invece, una struttura di reciprocità, ed appunto per questo di umanizzazione.
Il senso del matrimonio
Se tuttavia era stato relativamente facile individuare i contenuti fondamentali dell'etica coniugale muovendo dalla teoria dei fini, è invece difficile oggi tracciare le linee di un’etica coniugale che espliciti l’essenza profonda del matrimonio: compito peraltro irrinunciabile per un'etica cristiana che voglia raccogliere la sfida su più fronti che proviene dalla cultura contemporanea.
Parafrasando l'affermazione di Giovanni Paolo II “famiglia, diventa ciò che sei!”, alla coppia cristiana è affidata la missione di “diventare sempre più quello che è, ossia comunità di vita e di amore, in una tensione che, come per ogni realtà creata e redenta, troverà il suo compimento nel regno di Dio” (FC 17).
La sostanza dell'etica coniugale cristiana non va ricercata fuori della coppia ma al suo interno, attraverso lo sviluppo delle potenzialità che nello stesso piano di Dio le sono state assegnate. Si profila, in questa prospettiva, il rischio del soggettivismo - cioè che ogni coppia si costruisca una sua “morale” – rendendo così vano ogni riferimento oggettivo. L'oggettività dei valori può essere però recuperata attraverso una riflessione condotta dalle stesse coppie su ciò che il matrimonio cristiano è chiamato a diventare: una forma di “imitazione di Cristo” realizzata non più individualmente ma coniugalmente.
In questo senso l'etica coniugale cristiana può essere ricondotta all'espletamento della “missione di custodire, rivelare e comunicare l'amore, quale riflesso vivo [...] dell'amore di Cristo per la Chiesa sua sposa” (FC 17).
(1) Settimio Cipriani, voce “Matrimonio”, Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1988.
(2) Giorgio Mazzanti, Teologia sponsale e sacramento delle nozze, Edizioni Dehoniane, Bologna 2001, p. 79.
(3) Fonte: wikipedia.org
(4) Fonte: zenit.org
La seconda parte dell’articolo è fortemente debitrice delle riflessioni sul tema di Giorgio Campanini, in particolare nel libro: Il sacramento antico, Edizioni Dehoniane, Bologna 1995 e nella voce “matrimonio”, in Teologia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2002.
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Quando, per voi, il matrimonio che avete contratto è diventato “sacramento”?
• “Famiglia, diventa ciò che sei!”. Cosa dobbiamo fare per diventare una forma di “imitazione di Cristo”?
8-L’AMORE CONIUGALE SECONDO DIO
L’amore tra uomo e donna è specchio dell’amore trinitario di Dio anche se, dopo il peccato, lo specchio si è offuscato
a cura della Redazione
“Lo stretto legame che, da sempre, intercorre fra Dio e il matrimonio fa sì che esso si possa fare autenticamente ‘teologia’ ”, cioè ci possa insegnare qualcosa su Dio proprio “perché Dio si manifesta attraverso il mistero del matrimonio”, scrive Giorgio Campanini (1).
“Anche per questo risulta impossibile, in una prospettiva cristiana, confinare il matrimonio nelle sole aree dell'antropologia, della sociologia, dell'etica, e via dicendo.
Su questo dato vi è un sostanziale consenso fra tutti i cristiani. Come ha scritto Karl Barth (2), il matrimonio è ‘rivelazione della relazione tra Cristo, che è lo sposo, e la sua immagine, che è la sposa’ ”.
Dio è amore
“L'amore umano appare la fonte della vita e della felicità, perché è una scintilla divina, un attimo della vita della Santissima Trinità. Dio infatti è presentato e descritto come amore: l'origine e la manifestazione piena dell'amore”, precisa Alberto Panimolle (3).
“Dio vive nell'amore e di amore, egli opera perché ama: la creazione e la storia trovano la loro ragione ultima nel suo amore. Per quale ragione esiste l'universo? Qual è la causa ultima dell'origine dell'umanità? Perché Dio è intervenuto nella storia dell'uomo, formandosi un popolo al quale affidare promesse di salvezza e di redenzione? Per quale motivo nella pienezza dei tempi il Padre ha inviato l’unico suo Figlio sulla terra? La risposta a questi analoghi interrogativi si trova nell'amore di Dio”.
L’amore rivelato
“L'Antico Testamento”, continua Panimolle, “non offre in modo esplicito una spiegazione di questo amore, perché la presuppone. Questa riflessione sarà fatta negli stadi più recenti della rivelazione. In effetti nel Libro della Sapienza è proclamato senza equivoci che Dio ama tutte le sue creature: ‘Ami tutte le cose che esistono e niente detesti di ciò che hai fatto’ (cfr Sap 11,23-26).
La morte in croce del Cristo per l'umanità peccatrice costituisce la prova più concreta è più eloquente dell'amore di Dio per gli uomini (Rm 5,8). Dio non avrebbe potuto immaginare e offrire un segno più eloquente e più forte del suo ardente amore per noi peccatori: ‘Così Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Figlio, l’Unigenito’ (Gv 3,16).
Dio è amore! Egli ama sempre. Il suo amore non si limita all'atto della creazione, ma si manifesta continuamente nell'esistenza dell'umanità. La storia della salvezza è la più eloquente e concreta rivelazione dell'amore del Signore, anzi forma il più affascinante dialogo di amore tra Dio e l'uomo”.
La Trinità e la coppia umana
“Dio in sé stesso è uno e trino: una natura vissuta dalle tre persone divine”, scrive Giorgio Mazzanti (4). “Dio vuole comunicare questa sua realtà (teologia) alla creazione umana e cosmica (economia), pro/getta all'umanità la propria vita intima; Dio vuole che la sua realtà teologica diventi realtà economica, che la sua vita intima divenga modello e contenuto della vita dell'umanità che gli stesso crea.
Dio rende partecipabile la propria tri/unità all'umanità in modo nuziale tramite il Figlio.
Questi, in quanto Verbo, uno della Trinità, che si farà una caro (una carne sola) con l'umanità, si dona e si mette come fondamento della coppia umana, in quanto passa e comunica qualcosa della propria origine assoluta, del proprio vissuto alla costituzione/relazione dell'uomo e della donna.
È dalla sua realtà più intima e profonda che Dio ha creato l'uomo e la donna pensandoli uniti pur nella distinzione e, anzi, in forza e in grazia della distinzione. Dio li ha pensati come mistero partecipe del suo mistero di vita e di realtà personale, comunicato nel mistero di Cristo sposo”.
L’amore incarnato
“Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (Gn 1,26s.): chiamandolo all’esistenza per amore, l’ha chiamato nello stesso tempo all’amore”, Ha scritto san Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio (n.11). “Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in sé stesso un mistero di comunione personale d’amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità, dell’amore e della comunione. L’amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano. In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l’uomo è chiamato all’amore in questa sua totalità unificata. L’amore abbraccia anche il corpo umano e il corpo è reso partecipe dell’amore spirituale”.
L’amore e il peccato
“Riconoscere nel matrimonio la presenza di Dio - ciò che Dio ha congiunto - non significa tuttavia occultare le tracce, profonde ed ambigue, della presenza - e dunque del peccato - degli uomini”, commenta Campanini.
Il peccato è origine di quella durezza di cuore che Gesù denuncia (cfr Mt 19,8a) e che ci impedisce di vedere “la presenza di una realtà divina nella congiunzione del maschio/uomo con la femmina/donna; nel non vedervi una realtà che viene dall’archetipo e quindi da Dio stesso, che li ha tratti dal proprio principio, fino a considerare tale realtà come qualcosa che l'uomo e la donna possono gestire da soli e a proprio piacere, sganciati da quell’archetipo che li sostiene”, scrive ancora Mazzanti.
“La durezza del cuore umano, non vede o non vuole vedere la bontà originaria della congiunzione uomo-donna né la considera partecipativa della vita e della realtà di Dio stesso. Non conosce e non ammette la bontà della relazione: né tra uomo e donna né tra loro e Dio”.
La fatica dell’amore
“L'amore non tradisce. È sempre gioia, sicurezza, presenza rassicurante, forza di vita, speranza aperta al futuro. Ma tutto questo non si realizza più in modo facile e spontaneo.
L'amore è sempre amore, ma, dopo il peccato, è diventato difficile”, aggiunge Giordano Muraro (5). “Possiamo fare un esempio: si può prendere la funivia del Monte Bianco e godere comodamente e senza fatica del fascino delle vette, ma si può godere lo stesso spettacolo con lo zaino sulle spalle e ramponi a piedi, ansimando per la fatica. La bellezza del paesaggio e il godimento è uguale, ma è accompagnato dalla fatica”.
“Oggi Il cammino dell'amore è diventato duro e faticoso, anche se la fatica non toglie nulla alla sua bellezza”, sottolinea Muraro. “La colpa non è dell'amore. Non è vero che l'amore promette molto e mantiene poco. La colpa è dell'uomo che non sa viverlo. Per garantire continuità all'amore, l'uomo e la donna devono dissodare e arricchire il terreno della propria persona; cioè devono lavorare su di sé, sul proprio carattere, sulle proprie abitudini e mentalità e creare in sé quelle disposizioni che sono necessarie per stabilire un'intesa profonda.
Altrimenti può capitare come al seme, che fa esplodere la sua energia e germoglia (il colpo di fulmine, l'innamoramento, l’emozione intensa e appassionata) ma non trovando poi un terreno preparato e fertile, secca e muore. All'innamoramento appassionato può subentrare la delusione e la nostalgia di un tempo felice che non ha avuto seguito, di un'alba che non è diventata giorno. Così il ciclo dell'amore si esaurisce nella sua prima fase, quella dell’emozione amorosa. La persona non passa alla fase successiva - quella che dà i veri frutti - e che trasforma l’emozione amorosa nella scelta della persona con la quale si elabora e si costruisce un progetto di vita”.
(1) Voce “matrimonio”, in: Teologia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2002.
(2) Il suo libro: Epistola ai Romani, è considerato da molti come un pilastro teologico del Novecento, insieme al Vaticano II.
(3) Voce “Amore”, in: Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1988.
(4) Teologia sponsale e sacramento delle nozze, Edizioni Dehoniane, Bologna 2001.
(5) Prometto di esserti fedele sempre, Edizioni Piemme, Casale Monferrato (AL) 2006.
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Quando e in quali circostanze abbiamo fatto esperienza dell’amore di Dio?
• Come siamo passati dall’innamoramento all’amore coniugale?
• Quali sono le “fatiche” che incontriamo nel rinnovare ogni giorno il nostro amore?
9-IL MATRIMONIO
Tenerezza, amicizia e passione: su questi tre elementi si fonda quell’unione affettiva che è il matrimonio
L’inno di san Paolo, che abbiamo percorso, ci permette di passare alla carità coniugale. Essa è l’amore che unisce gli sposi, santificato, arricchito e illuminato dalla grazia del sacramento del matrimonio.
È “un’unione affettiva”, spirituale e oblativa, che però raccoglie in sé la tenerezza dell’amicizia e la passione erotica, benché sia in grado di sussistere anche quando i sentimenti e la passione si indebolissero […].
Tale amore forte, versato dallo Spirito Santo, è il riflesso dell’Alleanza indistruttibile tra Cristo e l’umanità, culminata nella dedizione sino alla fine, sulla croce: “Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi come Cristo ci ha amato. L’amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale”.
Amoris laetitia n.120
La tenerezza
La tenerezza è la via di umanizzazione della sessualità. La tenerezza offre quello che la sessualità coniugale da sola non può dare. Offre il riconoscimento stupito dell’incontro, il senso della gratuità e della meraviglia, la bellezza spirituale di un’intimità che vada oltre il solo scambio fisico. È la tenerezza che offre questo incontro, questa meraviglia di essere dono, accoglienza, condivisione.
La tenerezza decide della felicità stessa della coppia, parlo di felicità poiché la cosa che più colpisce quando le coppie vengono da noi e sono in difficoltà, è l’affermazione di lui o di lei: “non sono più felice”, è la frase che ritorna. Non sono più felice, perché non si è più felici? Perché non ci si sente più amati. La tenerezza è proprio questo: sentirsi amati e sentire di amare. Vivere la tenerezza è fondamentale per i coniugi e direi è fondamentale anche per i figli.
Carlo Rocchetta, Responsabile della Casa della Tenerezza (PG)
L’amicizia
L'amicizia è un dono prezioso. Il vero amico ti aiuta a scoprire chi sei veramente, al di là delle tue maschere. Un amico è colui che ti resta vicino quando tutti gli altri ti abbandonano, continua in silenzio con amore a raccogliere le tue lacrime, le gocce di sangue del tuo cuore ferito. L'amicizia è un Dono grande del cielo e va custodita, coltivata con grande gratitudine e amore. Un vero amico ti accoglie per ciò che sei, con tutte le tue fragilità, povertà e proprio perché le sa cogliere e continua a credere in te, ti aiuta a scoprire il meglio di te! L'amicizia è un dono inestimabile. Non darla mai per scontata, custodiscila sempre come un tesoro di raro valore che la vita ti ha regalato. Gli amici, le persone che amiamo e che ci amano sono il vero tesoro della nostra vita.
Chiara Amirante, fondatrice della comunità Nuovi orizzonti
La passione
La passione è fuoco che brucia, mentre l’Amore e fuoco che scalda. La passione è una cosa soggettiva: la vivi per te e per il tuo piacere, mentre l’amore è solo per l’altro, per il suo star bene. Banalmente la passione, vive benissimo anche senza l’amore e l’amore vive bene anche senza la passione.
Esaudendo la passione, si soddisfa un bisogno e poi è facile pensare al resto, mentre l’amore è il compagno fedele della tua quotidianità. Chi ama sa bene che se non lo/la pensi, lui/lei ….. pensa a te. L’amore è irrazionalità, mentre la passione è alla fin fine calcolo, ti prende, ti rapisce e poi, quasi sempre, la lasci andare. Solo l’amore, anche se si spegne, ti rimane sempre dentro, perché mal che vada, quel pezzo di vita fatto insieme, si radica in ogni tua cellula.
Concludo dicendo che la passione prende il corpo, ma solo l’amore s’insinua nel cuore come le intrusioni presenti nei diamanti; una doccia fredda smorza la passione mentre le gocce dei sette mari non faranno mai annegare l’amore; la passione si accontenta dei minuti mentre l’amore… ha l’eternità a disposizione.
Domenico Bumbaca, psicologo
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• La tenerezza è una dote solo femminile o si può coniugare anche al maschile?
• Come viviamo ed esprimiamo l’amicizia coniugale?
• Che peso ha avuto la passione nella nostra relazione?
10-IL MATRIMONIO CRISTIANO
Quando un uomo e una donna celebrano il sacramento del Matrimonio, Dio si “rispecchia” in essi
Questo comporta conseguenze molto concrete e quotidiane, perché gli sposi, “in forza del Sacramento, vengono investiti di una vera e propria missione, perché possano rendere visibile, a partire dalle cose semplici, ordinarie, l’amore con cui Cristo ama la sua Chiesa, continuando a donare la vita per lei”.
Amoris laetitia n.121
Il matrimonio in Cristo è matrimonio nello Spirito Santo
Il matrimonio nella Chiesa cristiana cattolica è un sacramento, cioè un segno con cui il cristiano (in questo caso i due sposi) manifesta pubblicamente la volontà di vivere le varie situazioni della sua vita secondo l'ideale di Gesù, che è la legge dell'amore.
Quindi l'amore che lega gli sposi cristiani non è semplicemente un sentimento, che oggi c'è e domani svanisce, ma è lo stesso amore che Gesù ha vissuto e ci ha mostrato con la sua vita: amore come dono di sé, gratuito, che non chiede niente in cambio. Amore che genera vita, e non una vita qualsiasi, bensì vita eterna!
Ecco la grazia del sacramento: è la gratuità dell'amore di Dio Trinità, di questa comunione divina che nel giorno del nostro matrimonio abbiamo sentito dentro di noi e accanto a noi, nella comunità testimone della nostra volontà di accoglierci l'un l'altra per sempre. Ma la nostra volontà spesso è debole: perciò Gesù risorto ci ha donato lo Spirito Santo, per aiutarci a vivere come Lui è vissuto.
Nella Bibbia lo Spirito è paragonato al vento: arriva all'improvviso, scompiglia quello che hai messo a posto con tanta cura e ti costringe a ricominciare da capo. Così nel matrimonio lo Spirito ci aiuta a metterci nei panni dell'altro e a cambiare il nostro punto di vista. Altre volte lo Spirito è paragonato al fuoco, che illumina, riscalda, fonde insieme metalli diversi, purifica dalle scorie: così nel matrimonio lo Spirito unisce le nostre inevitabili diversità, aiutandoci a capire ciò che è veramente essenziale perché il nostro rapporto sia fecondo.
Livia e Tonino Denanni
Tratto da GF57: La famiglia icona della Trinità
Tuttavia, non è bene confondere piani differenti: non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio”.
Amoris laetitia n.122
Non ci salviamo da soli
Questa indicazione ha una notevole rilevanza in quanto - per molto tempo, specialmente nella predicazione - non si è considerata sufficientemente la permanente conversione all'amore che l'esistenza coniugale comporta, per la natura di dono propria del sacramento.
Il modello divino non richiede di essere riprodotto dallo sforzo umano, ma di essere accolto come un dono che la pedagogia divina accompagna e sostiene, rispettando la gradualità della risposta umana. Il rischio di una morale eroica - sottilmente pelagiana [NdR ci si salva da soli, non serve la Grazia] - si insinua quando all'amore coniugale si domanda di rispecchiarsi nel modello Cristo-Chiesa senza tener conto che si tratta di accoglienza della Grazia.
Per tale ragione, anche quando si fa riferimento al matrimonio nell'ordine della creazione occorre ricordare che anch’esso è sostenuto dalla presenza di Cristo, e non si colloca semplicemente sul piano della sola natura, dal momento che il piano divino è unico e non frammentato: la grazia di Cristo ne è l'origine, il centro e il compimento.
Maurizio Gronchi, Amoris laetitia, Edizioni San Paolo, Milano 2016
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Nei momenti di difficoltà e fatica preghiamo lo Spirito Santo perché ci illumini con la sua Grazia?
• Dovere e amore: come si coniugano all’interno della nostra relazione?
• Sappiamo accettare i nostri limiti?
11-TUTTA LA VITA, TUTTO IN COMUNE
L’indissolubilità si radica nelle inclinazioni spontanee della persona umana e, per i credenti, è un’alleanza davanti a Dio
Dopo l’amore che ci unisce a Dio, l’amore coniugale è la “più grande amicizia”. È un’unione che possiede tutte le caratteristiche di una buona amicizia: ricerca del bene dell’altro, reciprocità, intimità, tenerezza, stabilità, e una somiglianza tra gli amici che si va costruendo con la vita condivisa.
Però il matrimonio aggiunge a tutto questo un’esclusività indissolubile, che si esprime nel progetto stabile di condividere e costruire insieme tutta l’esistenza.
Siamo sinceri e riconosciamo i segni della realtà: chi è innamorato non progetta che tale relazione possa essere solo per un periodo di tempo.
Amoris laetitia n.123
di Franco Rosada
Tre sono i temi che papa Francesco tocca in questo numero dell’Esortazione: l’amicizia come base dell’amore coniugale, la sua esclusività e indissolubilità, le esigenze dei figli.
Come abbiamo già visto nello scorso numero, il testo di riferimento da cui è tratta l’espressione: “la più grande amicizia”, è Summa contra Gentiles (1) di san Tommaso d’Aquino.
“L'amicizia, quanto più è grande, tanto più è ferma e duratura”, scrive l’Aquinate. “Ora, tra marito e moglie c'è un'amicizia grandissima, poiché essi si uniscono non solo per l’atto coniugale, ma per la comunanza di tutta la vita domestica; cosicché per esprimere questo, il marito per la moglie ‘lascia anche il padre e la madre’, come è detto nella Genesi. Dunque è giusto che il matrimonio sia del tutto indissolubile”.
Tommaso approfondisce il tema dell’amicizia soprattutto nella sua opera fondamentale: Summa theologiae, da cui prendiamo qualche spunto.
A proposito dell’amore che unisce gli sposi, l’Aquinate scrive: “amare qualcuno vuol dire volere a lui del bene [...] trattarlo come sé stesso, rivolgendo a lui il bene come a sé stesso.
in questo senso l’amore è detto anche forza aggregativa poiché uno aggrega un altro a sé medesimo, e lo tratta come un altro sé stesso” (2).
L’amore coniugale si radica nella virtù della carità, che “consiste più nell’amare che nell’essere amati”. Tommaso fa due esempi: coloro che sono amici “vengono lodati più perché amano che non perché sono amati”; “le madri, che amano in grado massimo, pensano più ad amare che ad essere amate” (3).
Inoltre l’amore non va confuso con la benevolenza, intesa come attenzione positiva verso l’altro. Tommaso inizia elencando i cinque requisiti dell’amicizia attingendoli da Aristotele: “il primo è che uno voglia il bene dell’amico; il secondo che voglia stare insieme con lui; il terzo che conviva volentieri con lui; il quarto che desideri le stesse cose; il quinto che si rattristi e si rallegri con lui”.
Se i primi due requisiti fanno parte della benevolenza, gli altri tre no. Inoltre, la benevolenza è un atto della volontà, ma nell’amore è presente tanto la volontà quanto la passione, e questa volontà spinge chi ama a considerare “la persona amata come un’unica cosa con sé stesso”, caratteristica non presente nella benevolenza.
Così, nell’amore di carità è inclusa la benevolenza, ma aggiungendo “un legame di affetto” (4).
1 Libro terzo, capitoli 122 e 123
2 Libro I, Questione 20, Articolo 1, punto 3
3 Libro II, Parte II, Quest. 27, Art. 1, p. 2
4 Libro II, Parte II, Quest. 27, Art. 2, p. 3
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• ”Per sempre”! Ne eravamo consapevoli quando ci siamo sposati?
• Quali argomenti utilizziamo per dare ragione dell’indissolubilità del matrimonio? In quale misura condividiamo quelli che ci vengono suggeriti da san Tommaso?
12-GIOIA E BELLEZZA
Il matrimonio è una necessaria combinazione di gioie e di fatiche, sempre nel cammino dell’amicizia
Nel matrimonio è bene avere cura della gioia dell’amore.
Quando la ricerca del piacere è ossessiva, rinchiude in un solo ambito e non permette di trovare altri tipi di soddisfazione. La gioia, invece, allarga la capacità di godere e permette di trovare gusto in realtà varie, anche nelle fasi della vita in cui il piacere si spegne. Per questo san Tommaso diceva che si usa la parola “gioia” per riferirsi alla dilatazione dell’ampiezza del cuore.
La gioia matrimoniale, che si può vivere anche in mezzo al dolore, implica accettare che il matrimonio è una necessaria combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri, sempre nel cammino dell’amicizia, che spinge gli sposi a prendersi cura l’uno dell’altro: “prestandosi un mutuo aiuto e servizio”.
Amoris laetitia n.126
Gioia e fatica
“Quando l’Amore vi chiama, seguitelo, anche se ha vie ripide e dure”. Era il 9 settembre 1989 e da quel giorno Dio si è intrecciato come filo d’oro alle nostre vite nel sacramento del matrimonio.
Questa frase di Gibran ha rappresentato le gioie e fatiche che hanno intessuto la nostra vita di coppia e di famiglia.
Lo scautismo ci aveva insegnato a vedere la gioia e la bellezza nelle piccole cose di ogni giorno: un’alba luminosa, un fiore sbocciato tra i sassi, un arcobaleno dopo il temporale, l’ultimo raggio di sole al tramonto. E, nel nostro camminare insieme, la fatica è sempre stata un ingrediente prezioso che ci ha fatto assaporare di più ogni traguardo conquistato, ogni esperienza di gioia.
Gioia nel dono della vita ai nostri quattro figli ma insieme fatica quotidiana nell’aiutarli a diventare uomini. Gioia nel nostro camminare insieme come coppia ma anche fatica nel comprendersi e accettarsi e aiutarsi nelle nostre differenze e nei nostri limiti. Gioia nel servizio agli altri ma anche fatica nel compierlo al momento giusto e nel modo giusto.
Scorrendo le immagini dei nostri ormai quasi trent’anni trascorsi insieme abbiamo visto che sono pieni di sorrisi, sguardi, baci, abbracci, mani strette e intrecciate e trasmettono proprio tutta la gioia che abbiamo provato e donato! Rendiamo grazie a Dio delle meraviglie che, attraverso tante gioie e tante fatiche, hanno reso la nostra vita un capolavoro e gli chiediamo di continuare ad accompagnarci nel disegno di amore che Lui sta scrivendo attraverso noi.
Maria Clelia e Luca
Crescere in coppia
Conosciamo molte coppie che sono come ripiegate su sé stesse, hanno problemi di vario tipo, ma fingono un’unione felice. Forse, per loro, il sopportarsi è carità coniugale, noi crediamo invece che sia sofferenza, mancanza di chiarezza, vivere una vita dove c’è poco posto per gli altri.
Noi quando rientriamo dai nostri viaggi tra gli “ultimi”, dopo aver vissuto momenti di solidarietà concreta con molte famiglie poverissime, coppie con tanti figli, siamo stanchi, a volte malati, ma dentro sentiamo la gioia di essere cresciuti nell’amore che ci lega.
Ci sono coppie il cui amore reciproco non cresce, che ogni domenica si mostrano a tutti mentre vanno in chiesa, ma poi non amano chi è diverso, come i migranti, o peggio ognuno dei due vive la propria vita, non condividendola con l’altro coniuge, evitando di doverlo sopportare.
Papa Francesco nella sua schiettezza, non ha paura di dire che: “a volte sono meglio gli atei, che i cattolici ipocriti”. Da parte nostra, crediamo che crescere nella carità coniugale significhi aprirsi verso gli altri perché ci possono aiutare a vivere una carità di coppia.
Gloria e Dino Verderio
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Sappiamo gioire per le piccole cose della vita?
• Condividiamo la gioia con chi ci sta vicino?
• Siamo contenti di esserci sposati/e con la persona che ci sta accanto?
• Siamo portatori di gioia?
13-TESTIMONIANZE
In queste due pagine abbiamo raccolto, riorganizzandole, le testimonianze di Chiara e Cesare, Rosanna e Fiorenza, che ringraziamo insieme a tutte le altre coppie che ci hanno permesso di arricchire il numero con le loro riflessioni.
Il matrimonio
Ci siamo incontrati abbastanza giovani ( 17 e18 anni), ci siamo persi qualche anno, poi ci siamo ritrovati e abbiamo deciso di sposarci. L‘innamoramento e la passione erano più forti di tutto.
Il matrimonio è una parola con tanti grossi impegni che riguardano una coppia. I più importanti per me sono: amore reciproco, rispetto dell’altro e la completa fiducia l’uno dell’altro.
Nel matrimonio con lo scorrere degli anni si rafforza all’infinito quel rapporto nato quasi per gioco quando si è giovani, cresce con noi, con l’amore per i figli, con i piccoli e grossi progetti da condividere.
Il matrimonio cristiano
Il matrimonio non è la tomba dell’amore, come dicono tanti, ma un dono continuo e reciproco che unisce la coppia, anche con l’aiuto di Dio, che noi continuiamo a ringraziare per l’amore che ci offre ogni giorno.
Ci siamo sposati perché ci volevamo bene, ora ci amiamo. È stata una partenza in salita poi, piano piano, siamo riusciti a inquadrare tante cose. Abbiamo fatto un percorso con i gruppi famiglia e ci siamo un po’ affidati al Signore. Ci sono stati dei momenti in cui Egli era più vicino, momenti in cui lo sentivamo meno accanto, ma era importante averLo come riferimento e come guida perché solo Lui è garanzia di unità e di relazione.
Tutta la vita, tutto in comune
Non abbiamo mai pensato all’indissolubilità promessa il giorno del matrimonio, ci volevamo bene ed eravamo felici di stare assieme nonostante le difficoltà. Però abbiamo da subito cercato di allargare le nostre amicizie rendendoci disponibili a lavorare in parrocchia con i gruppi famiglia e i fidanzati. Volevamo far capire anche ad altri quanto è bello se pur faticoso volersi bene, che se in principio prevalgono i sentimenti, poi si deve per forza alimentarli con la grazia, la tenerezza, le buone maniere.
Gioia e bellezza
Nel matrimonio abbiamo cercato di condividere le nostre passioni. Io l’ho sostenuto quando ha ripreso a studiare, lui mi ha sostenuto quando con tre bambini anch’io sono andata a scuola.
Abbiamo due caratteri abbastanza forti e spigolosi, quindi da subito abbiamo cominciato a smussare gli angoli perché abbiamo capito che noi due eravamo fatti per stare insieme tutta la vita e il riuscirci dipendeva da noi.
Penso che abbiamo molte cose di cui poter gioire, la nostra vita, la natura, i figli, gli amici, la casa, la fede, un Dio che ci ama. Non sono una portatrice di gioia, ma mi sento una persona serena, ogni tanto qualcuno me lo fa notare e questo mi fa piacere, perché sento di avere molti motivi per esserlo.
Amore che si manifesta e cresce
Permesso, grazie, scusa; sono le parole chiave, non solo per la riuscita di un matrimonio, ma anche per educare i figli. Permesso: è quel valore che un tempo si chiamava rispetto per l’altro. Per la persona, per la stanza, per la casa, è un modo di presentarsi gentile. Grazie: riconoscere il dono ricevuto, la buona azione compiuta, il sostegno, il conforto, il tempo donato, la parola gentile. Scusa: è difficile chiedere scusa, significa riconoscere di aver sbagliato. A volte si sbaglia anche senza rendersene conto e basta una parola per sciogliere la tensione. Sono le parole che ci aiutano a vivere bene in coppia e in società. Lo abbiamo sempre insegnato ai nostri figli, perché diventasse una buona abitudine e poi, come per tutte le abitudini, applicarle senza troppa fatica.
Non pensate che noi non litighiamo mai anzi. Abbiamo avuto una vita molto intensa per cui era abbastanza facile interferire negli spazi altrui. Io sbotto urlando, lui tiene il muso. Ora che la nostra vita inesorabilmente si sta accorciando litighiamo molto di meno perché non vogliamo rovinare momenti di vita ancora speciali per noi.
I disaccordi fanno parte della vita di ogni giorno, ma resta il bello di rifare la pace e di capire i propri errori. Le gioie, anche se piccole, ci fanno crescere in armonia.
Il dialogo
Abbiamo una grande passione in comune che è la montagna. Quando camminiamo in montagna in assenza di distrazioni e di rumori, senza la fretta di tutti i giorni, riusciamo a parlare, a fare riassunti della nostra vita quotidiana, con calma senza addossarsi colpe e cercando soluzioni possibili.
Siamo cambiati tantissimo da quando ci siamo sposati trent’anni fa. Ci capiamo di più, siamo più sicuri di quello che piace o non piace all’altro e ci impegniamo a farci del bene. Sappiamo gioire delle piccole cose, una passeggiata in centro a prenderci un gelato, un giro in bicicletta, un film visto insieme.
A mi accorgo che invece di dialogare faccio la lista di quello che ho fatto, rischiando di non trasmettere il significato di ciò che ho provato di fronte a quella situazione, come mi sono sentita con quella persona, le sensazioni che ho avuto in un determinato momento. Eppure, anche se sono chiacchiere, su certi argomenti ci possono aiutare a far capire cosa pensa l’altro.
La trasformazione dell’amore
Per noi la sessualità è importante a qualsiasi età e se il nostro corpo invecchia, non la nostra voglia di esprimerci l’amore nel modo in cui siamo capaci, che cambia nella forma, non nella sostanza. Noi ci diciamo sì tutti i giorni sperando di restare insieme ancora tanto.
Il Gruppo Famiglia
Ci troviamo col gruppo famiglia ogni volta in una casa delle nostre coppie esprimendo accoglienza e ospitalità, scambiandoci di volta in volta oltre all’argomento di riflessione i nostri problemi di vita quotidiana. Siamo coppie di una certa età ma con ancora tanto entusiasmo per la vita. Cerchiamo insieme di aiutarci ad invecchiare il meglio possibile e ad accettare le nostre limitazioni pensando sempre a quanto ancora abbiamo.
Il cammino fatto all’interno dei gruppi famiglia, iniziato fin da fidanzati ha sempre motivato la ricerca di una soluzione ai problemi che si presentavano; questo ci ha sempre avvicinato e aiutato a crescere come coppia. Mi ricordo di un incontro dove un relatore parlando del “per sempre”, diceva che non esiste, il “per sempre” va cercato e vissuto ogni giorno. Ancora oggi facciamo tesoro di questa affermazione. Mi sento di affermare che un cammino di coppia senza la fede e un gruppo che ti sostenga è molto difficile.
14-SPOSARSI PER AMORE
La ricerca di una garanzia che andrà tutto bene è impossibile da trovare, se non nel Signore
Voglio dire ai giovani che nulla di tutto questo viene pregiudicato quando l’amore assume la modalità dell’istituzione matrimoniale. L’unione trova in tale istituzione il modo di incanalare la sua stabilità e la sua crescita reale e concreta. È vero che l’amore è molto di più di un consenso esterno o di una forma di contratto matrimoniale, ma è altrettanto certo che la decisione di dare al matrimonio una configurazione visibile nella società con determinati impegni, manifesta la sua rilevanza: mostra la serietà dell’identificazione con l’altro, indica un superamento dell’individualismo adolescenziale, ed esprime la ferma decisione di appartenersi l’un l’altro. Sposarsi è un modo di esprimere che realmente si è abbandonato il nido materno per tessere altri legami forti e assumere una nuova responsabilità di fronte ad un’altra persona.
Amoris laetitia n.131
L’anima “gemella”
“Il matrimonio è la tomba dell’amore”: questa affermazione fino a qualche anno fa mi faceva ridere (se ero allegra), oppure inalberare. Oggi, dopo aver assistito, per lo più con triste sorpresa, al fallimento di numerose unioni suggellate dalle nozze, sono costretta a prenderla molto sul serio!
Se l’essere giunti al fatidico sì significa credere di possedere la certezza che il proprio partner sia la persona giusta, l’anima gemella, oppure che ormai lo si sia definitivamente legato a sé, allora sì, il matrimonio rischia di sancire davvero la fine di una storia d’amore.
Ho conosciuto diverse lunghe convivenze che, dopo il matrimonio, sono terminate dopo pochi anni, eppure i due si erano misurati in precedenza anche nello stare insieme nella quotidianità! Perché allora il fallimento?
In realtà non è colpa del matrimonio, ma del non rendersi conto che in esso si mette la propria vita nelle mani di una persona che non conosciamo e non conosceremo mai fino in fondo, che sicuramente cambierà nel tempo e non sempre nel modo in cui vorremmo: l’unica certezza è che non sarà per sempre come nel giorno del sì.
Per rimanere uniti occorre non dare nulla per scontato, e coltivare giorno per giorno, con cura, l’ “orticello” della relazione, che, con la grazia di Cristo, potrà veder crescere i frutti dell’amore!
Elda
Sposare il “futuro”
Quando ci siamo sposati (penso come è capitato alla maggior parte di noi), c’era sì un percorso di coppia alle spalle, dove alcuni progetti cominciavano a prendere forma… ma il resto di quello che ci aspettava era impensabile.
Avevamo capito che non sposavi il presente ma il futuro e che il matrimonio cristiano non è la prigione della coppia ma piuttosto quella nave che ti tiene a galla anche nei momenti più difficili; una nave dove però non te ne devi stare rinchiuso in cabina tranquillo e beato perché tanto c’è il comandante che la guida, perché sarebbe un viaggio senza senso.
Quindi devi cercare di capire come è fatta e imparare da chi già la conosce. Questo in sintesi per dire quello che è stato per noi cosa è stato per noi il Matrimonio Cristiano e il ruolo che ha avuto Dio (il Comandante) e il Vangelo (la nave).
Certo, abbiamo detto quasi nulla su che cosa è per noi l’amore, ma sentiamo questa parola così grande che abbiamo timore solo a nominarla, è un qualcosa di immenso; amare e volere il bene del prossimo è la più importante missione che Gesù ci ha lasciato e che grazie a delle persone splendide conosciute attraverso i Gruppi Famiglia abbiamo cominciato a capire meglio.
Da parte nostra, quello che cerchiamo di non farci mai mancare, anche se può sembrare banale, è prenderci per mano prima di addormentarci.
Emanuele e Cinzia
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Se qualcuno dice che il matrimonio è la tomba dell’amore voi cosa rispondete?
• Il matrimonio ha una valenza politica (serve alla polis)?
• Quale spazio ha Dio nella vostra vita di coppia?
15-L’AMORE CHE CRESCE
Permesso, grazie, scusa: le tre parole chiave per la riuscita di un matrimonio
L’amore di amicizia unifica tutti gli aspetti della vita matrimoniale e aiuta i membri della famiglia ad andare avanti in tutte le sue fasi. Perciò i gesti che esprimono tale amore devono essere costantemente coltivati, senza avarizia, ricchi di parole generose. Nella famiglia “è necessario usare tre parole. Vorrei ripeterlo. Tre parole: permesso, grazie, scusa. Tre parole chiave!”.
Amoris laetitia n.133
Permesso
Personalmente, più i rapporti sono stretti e amichevoli, più tendo ad essere estremamente spontanea e “senza filtri”, che significa affettuosissima e tenera ma anche, purtroppo, brusca e senza peli sulla lingua.
Siccome in famiglia c’è il massimo della confidenza, il risultato consiste, ahimè, in un mix di abbracci, baci, arrabbiature, paroline dolci e aspri rimproveri.
Invece non dovrebbe essere così, la spontaneità e la confidenza non dovrebbero mai rompere gli argini imposti dal rispetto e dalla delicatezza.
In tanti anni di matrimonio, quante serate sono finite con un bel muso e tanta stizza per una parola “storta”, un atteggiamento poco delicato, un complimento non fatto…
Anche con i figli, troppe volte confondiamo la necessaria fermezza con l’aggressività e il giudizio. Specialmente adesso che sono tutti e tre adolescenti, è davvero difficile trovare un equilibrio…
Richiedere il rispetto delle regole fondamentali con cortesia, senza assumere l’aria del cane da guardia, è davvero arduo, e diventa impossibile (almeno per me) usare toni pacati di fronte alla trasgressione sistematica.
Sia io che mio marito veniamo da famiglie poco espansive, e infatti abbiamo fatto molta fatica a esprimere il nostro lato più tenero e sentimentale, anzi, stiamo ancora imparando.
Chiedere anziché pretendere, pensare prima all’altro che a sé stessi, spiegarsi anziché dare tutto per scontato non sono atteggiamenti innati e spontanei: ci si educa a comportarsi così, ci si abitua a poco a poco, e si scopre che chiedere “per piacere” non è un segno di debolezza, ma di amore.
Tratto da: GF86, Permesso, grazie, scusa
Grazie
Caro Joram, grazie perché ogni mattina non ti spazientisci, nonostante la sveglia sia già suonata da un pezzo, il caffè sia già versato nelle tazzine, tu mi abbia chiamato più volte e io altrettante ti abbia risposto “scendo subito!”, ma non mi sia ancora mossa di un millimetro. Grazie perché ad ogni mia insicurezza trovo invece in te uno sguardo di sincero orgoglio. Grazie perché quando, frustrata, stilo l’elenco delle faccende non svolte durante la giornata, tu mi ricordi sereno quelle che sono riuscita a sbrigare. Grazie perché mi racconti con passione del tuo lavoro, mi chiedi consiglio, mi confidi le tue preoccupazioni. Grazie per i valori che condividiamo e che sono alla base della nostra famiglia. Grazie”.
Tratto da: GF86, Permesso, grazie, scusa
Scusa
Non è possibile a priori, credo, rendersi conto in modo realistico, lucido, fino in fondo, di quale impatto avrà sulla nostra vita la promessa che ci scambiamo il giorno delle nozze.
S tratta di una vera sfida, in cui, in questo tempo segnato dalla scarsa importanza attribuita alla parola data e dalla scarsa considerazione per le istituzioni, molti soccombono.
“Non mi riconosco, non mi sembra di essere io quella che ha promesso amore eterno a…”, mi ha detto una donna in crisi col marito, quando, su mio invito, ha riguardato le foto delle sue nozze, per ripensare a quel momento.
“Non capivo cosa volevo, ero troppo giovane”, l’affermazione di un amico divorziato, che si era sposato alla nostra stessa età. Se non è facile per chi continua ad aggrapparsi all’unica corda solida, quella che proviene dall’Alto, l’impresa diventa ardua per chi non crede che esista o per chi, sfiduciato, lascia la presa!
Per tutti c’è a disposizione quello che ci suggerisce papa Francesco: imparare a chiedere scusa.
Elda
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Per favore: insegniamo ai nostri figli e nipoti questa parolina?
• Ringraziamo il Signore per colui che ci ha posto a fianco?
• Cerchiamo di ricomporre rapidamente i nostri dissapori o tendiamo a “tenere il muso”?
16-IL DIALOGO
Non stancarsi di ascoltarsi vicendevolmente e di interessarsi a quello che l’altro dice
Il dialogo è una modalità privilegiata e indispensabile per vivere, esprimere e maturare l’amore nella vita coniugale e familiare. Ma richiede un lungo e impegnativo tirocinio. Uomini e donne, adulti e giovani, hanno modi diversi di comunicare, usano linguaggi differenti, si muovono con altri codici.
Il modo di fare domande, la modalità delle risposte, il tono utilizzato, il momento e molti altri fattori possono condizionare la comunicazione. Inoltre, è sempre necessario sviluppare alcuni atteggiamenti che sono espressione di amore e rendono possibile il dialogo autentico.
Darsi tempo, tempo di qualità, che consiste nell’ascoltare con pazienza e attenzione, finché l’altro abbia espresso tutto quello che aveva bisogno di esprimere. Questo richiede l’ascesi di non incominciare a parlare prima del momento adatto.
Amoris laetitia n.136-137
I tempi della vita
Ogni coppia ha, nel proprio cammino, tempi diversi per le reazioni e le manifestazioni della vita, perché ogni persona ha tempi diversi di maturazione: tali tempi devono essere rispettati e se ne deve tener conto, pur continuando sempre a cercare il tempo, il luogo e il modo: uno deve parlare e l’altro ascoltare senza ansia e preconcetti nell’aspettarsi una certa cosa.
Ciascuno ha una sua immagine irrepetibile: è impossibile pensare che marito e moglie siano uguali.
La diversità si nota anche nella percezione di Dio da parte di ciascuno; anche se ambedue sono in un cammino di fede possono trovarsi in tappe diverse del loro incontro con Dio e di questo bisogna che si tenga conto: ciascuno deve saper aspettare che l’altro possa capire. Quando gli Apostoli non capivano, Gesù diceva loro: “Adesso non capite, ma poi… capirete”.
La difficoltà è che spesso uno dei due oppone resistenza a farsi conoscere dall’altro e ciò provoca dolore. Talora, chi non vuole aprirsi trova un alibi per non svelarsi, adducendo la scusa di non trovare il tempo e allora anche l’altro non si rende disponibile e si nasconde dietro la maschera dell’ironia, magari prende in giro o aggredisce in forza della propria delusione.
A volte la chiusura nasce dal non percepire rispetto per le proprie idee, per cui non si affronta un dialogo profondo anche perché, più o meno coscientemente, ci si aspetta di essere capiti fin dal primo momento e non è sempre facile accettare che l’altro sia diverso dalle mie attese. È comunque importante che uno dei due chieda del tempo all’altro e si cerchino di trovare momenti precisi da dedicarsi, per riuscire a vivere bene in casa e fuori.
Non stancarsi di ascoltarsi vicendevolmente e di interessarsi a quello che l’altro dice, prima di parlare a nostra volta, è una regola quotidiana, necessaria quanto il rispettare i tempi dell’altro perché è normale, e non sintomo di mancanza di armonia, la diversità circa il punto raggiunto nel cammino: uno può essere più avanti dell’altro nella ricerca della spiritualità, nel vivere la fede nella vita, nel rapporto a due, nel lavoro.
Rispetto a certi argomenti o avvenimenti, è bene chiarire equivoci o dubbi, ma bisogna attendere il momento opportuno e accingersi pazientemente all’attesa.
Anche nel rapporto con i figli ci possono essere dei tempi e modi diversi di apertura. Non è sempre opportuno svelare ai figli i propri vissuti, è bene tenerli un po’ al di fuori, che i bambini vivano da bambini, perché altrimenti si rischia di renderli insicuri se partecipano ai problemi degli adulti. La comunicazione tra i coniugi alla presenza dei figli deve, perciò, essere attenta e non completamente aperta.
Anna e Guido Lazzarini
Tratto dal nostro sussidio: Farsi coppia nel Signore
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Siamo capaci di ascoltare l’altro senza giudicare?
• Ci diamo tempo per crescere nella nostra relazione di coppia?
• Ci raccontiamo a fine giornata cosa abbiamo fatto, quando non eravamo insieme?
17-IL MONDO DELLE EMOZIONI
Mai lasciarsi guidare dall’emotività incontrollata. Ascoltiamo l’altro e quello che avviene in noi
Desideri, sentimenti, emozioni, quello che i classici chiamavano “passioni”, occupano un posto importante nel matrimonio. Si generano quando un “altro” si fa presente e si manifesta nella propria vita. È proprio di ogni essere vivente tendere verso un’altra realtà, e questa tendenza presenta sempre segni affettivi basilari: il piacere o il dolore, la gioia o la pena, la tenerezza o il timore. Sono il presupposto dell’attività psicologica più elementare. L’essere umano è un vivente di questa terra e tutto quello che fa e cerca è carico di passioni.
Provare un’emozione non è qualcosa di moralmente buono o cattivo per sé stesso. Incominciare a provare desiderio o rifiuto non è peccaminoso né riprovevole.
Quello che è bene o male è l’atto che uno compie spinto o accompagnato da una passione. Ma se i sentimenti sono alimentati, ricercati e a causa di essi commettiamo cattive azioni, il male sta nella decisione di alimentarli e negli atti cattivi che ne conseguono.
Amoris laetitia n.143.145
La tecnica del doppio ascolto
Nella coppia può succedere di sperimentare difficoltà a gestire momenti di forte irascibilità, di grande tensione. In questi casi è utile conoscere la tecnica del doppio ascolto. Prima di tutto è importante non aver paura delle emozioni, specialmente delle proprie emozioni.
Quando mi trovo in una situazione di tensione emotiva, devo convogliare la mia attenzione su due versanti: devo ascoltare cosa l’altro mi dice e, nello stesso tempo, devo ascoltare quello che in quel momento avviene in me. Non dobbiamo avere paura delle nostre emozioni. Ascoltiamo cosa l’altro ci dice. Ascoltiamo quello che in quel momento avviene in noi.
Se in me percepisco emozioni, devo cercare di distinguere ciò che fa parte di me, e quindi ascoltare e riconoscere le mie emozioni, da ciò che è diverso da me, cioè l’identità, diversa dalla mia, della persona che mi sta davanti.
Se non faccio questa operazione rischio di leggere la mente dell’altro con i miei parametri e di giudicare il suo comportamento.
A questo punto posso anche osservare come ci sia qualcosa che mi disturba particolarmente, e chiedermi il perché. La risposta non me la devo dare subito, non è nemmeno importante trovarla, è importante invece scoprire che in me ci sono emozioni profonde che mi condizionano. Posso ancora fare un passo avanti e scoprire che, a volte, attribuisco all’altro la causa del mio star male, che sposto la lettura da “chi sono io?” alla provocazione che vedo nell’altro, come se l’altro fosse la causa di ciò che mi sta succedendo. Nella relazione di coppia, applicare il doppio ascolto significa, per esempio, dire alla moglie: “mi sento irritato dal tuo comportamento” invece di “tu mi irriti”. Cercherò poi di chiedermi perché quel suo comportamento mi irriti. In questo caso non identifico lei con la causa del mio malessere, come visto nel principio di causalità lineare, perché se la causa del mio star male è l’altro, io sono libero, la colpa è dell’altro; questo ragionamento fa scattare il permesso di dare la mia interpretazione al comportamento dell’altro. In termini di relazione con l’altro, specialmente in momenti conflittuali, è facile lasciarsi guidare dall’emotività incontrollata; così facendo non apporto però alcun contributo positivo, non do all’altro la possibilità di capire quale percorso ha fatto per sentirsi aggredito. Per valorizzare il doppio ascolto, dopo aver ascoltato l’altro e aver ascoltato la reazione in me, è importante riuscire a chiarire la situazione formulando delle domande che possano aiutare l’altro a riportare a galla quanto della sua esperienza ha usato per verbalizzare il suo problema: p.e. “Cosa significa per te sentirti trascurata?” Oppure “Cosa significa per te sentirti giudicato?”.
Rosanna Braida
Tratto dal nostro sussidio: La comunicazione
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Cosa ci appassiona di più della nostra vita a due?
• Cosa invece ci disturba?
• Tendiamo a sbottare o coviamo il malessere dentro di noi?
• Riusciamo a contare fino a tre prima di interrompere l’altro?
18-DIO AMA LA GIOIA DEI SUOI FIGLI
Complicità e tenerezza sono due elementi indispensabili per realizzare una coppia felice
L’educazione dell’emotività e dell’istinto è necessaria, e a tal fine a volte è indispensabile porsi qualche limite. L’eccesso, la mancanza di controllo, l’ossessione per un solo tipo di piaceri, finiscono per debilitare e far ammalare lo stesso piacere, e danneggiano la vita della famiglia. In realtà si può compiere un bel cammino con le passioni, il che significa orientarle sempre più in un progetto di autodonazione e di piena realizzazione di sé che arricchisce le relazioni interpersonali in seno alla famiglia. Non implica rinunciare ad istanti di intensa gioia, ma assumerli in un intreccio con altri momenti di generosa dedizione, di speranza paziente, di inevitabile stanchezza, di sforzo per un ideale. La vita in famiglia è tutto questo e merita di essere vissuta interamente.
Amoris laetitia n.148
La coppia felice
La coppia felice è quella che realmente riesce ad essere una carne sola pur nella viva diversità di due personalità, è contenta di ciò che ha, accetta i propri limiti vicendevoli, e soprattutto è orgogliosa di essere trascinante e propositiva per cambiare la società.
Il matrimonio deve portare alla costruzione di una identità di coppia dove ognuno possa sentire la presenza dell’altro dentro di sé con tutta la sua diversità, con amore e rispetto, riuscendo a rivestire il doppio ruolo di chi parla e di chi sa anche ascoltare.
Questo aiuta anche a maturare una capacità critica senza barriere difensive e realmente permette di camminare sulla stessa strada verso una meta comune modificabile sulla base delle rispettive esperienze e conoscenze.
Se facessimo una domanda un po’ semplicistica da giornale divulgativo circa gli ingredienti della coppia felice, potremmo dare alcune risposte profonde a dispetto della loro apparente banalità: disponibilità psichica e fisica ad accogliere e a donare, saper giocare, saper scherzare, saper apprezzare talvolta anche le sdolcinatezze, come una cena a lume di candela, guardare sempre l’aspetto positivo delle cose come filosofia di vita, saper scegliere il proprio profumo esclusivo, saper creare atmosfere personalizzate per ogni ricorrenza, avere un grande amore per la vita, saper creare curiosità, vivere il mondo con i suoi problemi e - cosa più importante - non farsi imprigionare da liti familiari che costringono a schierarsi da una parte o dall’altra.
Due sono i punti che vorremmo sottolineare: la complicità e la tenerezza.
La complicità
La complicità è soprattutto sentire la presenza dell’altro, con tutta la sua diversità, dentro di noi. La complicità si manifesta nello sguardo d’intesa, nel saper cogliere il piacere dell’altro anche in cose non gradite particolarmente (dalla partita di calcio a fare shopping, per esempio) favorire i suoi hobbies, le sue piccole manie.
Sentire complicità in amore è soprattutto avere sempre l’altro accanto a sé, anche senza la sua presenza fisica. Solo la complicità può rendere eterno il “per sempre con te” della prima promessa d’amore.
La tenerezza
La tenerezza non è sentimentalismo, tenerume, non è romanticismo a buon mercato.
La tenerezza è forza, segno di maturità e vigoria interiore, e sboccia solo in un cuore libero, capace di offrire e ricevere amore.
Fare propria la tenerezza e viverla non è per niente scontato ma, al contrario, richiede un lungo tirocinio e un ascesi attenta, paziente e perseverante.
La tenerezza ci è data come un'attitudine inscritta nelle profondità del nostro essere, ma la sua attuazione visibile non è un fatto per sé automatico; esige un itinerario di sviluppo da costruire giorno per giorno, con coraggio e forza interiore.
Sara Mariorenzi e Angelo Peluso
Tratto da: La coppia e la felicità, Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2008.
Vedi anche GF 89: Vivere con gioia e nella gioia
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Piangiamo facilmente o non piangiamo mai? C’è un perché?
• C’è qualche brutta abitudine da cui non riusciamo a liberarci?
• Il piacere e l’amore. Se non c’è più piacere ci può ancora essere amore?
19-LA DIMENSIONE EROTICA DELL’AMORE
Pensare e vivere la sessualità senza angoscia, senza falsi pudori o silenzi, senza mortificazioni e mistificazioni
Nelle sue catechesi sulla teologia del corpo umano, san Giovanni Paolo II ha insegnato che la corporeità sessuata “è non soltanto sorgente di fecondità e di procreazione”, ma possiede “la capacità di esprimere l’amore: quell’amore appunto nel quale l’uomo-persona diventa dono”.
L’erotismo più sano, sebbene sia unito a una ricerca di piacere, presuppone lo stupore, e perciò può umanizzare gli impulsi.
Pertanto, in nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi.
Trattandosi di una passione sublimata dall’amore che ammira la dignità dell’altro, diventa una “piena e limpidissima affermazione d’amore” che ci mostra di quali meraviglie è capace il cuore umano, e così per un momento “si percepisce che l’esistenza umana è stata un successo”.
Amoris laetitia 151-152
Il Cantico dei cantici
Il Cantico (Ct) è celebrazione di un'esperienza umana, personale e totale. Questa esperienza comprende innanzitutto una riconciliazione con l'eros e col linguaggio del corpo.
Il Ct spinge i credenti ad un rapporto più disteso con la dimensione sessuale ed erotica della vita riconoscendo che anche il principio del piacere è dono di Dio creatore.
Il Ct aiuta, perciò, a pensare e a vivere la sessualità senza angoscia, senza falsi pudori o silenzi, senza mortificazioni e mistificazioni, senza favoleggiamenti spiritualistici e irreali.
Il Ct insegna a distinguere la purezza dell'amore dalla dissolutezza del dominio, della sottomissione, della violenza, della brutalità di un' “esecuzione” solo fisiologica dell'amore.
Il Ct propone l'utopia di un'umanità liberata verso cui tendere come uomini e come credenti.
In questa umanità fioriscono i doni del creato e si manifesta l'armonia dell'eros con l'agape, cioè del piacere con l'amore, del desiderio con la carità, del possesso con la donazione.
L'amore del Ct è fusione di eros e di agape nella pienezza dell'incontro tra due persone.
L'amore è esperienza esaltante ed eccitante del bello, del fascino, dell'estetico: fisico e spirituale.
Giovanni Paolo II, commentando il Ct, afferma che “l'amore sprigiona una particolare esperienza del bello”. E questo è provato dall'affollarsi di tutti i simboli, di tutte le metafore, di tutte le immagini di felicità così caratteristico del Ct.
Anzi, alla fine tutte queste comparazioni simboliche vogliono proclamare l'ineffabilità, l'incomparabilità dell'amore.
La dinamica dell'amore così come appare nel Ct è contemporaneamente possesso e libertà: l'inquietudine, l'assenza e la ricerca che punteggiano qua e là il Ct testimoniano che l'amore è identità e autonomia al tempo stesso, è possesso e dono.
Si manifesta così “la quasi impossibilità di appropriarsi ed impossessarsi della persona da parte dell'altra. La persona è qualcuno che sovrasta tutte le misure di appropriazione e di padroneggiamento, di possesso e di appagamento” (Giovanni Paolo II, 6 giugno 1984).
Il dono libero da persona a persona supera questa impossibilità di appropriarsi dell'altro.
Il vero possesso lo si ottiene solo col paradosso della donazione e della spoliazione: “Chi perde la propria vita, la troverà”. La donazione d'amore è la conquista della più grande ricchezza. L'egoismo è povertà e miseria.
Gianfranco Ravasi
Tratto da: Cantico dei cantici, Edizioni San Paolo, Milano 2004.
Fonte: GF 75, Il Cantico dei cantici.
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• In tema di sessualità siamo passati rapidamente dalla censura all’esaltazione: quali caratteristiche deve avere la sessualità di coppia?
• La società odierna esalta il corpo, purché sia bello e giovane. E quando non lo è?
20-VIOLENZA E MANIPOLAZIONE
La subalternità della femmina nei confronti del maschio
Nel contesto di una visione positiva della sessualità, è opportuno impostare il tema nella sua integrità e con un sano realismo.
Infatti, non possiamo ignorare che molte volte la sessualità si spersonalizza ed anche si colma di patologie, in modo tale che “diventa sempre più occasione e strumento di affermazione del proprio io e di soddisfazione egoistica dei propri desideri e istinti”[…]
Non è superfluo ricordare che anche nel matrimonio la sessualità può diventare fonte di sofferenza e di manipolazione. Per questo dobbiamo ribadire con chiarezza che “un atto coniugale imposto al coniuge senza nessun riguardo alle sue condizioni ed ai suoi giusti desideri non è un vero atto di amore e nega pertanto un’esigenza del retto ordine morale nei rapporti tra gli sposi”.
Amoris laetitia 153-154
Il maschilismo
La Chiesa, anche attraverso le parole degli ultimi Pontefici, ha condannato e condanna duramente ogni forma di maschilismo, di discriminazione e di violenza sulle donne.
Questi atteggiamenti e comportamenti sono infatti contrari al disegno originario di Dio.
L'unità e la reciprocità iniziale tra l'uomo e la donna nel Paradiso terrestre sono venute meno a causa del peccato originale: così la donna, nata inizialmente da una costola di Adamo per poter essere sullo stesso piano dell'uomo, è caduta in una condizione di subordinazione.
Le parole che Dio dice alla donna nel libro della Genesi: “Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà” (Gen 3,16), proprio in quanto conseguenza del peccato, hanno avuto effetti molto gravi in termini di svantaggio e discriminazione della donna, sia all'interno di molti matrimoni, sia nei diversi campi della vita sociale.
Lo stesso è accaduto a causa di una lettura superficiale del capitolo 5 della lettera agli Efesini di in cui san Paolo afferma che “le donne siano soggette ai loro mariti in tutto” (Ef 5,24).
Da qui hanno preso le mosse forme particolarmente esasperate di maschilismo come il “machismo” diffuso in America Latina.
Questo atteggiamento finisce per incoraggiare, all'interno delle famiglie un doppio standard morale. Da una parte vi è maschio, che si pone in una posizione di predominio, espressa anche nei comportamenti sregolati che rendono ammissibile le avventure extraconiugali, allo stesso tempo obbligando la donna ad avere molti figli.
Dall'altra parte è ancora diffuso l'atteggiamento speculare, ossia il “marinismo”, il cui concetto base è che la donna - rifacendosi nominalmente a Maria Vergine - è spiritualmente migliore del maschio, e perciò capace di sopportare tutte le sofferenze inflitte dagli uomini. Si tratta del complesso della “donna martire” secondo il quale le donne devono sopportare il comportamento machista per sacrificare se stesse a favore del bambini, del marito e della famiglia.
Entrambi questi comportamenti, secondo la Chiesa, sono ingiusti e contrari al disegno originario di Dio.
Più in generale, la Chiesa riconosce con amarezza l'esistenza, nel corso della storia e purtroppo anche attualmente, di molti stereotipi e pregiudizi, coltivati a volte prendendo a pretesto proprio la religione, che hanno comportato una forte sottomissione della donna all'arbitrio maschile e che hanno impedito alle donne di essere riconosciute nella loro dignità e di mettere adeguatamente a frutto i loro talenti.
Se fino a Pio XII la donna trovava la sua piena realizzazione solo nella famiglia, nel servire i propri cari, da Giovanni XXIII in poi si è affermata con forza l'originaria pari dignità dei sessi e la necessità di un più ampio coinvolgimento della donna in ogni ambito sociale. Le donne, quindi, devono essere messe in grado di mettere a frutto il loro genio femminile per influire concretamente sulle politiche delle nazioni e promuovere soluzioni originali ai problemi economici e sociali.
Chiara Rossi
Tratto da: Il genio delle donne, Edizioni il Molo, Viareggio (LU) 2009. Vedi anche: GF78, Il volto "materno" di Dio.
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Quanto siamo influenzati dalla pornografia dilagante?
• Cosa facciamo per proteggere i nostri figli/nipoti?
• Di fronte ad un amore “malato” cosa consigliamo? La sopportazione, la denuncia o la cura?
21-MATRIMONIO E VERGINITÀ
La verginità è un segno “escatologico” di Cristo risorto, il matrimonio è un segno “storico” del Cristo terreno
La verginità ha il valore simbolico dell’amore che non ha la necessità di possedere l’altro, e riflette in tal modo la libertà del Regno dei Cieli. È un invito agli sposi perché vivano il loro amore coniugale nella prospettiva dell’amore definitivo a Cristo, come un cammino comune verso la pienezza del Regno. A sua volta, l’amore degli sposi presenta altri valori simbolici: da una parte, è un peculiare riflesso della Trinità. Infatti la Trinità è unità piena, nella quale però esiste anche la distinzione.
Inoltre, la famiglia è un segno cristologico, perché manifesta la vicinanza di Dio che condivide la vita dell’essere umano unendosi ad esso nell’Incarnazione, nella Croce e nella Risurrezione: ciascun coniuge diventa “una sola carne” con l’altro e offre sé stesso per condividerlo interamente con l’altro sino alla fine. Mentre la verginità è un segno “escatologico” di Cristo risorto, il matrimonio è un segno “storico” per coloro che camminano sulla terra, un segno di Cristo terreno che accettò di unirsi a noi e si donò fino a donare il suo sangue. La verginità e il matrimonio sono, e devono essere, modalità diverse di amare, perché “l'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per sé stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore”.
Amoris laetitia n.161
Sponsalità, Ordine e matrimonio
La pienezza della Chiesa sta nella triplice forma dell'ordine sacro, del sacramento delle nozze e della verginità. Infatti i tre stati di vita dell'ordine sacro, del matrimonio e della verginità sono in stato di reciprocità, non potendo comprendersi l'uno senza l'altro, ovviamente nell'orizzonte ecclesiologico e sacramentale. Tutti e tre sono chiamati a compiere la sponsalità della Chiesa.
È un cambiamento di orizzonte che recupera la verità dell'uomo e la verità simbolica e sacramentale degli stati di vita ad un tempo.
Il riflesso sulla spiritualità dei sacerdoti è evidente. Se essi si pensano come sacramento dello Sposo, troveranno nella famiglia lo specchio stesso del loro essere, e cesserà la paura. E, viceversa, la famiglia diviene un soggetto attivo, in quanto custode dell'amore pasquale del Cristo, rimanendo nella sua laicità e, senza bisogno di venire clericalizzata, troverà in sé stessa la sorgente della propria dimensione più specifica.
Il linguaggio dell'amore nuziale è il linguaggio dell'Unitrino e si offre come comprensibile ad ogni uomo/donna, che per statuto creaturale lo contiene in sé. Davvero esso è il linguaggio della nuova evangelizzazione! Non per niente Giovanni Paolo II affermava che "l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia".
Pensiamo, ai nostri ambienti di Chiesa, ai luoghi nei quali il presbitero esercita in concreto il suo ministero. Sono in grandissima parte luoghi architettonicamente ispirati al modello scuola o al modello collegio.
Se sostituissimo questi col "modello famiglia"? Accoglienza, bellezza, ordine, luoghi di dialogo, di incontro, di distensione... L'esperienza mi insegna che la catechesi più fruttuosa è quella fatta in salotto. E, d'altronde, il linguaggio e l'incisività inconscia di tali fattori sono notevoli.
Va da sé che tale pastorale richiede dei contenuti. È questo il nodo ultimo dei rapporti della pastorale dei fidanzati, della catechesi, della pastorale giovanile e in genere della formazione con la pastorale familiare.
La chiave è sapere che cosa si vuole comunicare per aiutare i fidanzati e le giovani coppie ad assumere la serietà cristiana del loro vissuto e del sacramento del matrimonio. Da qui, dalla consapevolezza teologica, sgorga una spiritualità, che esse non dovranno più cercare altrove, ma dentro la vita stessa di coppia e la loro vita nella Chiesa.
Francesco Pilloni
Tratto da: , Ecco lo Sposo, uscitegli incontro, Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2002.
Fonte: GF68, L’anno sacerdotale.
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Abbiamo, tra gli amici che frequentano la nostra casa, un sacerdote o un consacrato?
• Per i nostri gruppi famiglia ci troviamo in casa o in parrocchia?
• Come testimoniamo il nostro essere Chiesa “domestica”?
22-LA TRASFORMAZIONE DELL’AMORE
Non possiamo avere gli stessi sentimenti per tutta la vita, ma possiamo vivere sempre una ricca intimità
Il prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei decenni, e questo comporta la necessità di ritornare a scegliersi a più riprese. Forse il coniuge non è più attratto da un desiderio sessuale intenso che lo muova verso l’altra persona, però sente il piacere di appartenerle e che essa gli appartenga, di sapere che non è solo, di aver un “complice” che conosce tutto della sua vita e della sua storia e che condivide tutto. È il compagno nel cammino della vita con cui si possono affrontare le difficoltà e godere le cose belle.
Amoris laetitia 163
L’amore nell’autunno della vita
La sessualità nell'età senile, in genere è accompagnata da miti, false credenze, da una mentalità sociale che vuole le persone anziane avulse da ogni desiderio e bisogno sessuale, anche perché vengono considerati usciti dal “circuito produttivistico-consumistico” e quindi anche dal consumo del piacere.
È chiaro che non si può generalizzare sulla loro sessualità: accanto a persone che hanno raggiunto la pace dei sensi, ci sono larghe schiere di persone che mantengono vivo un desiderio sessuale e il suo appagamento. L'invecchiamento non comporta la perdita della capacità sessuale né per l'uomo né per la donna.
L'errore che molti uomini fanno è pensare che le proprie prestazioni mantengano le caratteristiche di quando erano giovani. A 60-70-80 anni non si è più come si era a 20-30 anni, l’errore risiede nel voler prolungare nell’età una dimensione quantitativa di prestazioni mentre in questo periodo occorre sviluppare la dimensione qualitativa, con la convinzione che si tratta di qualcosa di diverso, non di inferiore né di sbagliato. Per quei soggetti che non possono avere dei rapporti, per varie ragioni, possono ancora avere altre forma di attività sessuale come i baci e le carezze. Sarà nell'autunno della vita che ognuno porterà adeguatamente alla propria realtà biologica e cronologica le caratteristiche psico-affettive che durante la giovinezza e la maturità hanno rappresentato le note distintive, estetiche e comportamentali della loro vita erotico-sentimentale.
Beppe Sivelli, Didatta del Centro Italiano Sessuologia
Tratto da GF61: I frutti dell’autunno.
Prendersi per mano
Qualche volta ci guardiamo alle spalle e anche se gli anni sembrano trascorsi in un soffio, ci rendiamo conto di aver ormai percorso un bel po’ di strada assieme.
I figli sono ormai grandi e sempre più spesso possiamo gustare con più libertà i nostri momenti di coppia.
Chiediamo al Signore che ci conceda ancora tanto tempo da vivere assieme, intanto ci prendiamo per mano e cerchiamo di prepararci ad una vecchiaia serena.
Facciamo in modo di coltivare, anche dopo tanti anni, lo stupore del nostro primo incontro. Non finiamo mai di stupirci e ancora adesso ci chiediamo: “Ma perché ho scelto proprio te?”. È bello ogni tanto tornare alle origini del nostro amore…. basta un ricordo, una fotografia. È come annaffiare una piantina e impedirle di appassire.
Non vogliamo invecchiare prima del tempo e in questo ci aiutano le giovani coppie del nostro gruppo sposi o la partecipazione alle iniziative della parrocchia rivolte alle famiglie. Con i giovani ritroviamo entusiasmo ed energia.
Così non ci stanchiamo di pensare al futuro e di progettare qualcosa assieme. Può essere anche solo una vacanza per noi due soli, per rivivere un po’ l’emozione che abbiamo provato partendo per il nostro viaggio di nozze.
Daniela e Angelo Stangherlin
Per il lavoro di coppia e di gruppo
• Viviamo l’epoca dell’eterna giovinezza: come ci attrezziamo per invecchiare “bene”?
• Cosa vuol dire amare se non si può più “far l’amore”?
• Quando è stata l’ultima volta in cui ci siamo detti sì?
23-PER APPROFONDIRE IL TEMA
I libri usati per realizzare questo numero
Giorgio Campanini, Il sacramento antico, Edizioni Dehoniane, Bologna 1996.
Il sottotitolo di questo prezioso libretto è: Matrimonio e famiglia come luogo teologico.
Pur essendo stato scritto più di vent’anni fa, il testo è ricco di spunti ancora attuali che abbiamo utilizzato in parte per questo numero.
Il volume contiene, rielaborati, vari contributi che Campanini ha scritto sul tema del matrimonio nel corso della sua lunga carriera di professore di storia delle dottrine politiche e docente di sociologia della famiglia.
Scrive l’autore nell’introduzione: “Tutta l’attività dell’uomo è in qualche modo luogo teologico e, in senso lato, anche sacramento: la politica, il lavoro, il gioco, la famiglia. Ma la famiglia, assai più del matrimonio, rimane condizionata dalla storia e oggetto anche delle scienze umane. Invece il matrimonio, monogamico e stabile, risulta essere il luogo teologico per eccellenza”.
Battista Borsato, L’avventura sponsale, Edizioni Dehoniane, Bologna 2006.
L’autore è stato per lungo tempo responsabile della pastorale familiare della diocesi di Vicenza.
Questo libro, come scrive Luigi Accattoli nella prefazione, è un po’ la summa di tutte le esperienze e riflessioni che Borsato ha maturato nel suo ministero.
Anche questo testo è datato, poiché pensato ancora sotto il pontificato di san Giovanni Paolo II. Ma questo non impedisce all’autore di avere un guardo lungo su diversi temi, come quello dei divorziati risposati. Da volume abbiamo tratto diversi spunti e contiamo di trarne altri per i prossimi numeri, proseguendo nella riflessione sui vari capitoli dell’Esortazione Amoris laetitia.
Dalla quarta di copertina riprendiamo questo pensiero: “Sposarsi non è mortificarsi e limitarsi, è, invece, liberarsi uno con l’altro per scoprire e vivere ciascuno la propria chiamata”.
Giordano Muraro, Prometto di esserti fedele sempre, Edizioni Piemme, Casale Monferrato 2006.
Il libro di Muraro, professore di teologia morale, può essere un ottimo regalo da fare alle coppie che si accostano al sacramento del matrimonio.
Con uno stile piacevole l’autore guida i futuri sposi nella comprensione dell’impegno matrimoniale.
L’itinerario proposto segue e illumina le parole della formula del consenso matrimoniale. Attraverso queste viene presentata in pienezza la realtà dell’impegno coniugale.
Da questo libro abbiamo già attinto in passato e lo facciamo anche in questo numero.
Il libro si conclude con una piccola gemma: la lettera di Dio ai fidanzati. Ve ne proponiamo un passaggio: “Allo sposo Dio dice: la donna che hai al fianco non è tua: è mia. Io l'ho creata. Io le ho voluto bene da sempre. Te la affido. La prenderai dalle mie mani e ne diverrai responsabile”.
Umberto Galimberti, Le cose dell’amore, Feltrinelli Editore, Milano 2008.
Questo non è un libro da consigliare come prima lettura. L’approccio di Galimberti all’amore è decisamente pessimistico e tratta soprattutto delle perversioni dell’amore.
La tesi che guida l’autore è questa: “Nella nostra epoca l'amore diventa indispensabile per la propria realizzazione come mai lo era stato prima, e al tempo stesso impossibile perché, nella relazione d'amore, ciò che si cerca non è l'altro, ma, attraverso l'altro, la realizzazione di sé, è solo un mezzo per l'accrescimento di sé. Nell'età della tecnica e della ragione strumentale, dove non c'è azione che non sia rigorosamente diretta ad uno scopo”, anche l’amore segue queste regole.
Tuttavia, un capitolo brilla per positività ed è quello dedicato al matrimonio. Qui Galimberti propone idee degne di considerazione, che abbiamo ritenuto giusto utilizzare in questo numero.
P. Rossano, G. Ravasi, A. Girlanda (a cura di), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, Editrice San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1988.
G. Barbaglio, G. Bof, S. Dianich (a cura di), Teologia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2002.
Si tratta di due volumi di taglio specialistico (Bibbia e Teologia) organizzati sotto forma di monografie.
Per chi ama la Scrittura il primo testo sarà senz’altro utile come pratico strumento di consultazione.
Il secondo testo, più impegnativo, permette però di approfondire le realtà della nostra fede. Ad esso abbiamo attinto per la voce: Matrimonio.
24-GIANPRIMO: CI MANCHERAI!
A cinquattratre anni, dopo una lunga malattia, è tornato alla casa del Padre un uomo esemplare, una “colonna” del Collegamento tra Gruppi Famiglia
Nella notte tra Natale e santo Stefano, Gianprimo Brambilla, responsabile con la moglie Ernesta del Collegamento tra Gruppi Famiglia per la Lombardia, è tornato alla Casa del Padre.
Lo vogliamo ricordare dedicandogli queste due pagine della rivista.
Così si raccontavano
Siamo i coniugi Brambilla, Gianprimo ed Ernesta, sposati da ventiquattro anni e durante il nostro cammino abbiamo avuto il dono di cinque figli: Eleonora, Ilaria, Francesco (che ci guida dal cielo), Emanuele e Daniele.
Viviamo da sempre a Ronco Briantino un paese della grande diocesi di Milano ed ora nella provincia di Monza e Brianza. Gianprimo lavora in una cooperativa di solidarietà sociale in paese, Ernesta è casalinga.
Siamo sempre stati impegnati in parrocchia fin da giovani, Ernesta come catechista ed educatrice ACR, Gianprimo come animatore liturgico.
Dopo il nostro matrimonio abbiamo mantenuto gli impegni che avevamo in precedenza, nel limite del possibile, anche con l’arrivo dei figli.
Da subito, abbiamo iniziato a seguire dei gruppi di spiritualità familiare, in quanto come coppia ci sembrava importante portare avanti un impegno insieme, desiderosi di intraprendere un cammino di fede comune.
Dopo qualche anno ci siamo attivati nell’organizzare degli incontri in parrocchia, ma non mancarono le difficoltà nel trovare lo “stile” che coinvolgesse diverse coppie.
Poi, nell’estate del 2002, casualmente, ci siamo soffermati su un trafiletto di “Noi, genitori e figli” in cui veniva proposta una “vacanza” speciale sui monti del Piemonte o del Trentino con altre famiglie. Abbiamo intuito che quella era l’occasione che da tempo aspettavamo, abbiamo telefonato e prenotato la nostra prima settimana ai campi estivi dei Gruppi Famiglia.
Di questa settimana ci è piaciuto il clima, lo stile, l’animazione dei nostri figli... e così una volta ritornati in parrocchia abbiamo pensato di impostare il lavoro del nostro gruppo secondo le indicazioni dei Gruppi Famiglia.
Il nostro impegno a livello di pastorale famigliare si è così rafforzato, perché sentiamo vivo il legame con gli altri gruppi che come noi si sentono parte di una comunità di famiglie; pertanto comprendiamo e crediamo nell’importanza di avere un collegamento fra i gruppi sparsi nelle varie diocesi. È per questo motivo che abbiamo accettato di essere confermati come referenti per la Lombardia.
Ernesta e Gianprimo, marzo 2009
Così lo ricordano i suoi cari
“Dov’è il papà?”, solita domanda poco prima di iniziare la cena. “Dovrebbe arrivare”, era la risposta “è ancora al lavoro”. O al cinema parrocchiale, o in oratorio ad aggiustare qualcosa, o al computer a preparare un volantino per i Gruppi Famiglia.
Ti ricordiamo così, sempre indaffarato e impegnato, ma nonostante questo custodiamo nel cuore tanti momenti preziosi che abbiamo vissuto insieme: ci hai sempre coinvolto nelle più svariate attività e non hai mai perso l’occasione per una vacanza insieme, per un pranzo in compagnia o per un giro in bicicletta.
Caro papà, non possiamo che dirti grazie perché con semplicità, con fermezza e sempre con il sorriso e la battuta pronta ci hai insegnato ad imbiancare, a sopravvivere in una vacanza in camper, ma soprattutto a volerci bene con semplicità, ad essere accoglienti, a spendere il nostro tempo per gli altri, a credere sempre in Qualcuno più grande di noi, a non arrenderci, nonostante le fatiche.
“Ricominciare è credere all'amore/ e sentire che anche nel dolore/ l'anima può cantare e non fermarsi mai”.
Ci piace pensare a te con queste parole di una canzone del Genrosso che ti piaceva tanto e che avevi scelto anche come inno per un campo famiglie, perché possiamo sempre vivere con il tuo entusiasmo le nostre giornate, non fermandoci mai ma coltivando sempre grandi sogni, per noi e per gli altri, proprio come hai sempre fatto tu.
Eleonora, Ilaria, Emanuele, Daniele
Così lo ricordano gli amici
Caro Gianprimo,
Sono giorni che inciampo in luoghi, foto, persone e ricordi che mi fanno tornare a momenti in cui con le nostre famiglie abbiamo condiviso allegria, riflessioni, lavori, sofferenza e preghiera.
Tra tutti i più intensi sono sicuramente quelli che mi riportano ai viaggi, tanti, in cui le nostre famiglie si sono fuse e confuse con le altre, anche quelle incontrate lungo il percorso.
La vera destinazione non è mai stato il luogo di arrivo, ma l’incontro con altre vite e spesso con persone che avevano fatto scelte radicali o comunque non convenzionali.
Ricordo le discussioni su Nomadefia, la magia di Taizè o il travolgente Incontro Mondiale delle Famiglie di Valencia.
Ricordo le “vacanzine” ed i tanti campi famiglia. È da non credere la quantità di situazioni ed incontri straordinari che abbiamo vissuto seguendo, praticamente affidandoci a te ed Ernesta.
Sono stati viaggi in noi stessi, che hanno messo in discussione il nostro modo di vivere la famiglia, piuttosto che il rapporto di coppia o con la comunità in cui viviamo e di come la fede può arrivare ad incidere in tutto questo.
Se siamo cresciuti in questi anni come persone e come famiglia è anche grazie alle migliaia di chilometri passati in carovana ed i panini condivisi nelle soste con te e la tua incredibile famiglia.
Gianni
Ti diciamo grazie, Gianprimo, perché per noi - per e con la tua famiglia e per la nostra comunità - sei stato un esempio: testimoniandoci una fede semplice e “rocciosa”; dedicandoti con passione a quei piccoli che sono i “preferiti” del tuo Signore; regalando un’attenzione diversificata e fattiva al bene della tua comunità.
Ci piace ricordarti così, affidarti così a Gesù, mentre, umilmente e dolcemente, ti appresti a varcare quella soglia che porta al mistero dell’amore di Dio: a quella “festa di nozze” in cui ritroverai il piccolo Francesco.
E, comunque, da lì non smettere mai di guardare giù: di dare, ogni giorno, una carezza a tua mamma che da oggi è un po’ più sola; un bacio ad Ernesta perché possa continuare quello che insieme avete iniziato; un abbraccio a ciascuno dei tuoi figli perché possano realizzare il sogno grande che Dio ha per la loro vita.
Stai vicino alle tue sorelle, ai parenti, ai tuoi ragazzi della Rosa Blu… e continua ad accompagnare anche il cammino di tutti noi, della nostra, della tua comunità.
Don Giampaolo
Gianprimo se n'è andato lasciando il ricordo della sua passione e dell'entusiasmo ben impressi in quanti, utenti, volontari e operatori della cooperativa La Rosa Blu, hanno avuto il privilegio di conoscerlo da vicino.
Aveva iniziato trent'anni fa, quando poco più che maggiorenne si prese l'impegno di rimanere accanto ai ragazzi disabili assistiti nel centro.
Nel centro Gianprimo spendeva gran parte delle sue giornate. Lui che della cooperativa è stato anche direttore generale. Ma nell'immaginario sarà ricordato senz'altro per la vena carismatica e versatile da tuttofare. Un coordinatore che sapeva amare e per questo era profondamente amato, capace di distendere l'atmosfera come nessun altro, grazie all'inconfondibile sorriso e alla battuta sempre pronta.
Il suo impegno costante e sentito non si è limitato alle sole mura della Rosa Blu, arrivando anche al cineteatro, in oratorio e all'interno del consiglio pastorale, di cui faceva parte.
merateonline.it
Prenditi tempo per donare, perché il giorno è troppo corto per essere egoisti.
Prenditi tempo per amare ed essere amato, è il privilegio dato da Dio.
Prenditi tempo per essere amabile, questo è il cammino della felicità.
Prenditi tempo per vivere!
Pablo Neruda
L'amicizia che ci lega a Gianprimo ed Ernesta è da sempre intrecciata con i Gruppi famiglia. Nata in estate durante un campo famiglie a Casteltesino, è continuata attraverso innumerevoli occasioni estive in giro per l'Italia, segreterie, feste e Giornate mondiali delle famiglie a Valencia e a Milano... La gratitudine trabocca nel nostro cuore ancora ferito per la sua morte. Quello che non possiamo mai dimenticare è l'amicizia incondizionata e premurosa che ora continua oltre il tempo.
La sua malattia in questi due anni ha riempito il nostro cuore di presenza silenziosa, di sguardi, di ricordi e foto immancabilmente ordinate. Uno sguardo che ha parlato a tutti sino alla fine, sino al giorno in cui la comunità di Ronco e degli amici l'hanno accompagnato con immensa riconoscenza per tutto quello che il Signore ha seminato attraverso di lui...
Tra le ultime cose che ci siamo scambiati tra le mura di casa sua, che ha visto un fiume di gente passare sempre, questi versi di Neruda li esprime bene: una voglia sconfinata di amare la vita, di trovare il tempo per vivere. Si rammaricava per le persone che perdevano sé stesse e il proprio tempo nelle futili cose, tralasciando le persone, le relazioni e le amicizie.
Sorella Maria di Campello più volte parla del "sacramento" dell'amicizia, l'amicizia come luogo in cui sperimentiamo la presenza significativa del Signore, luogo in cui riconosciamo ogni uomo nostro fratello, anche oltre le condizioni esistenziali, la geografia e la religione. C'è una sorta di comunità che ha come fondamento l'umanità, che supera i confini delle religioni, ma anche quelli della vita terrena: che altro potrebbe essere la comunione dei santi se non il fatto di sentire che le persone pur non fisicamente qui, sono presenti nel nostro animo e nei nostri pensieri? Possiamo essere addolorati ma non tristi: la nostra amicizia è pienezza anche ora proprio in Gesù che ha risuscitato Lazzaro, dopo aver pianto con Marta e Maria e aver mostrato che la forza dell'amicizia è l'inizio della risurrezione. Grazie Gianprimo.
Renato e Antonella
25-I TEMI DEI PROSSIMI NUMERI DELLA RIVISTA
Periodicamente chiediamo ai nostri lettori di suggerirci i temi da trattare sulla rivista. Ne abbiamo così individuati 21 e vi invitiamo a sceglierne tre. Lo potete fare attraverso il nostro sito (www.gruppifamiglia.it). Intanto, ecco quelli già individuati per quest’anno:
• Il Padre nostro.
• Da coppia a famiglia. Il capitolo 5 di Amoris laetitia.
• I cristiani in rapporto agli ultimi: poveri, immigrati, disabili, omosessuali, zingari, ecc...
La redazione spedirà gratuitamente a tutti coloro che ne faranno richiesta (gruppi, parrocchie, ecc.) un certo numero di copie di questo e dei numeri precedenti della rivista.
Le potete richiedete via mail a: formazionefamiglia@libero.it
26-BARI, PORDENONE, MONTEBELLUNA
Il lungo itinerario di Vito prima di arrivare al campo estivo di Costano – Assisi
A metà settembre del 2017 ho cambiato lavoro, iniziando a insegnare religione cattolica all’IPSIA “Carlo Scarpa” di Montebelluna (TV).
Ogni volta che mi presentavo ai colleghi ma soprattutto ai nuovi alunni delle mie ben 18 classi, risuonava sempre nel mio animo una domanda tra tutte le altre incognite: cosa quell’esperienza mi avrebbe portato a cambiare nella mia vita personale e familiare.
Ogni volta che mi presentavo era come un ripetere a me stesso se ci credevo in quello che Dio aveva costruito e mi stava continuando a proporre nella vita: “Ci credi veramente tu Vito Rinaldi, di 38 anni, nato a Bari e da vent’anni, trasferito in Friuli per lavoro, sposato con Angela, padre di due bambine di 4 e 2 anni, Anita e Corinne, e ora docente di religione per tutta quell’umanità di giovani?”
Ecco che un giorno, mentre ero in sala docenti, Antonella m’invita ad andare con la mia famiglia a casa sua. Interessandomi il suo modo atipico rispetto alla società di oggi di interagire addirittura con le proprie famiglie nel dopo lavoro, le chiedo che tipo di “compagnie frequentasse”!
E così Antonella mi parla prima presentandomi la sua famiglia ben numerosa e piena d’impegni sportivi, e poi dei loro impegni extra e in particolare della partecipazione ad un “gruppo famiglie”. Mi parla dei loro incontri e di come si fa sintesi poi nelle singole comunità... e in estate c’è anche un campo famiglie.
Io non ho mai dimenticato questo slancio di accoglienza e di apertura di Antonella, perché non vi ero più abituato dopo 20 anni in Friuli e la frequentazione di un ambiente di lavoro “arrivistico”. Ma lavorando già lontano dalla mia famiglia che è rimasta a Pordenone, dovendo io anche dormire fuori casa a volte, non ho accettato subito il mettere in calendario altre trasferte, altri sforzi per la mia famiglia per spostarsi anche nel fine settimana.
Ma qualche giorno prima che finisse la mia supplenza a giugno, parlando con mia moglie Angela, abbiamo ricordato il campo famiglie che Antonella ci aveva “narrato”. Così abbiamo accolto quel bell’invito. Antonella, sorpresa perché ormai non si ricordava più dopo vari mesi di avermene parlato, fu molto contenta di mandarmi tutto il materiale per partecipare.
Quale è stata l’esperienza del campo ve l’ho già raccontata nello scorso numero, adesso vi invito a fare anche voi questa esperienza: non ve ne pentirete!
Vito Rinaldi
27-CAMPI ESTIVI 2019
Calendario provvisorio
Ecco il calendario dei campi per famiglie di quest’estate.
Le date e le località sono ormai definite, mentre i temi e i relatori sono in via di definizione.
1-27 luglio San Giacomo di Entraque (CN)
Tema e relatori da definire.
Org.: Diocesi di Cuneo.
Info: Angela e Tommy Reinero, 347 5319786,
tommy.angela@libero.it
4-11 agosto Costano-Assisi (PG)
Relatori di alcune comunità umbre.
Org.: Colleg. Gruppi Famiglia.
Info: Antonella e Renato Durante, 348 5558619,
ren-anto@libero.it
11-18 agosto Bessen Haut (TO)
Tema e relatori da definire.
Org.: Diocesi di Pinerolo (TO).
Info: Nicoletta e Corrado Demarchi, 0121 77431,
curra@email.it
16-20 agosto Chiappera (CN)
Tema e relatori da definire.
Org.: Diocesi di Mondovì (CN).
Info: Daniela e G.Paolo Basso, 339 1541258,
gbasso@credem.it
17-24 agosto Valle di Cadore (BL)
Tema e relatori da definire.
Org.: Colleg. Gruppi Famiglia.
Info: Fiorenza e Antonio Bottero,
340 5195718, 375 6066265, antoniobottero@alice.it
Il calendario, aggiornato in tempo reale, è consultabile qui!
28-BILANCIO 2018 F&F
In leggero utile, ma scendono i contributi liberali!
Carissimi,
Come potete leggere nella tabella sottostante, il bilancio 2018 dell’associazione Formazione e Famiglia, editrice della rivista, si è chiuso in leggero attivo.
Questo è merito di un ulteriore aumento delle entrate per il 5x1000 per l’anno fiscale 2016 accompagnato anche da un leggero aumento dei contributi liberali all’associazione.
Ma devo segnalare un trend negativo che riguarda il numero dei contributi liberali: da 196 del 2017 si è scesi a 157.
Se a livello monetario i contributi sono aumentati questo è merito solo di un singolo contributo particolarmente significativo. Il mancato sostegno alla rivista, nonostante il nostro impegno, deve essere oggetto di un’attenta analisi critica.
Vi invitiamo quindi ad aiutarci inviandoci consigli e suggerimenti e continuando a promuovere la rivista: per esempio presentandola a coppie giovani, al parroco, lasciando delle copie al fondo della chiesa, ecc. oppure facendoci avere indirizzi di famiglie che potrebbero essere interessate.
il Presidente Noris Bottin
29-PER CONCLUDERE
L’esperienza estetica dell’amore si esprime in quello sguardo che contempla l’altro come un fine in sé stesso, quand’anche sia malato, vecchio o privo di attrattive sensibili. Lo sguardo che apprezza ha un’importanza enorme e lesinarlo produce di solito un danno. Quante cose fanno a volte i coniugi e i figli per essere considerati e tenuti in conto! Molte ferite e crisi hanno la loro origine nel momento in cui smettiamo di contemplarci...
L’amore apre gli occhi e permette di vedere, al di là di tutto, quanto vale un essere umano.
La gioia di tale amore contemplativo va coltivata. Dal momento che siamo fatti per amare, sappiamo che non esiste gioia maggiore che nel condividere un bene... Le gioie più intense della vita nascono quando si può procurare la felicità degli altri, in un anticipo del Cielo.
Amoris laetitia n. 128-129