Foglio di collegamento tra Gruppi Famiglia
GF75 - dicembre 2011 - Il Cantico dei cantici
Il libro dell'amore sponsale

1-IL CANTICO DEI CANTICI
Un libro dove non viene mai nominato Dio ma dove si scorge l’infinita bellezza del Creatore

di Nicoletta e Corrado Demarchi
Sono secoli che ci si interroga sul perché dell'inserimento del Cantico dei Cantici nel canone dei libri biblici.
Questi 8 capitoli, 117 versetti, 1.250 parole dedicate all'amore più appassionato, sono stati oggetto di discussione fin dal 90 d.C., quando, nel sinodo ebraico di Jahne, in una movimentata assemblea, si decise favorevolmente per sua canonizzazione. Il rotolo del Cantico viene letto nella festa di Pesah (Pasqua) ma non ha un ruolo centrale.
Nella liturgia cattolica, dopo la riforma conciliare, i soli tre brani del Cantico presenti nelle letture sono collocati in un giorno feriale e, ancora oggi, i sacerdoti scoraggiano i giovani che vorrebbero scegliere certi brani del Cantico quando si sposano.

Come interpretarlo?
La vicenda dei due amanti è stata interpretata nel tempo non solo come la storia d'amore tra un uomo ed una donna, ma come una realtà più profonda, di grande significato teologico. Per gli Ebrei è il rapporto di Israele (sposa) e di Jahvè (sposo) con le varie tappe (esodo-terra promessa-esilio-ritorno).
Per i cristiani lo sposo è Cristo e la sposa la Chiesa, per i mariologi la sposa è Maria; infine c'è un significato privatistico dove la sposa è l'anima e il testo parla delle sue nozze spirituali con Dio.
Pur rispettando tutte queste interpretazioni, a noi piace molto più concretamente guardarla come una raccolta di canti di amore tra un uomo ed una donna: essa esprime, con grande semplicità e naturalezza, il calore della loro intimità e passione, vissute audacemente, senza paure e vergogne.
Non viene nominato Dio (se non alla fine), ma si scorge l'infinita bellezza del Creatore che ha scritto nel cuore dell'uomo e della donna questo amore sconfinato. Partendo dalla nascita dell'amore stesso, travolgente e totalizzante, si arriva alla separazione dei due innamorati che si cercano senza trovarsi, oppure si ritrovano per perdersi subito dopo, passando dalla gioia alla disperazione, per giungere all'incontro ultimo dove la coppia si unisce definitivamente.

Un testo al femminile
Più che una poesia, è una lettera d'amore dove la donna è la vera protagonista, sicura di sé, esaltata nella sua femminilità, in un contesto storico in cui viveva ai margini della società, trattata come un oggetto e non soggetto della vita.
L'amata canta la bellezza dell'amato e viceversa, contemplando e godendo del loro incontro, dell'unione tra i due nel corpo, vivendo l'eros e la sessualità come dono, allo stesso modo in cui Dio l'ha pensata e voluta.
Un dono, l'amore, sempre minacciato, mai stabile, che ha bisogno di ricerca e di tenerezza vera che non è segno di debolezza, bensì di confidenza, attenzione, premura e rispetto reciproco. Nel tempo attraversa momenti di incontro e di solitudine, di luce e oscurità, di presenza e assenza.
Questo amore è ambientato in un paesaggio primaverile, dove esplode la bellezza, l'entusiasmo e la gioia di vivere.
Questo intreccio tra amore e natura fa rifiorire entrambe: niente è indifferente a questo amore, segno di Dio, ma in esso si intravede l'armonia originaria tra l'uomo e la donna, so-gnata da Dio nella creazione.

Dall’amore all’Amore
Leggendo Il Cantico dei Cantici, siamo, infine, invitati a guardare all'amore come ci suggerisce il cardinale Ravasi: "La cosa più mirabile che Dio abbia fatto, la più misteriosa, la più affascinante è far sì che l'uomo sia capace di amare e di amarlo. E allora noi chiudiamo il libro del Cantico dei Cantici e la stessa Bibbia con la parola decisiva che Dio ha bisbigliato all'orecchio dell'uomo, AMORE".

2-PER UN USO PASTORALE DEL CANTICO
L'obiettivo di ogni pastorale familiare deve essere quello di mettere in piena luce il dono di Dio alla coppia: il suo essere sacramento

di Renzo Bonetti
Nella pastorale familiare non ci si può fissare un obiettivo estrinseco alle Scritture; infatti, l'unico obiettivo possibile è quello di rimettere al centro l'immagine della coppia che il Signore ci ha offerto già dal momento della creazione e quindi restituire splendore al posto specifico ed originale che egli ha voluto per la coppia e per la famiglia nel piano della redenzione.
In altre parole ciò significa mettere in piena luce il dono di Dio alla coppia: il suo essere sacramento.

La coppia "sacramento"
Tale originalità va riconosciuta e sviluppata sempre meglio perché, pur essendo ormai un punto fermo della rilettura esegetico-teologica della Scrittura, non appartiene ancora, nel suo più ampio spessore, al sapere del popolo cristiano. L'obiettivo di ogni pastorale familiare è quindi ripristinare questo splendore antico.
D'altra parte però non possiamo nasconderci una divaricazione tra questo ideale ecclesiale cosi alto e la realtà pastorale che spesso mostra un tessuto matrimoniale faticoso e sfilacciato, connesso con una società dove il matrimonio e la famiglia sembrano essere tenuti in sempre minor considerazione.
Perché allora non fare del Cantico la fonte principale della spiritualità per la vita di coppia?

Il Cantico e la spiritualità di coppia
Il Cantico può davvero essere un momento forte della pastorale perché in esso emerge con prepotenza la bellezza del progetto creativo di Dio. In principio "Dio creò l'uomo a sua immagine... maschio e femmina li creò" dice il testo di Gen 1,27 e ciò che lì è germinato si mostra nel Cantico in fiore e frutto, ciò che lì è stato concepito, si vede in questo secondo testo in azione, nell'espressione più piena della sua bellezza.
Nel Cantico dei cantici possiamo scorgere tutto l'orizzonte d'amore che Dio ha scritto nel cuore dell'uomo e della donna. Mentre dall'essere fatti ad imago Dei del testo della Genesi dovremmo procedere, soltanto in base alla nostra esperienza, a ciò che conosciamo del maschio e della femmina, il Cantico con parola rivelata ci svela chi è questo Dio Amore, qual è il suo rapporto con l'umanità a partire dall'esperienza concreta di quell'innamorato e di quell'innamorata, dal di dentro di un'esperienza di coppia che diventa via alla conoscenza di Dio.

Un testo valido sempre
E si noti che questo vale per tutto l'arco di vita della coppia, in quanto si può declinare con modalità particolari, a seconda del "ciclo di vita della famiglia", come oggi si usa dire.
Vale infatti a cominciare dal fidanzamento, quando ne mette in luce la ricchezza e la bellezza (si pensi ad esempio alla ricchezza con cui il Cantico illustra l'attesa e la ricerca dell'amaro); il fidanzamento non è un'esperienza lontana da Dio, ma è l'esperienza dell'essere fatti ad immagine di Dio.
Il matrimonio-sacramento pone poi la coppia nella condizione di essere in mezzo al mondo immagine di Dio, al punto che la coppia è chiamata ad esprimere dentro la corporeità dell'uomo e della donna l'iniziale imago Dei (e qui basti pensare ai riferimenti erotici del Cantico). Ma anche per la famiglia il Cantico costituisce un richiamo a non tralasciare il fondamento della coniugalità sbilanciandosi su quello della genitorialità.
Ma qui sorge un problema: la proposta del Cantico dei cantici sembra an-dare controcorrente rispetto allo stile ordinario della pastorale familiare.

Una proposta controcorrente
Perché? Tanto per cominciare per il semplice fatto che il testo non è conosciuto se non per citazioni in circostanze particolari o se non per l'uso che ne è stato fatto dai grandi mistici. Nella prassi della pastorale familiare il testo non è conosciuto nella sua struttura, nel suo significato profondo, nella ricchezza che esso può portare alla vita di coppia.
Una seconda remora all'utilizzo del Cantico dei Cantici è costituita dalla mentalità dell'operatore pastorale odierno; anche quando tale operatore fosse passato dal deprezzamento della sessualità - ereditato dall'Otto-cento bigotto e sessuofobico - alla sua esaltazione naturalistica, spesso la sua mentalità è ancora inficiata da una considerazione dicotomica tra sacro e profano (amore o sacro o profano; o sessualità o spiritualità).

Il progetto di Dio nel Cantico
Ciò è ben lontano dal progetto di Dio espresso nel Cantico in cui coesistono sia la dimensione dell'eros sia la dimensione dell'agàpe, sia la dimensione dell'amore-sesso sia la dimensione dell'amore-spirito.
In altri termini, la sessualità è certamente stata segnata dall'egoismo del peccato originale e porta in sé i segni di questa conseguenza, ma dobbiamo anche aggiungere che questa umanità, maschile e femminile, è stata creata da Dio a sua immagine e somiglianza.
La sessualità, infatti, prima di essere un dono utilizzato a scopi privati, personali ed egoistici, e prima di essere qualcosa in cui lo spirito del male può giocare costantemente, è un dono di Dio.
Non possiamo più disattendere il grido di dolore che viene dall'umanità ferita e piagata: chi ha la carta vincente per guardare l'identità profonda, la bellezza della sessualità, non è chi propone il libero uso del sesso, ma chi sa che la sessualità l'ha creata Dio. Va riscoperta e riproposta allora dal cristianesimo la bellezza e la bontà del rapporto amoroso.

La bellezza e la bontà dell’amore
E proprio come le ombre si vedono solo se esiste la luce, noi cristiani non potremo nemmeno capire e far capire il senso del peccato e dell'allontanamento dalla verità, se noi non abbiamo riguadagnato questo punto di vista veritarivo più alto. La prassi pastorale rischia ancora di guardare la sessualità solo dal punto di vista dell'ombra; la fonte della luce sulla sessualità va accesa scoprendo sempre di più che anche l'eros viene da Dio e aprendo sempre di più lo sguardo su come Dio l'ha sognato a favore dell'umanità.

Essere testimoni
A questo punto sapremo spiegare e dire alla gente quali sono i rischi del vivere la sessualità in modo non autentico e scorretto. Che cosa perde l'uomo vivendo male la sessualità?
Perde se stesso, perché perde la bellezza originaria, perché perde la possibilità di vivere in pienezza.
Ma è alla coppia cristiana che spetta mostrare la bellezza di questa sessualità vissuta come dono, così come Dio l’ha creata.
Liberamente tratto dal libro dell'autore: Lezioni d’amore, Queriniana 20093, p.9-16.

3-Il Cantico e le coppie

Vorrei suggerire alle singole coppie di prendere in mano questo libro della Bibbia per leggerlo e per lasciarsi leggere.
Leggere
'Leggerlo' significa accogliere la meraviglia di come Dio annuncia la bellezza dell'amore reciproco tra uomo e donna, esaminare con la lente d'ingrandimento ciò che in principio è stato creato, aprire in altezza, larghezza e profondità gli orizzonti spirituali meravigliosi a cui ogni coppia è chiamata. Riservare la bellezza dell'amore intenso solo al tempo del fidanzamento, come sembrerebbe dirci il sentito comune, nasce solo dalla paura del legame matrimoniale.
'Leggerlo' significa ancora capire che ogni coppia può farsi veramente un progetto alto d'amore. Provate oggi a chiedere alle coppie quale sia il loro progetto d'amore, quanto vogliano perseguire l'unità e la solidarietà, quanto vogliano diventare 'grandi' nell'amore. Il Cantico può aiutare ogni coppia a formulare un progetto alto, a credere di poter vivere veramente in sé l'essere immagine di Dio.
Nello stesso tempo il Cantico dei Cantici aiuta a 'lasciarsi leggere'.
Lasciarsi leggere
Questa parola di Dio può infatti illuminare tanti passaggi della vita concreta di una coppia: fatica, accelerazione, rinnovamento, slancio nuovo. Il Cantico può divenire infatti l'alfabeto che aiuta la coppia a leggere la presenza di Dio nella propria vita. Alla luce del Cantico scopro che la mia vita di coppia può essere un cantico, non perché senza sacrifici, senza paure, senza ogni sorta di ma, come vorrebbero i romantici, ma perché la mia vita di coppia è una parola d'amore detta da Dio alla Chiesa e all'umanità.
'Lasciarsi leggere' vuoi dire infine lasciarsi penetrare dal piano di Dio non solo per 'capire', ma per scoprire che noi due - sì, proprio noi due! - abbiamo la forza per vivere in noi l'amore immenso di Dio.
La Familiaris Consortio dice che lo Spirito Santo è donato alla coppia di sposi battezzati rendendoli capaci di amarsi l'un l'altro come Cristo ci ha amati. In conclusione gli sposi, la-sciandosi leggere, si rendono conto che nel loro amore possono fare l'esperienza dell'amore di Dio: l'esperienza del Dio Amore che per amore si è incarnato e, per amore, è morto sulla croce, e per amore continua a dare se stesso e il suo corpo alla Chiesa.
Quindi il Cantico dei cantici conduce la coppia a partire dalla propria esperienza d'amore proiettandola dentro la storia della Salvezza, cioè dentro la storia d'amore sponsale che Dio ha voluto stabilire con ciascuno di noi.
Renzo Bonetti

...'azzah kammawet 'ahabah
4-FORTE COME LA MORTE E L’AMORE
L'amore del Cantico è fieramente umano ma questo amore umano ha in sé un seme divino e ci apre ad un Dio che è amore infinito

Di Gianfranco Ravasi
'Azzah kammawet 'ahabah: queste tre parole ebraiche della finale del Cantico - forte come la morte è l'amore - possono diventare la sigla poetica, simbolica e spirituale di questo gioiello letterario della Bibbia.

Dedicato a tutte le coppie
Un libro consacrato dall'amore e all'amore, un libro dedicato a Lei e a Lui, l'eterna coppia che appare sulla faccia della terra ogni giorno, avvolta nella felicità dell'amore.
Un libretto dedicato all'amore giovane, primaverile, presente non solo nella coppia bella di due giovani ma anche nell'immutata e indistruttibile tenerezza di una coppia anziana ancora innamorata, seduta sulla panchina di un parco cittadino davanti ai giochi liberi e festosi dei bambini.
Un poemetto folgorante dedicato soprattutto alla femminilità, perché in esso la donna è protagonista più dell'uomo nonostante il sedimentato maschismo dell'Oriente da cui proviene. Un testo dedicato a liquidare tutte le ipocrisie, perché l'occhio del suo poeta è puro e vede con passione lo splendore della natura, del corpo, dell'eros, del sentimento, della tenerezza, della comunione, degli aromi, dei suoni, dei colori, delle armonie.

Un frammento di infinito
Un inno continuo dedicato alla gioia di vivere: quando il cielo è spento dalle nuvole - scriveva P. Claudel - la superficie del lago è piatta e metallica; quando brilla il sole essa si trasforma in uno specchio mirabile delle tinte del cielo e della terra. Così, infatti, è della vita dell'uomo quando s'accende l'amore: il panorama è sempre lo stesso, il lavoro è sempre monotono o alienante, le città anonime e fredde, i giorni identici l'uno all'altro; eppure l'amore tutto trasfigura ed allora si ama tutto e tutto si vede con occhi diversi, perché l'uomo sa che alla sera incontrerà la sua donna. Perché l'uomo credente sa che alla sera della vita incontrerà il suo Signore.
Un cantico supremo dedicato all'amore visto come frammento di infinito. Un messaggio dedicato, quindi, a tutti coloro che attraverso l'amore incontrano l'uomo e il Dio che è amore infinito.
Il Ct è, perciò, il libro di tutti gli uomini veri, autentici, che sanno amare. Ci sembra abbastanza insensata la continua oscillazione che nella storia si è verificata nella lettura del Ct: amore umano o amore divino? uomo o Dio?

Amore umano e divino
In esso un unico amore intreccia entrambe le possibilità. L'amore del Ct è fieramente umano ma questo amore umano ha in sé un seme divino, è il paradigma per la conoscenza del "Dio che è amore" (1Gv 4,8.16). L'amore è segno di infinito; il punto di partenza del Ct è terrestre e umano ma aperto al teologico e al mistico.
Entriamo, perciò, in questo poemetto pieno di vita e di gioia.
Percorrendo questo fascicolo di versi, il lettore scoprirà soprattutto l'abbandono ad una relazione intima e personale che è fatta tutta di io-tu/mio-tuo. I pronomi personali e possessivi in queste pagine trionfano e il motto più emblematico diventa quello di 2,16: " II mio amato è mio e io sono sua!". Questa perfetta intimità passa attraverso tre livelli.

Sessualità, eros e agape
Il primo livello conosce la sessualità che è "molto buona", come si dice nella Genesi (1,51), cioè creata da Dio e adatta all'uomo. Lutero giustamente affermava che " corpus est de Deo ", il corpo viene da Dio.
Ma la sessualità da sola è cieca, fisica, animale. L'uomo può nel sesso intuire l'eros, cioè il fascino della bellezza, l'estetica del corpo, l'armonia della creatura.
Ma con l'eros i due esseri restano ancora un po' "oggetto", esterni l'uno all'altro. È solo con la terza tappa, quella dell'amore, che scatta la comunione piena che illumina e trasfigura sessualità ed eros. Ed è solo l'uomo che può percorrere tutte queste tappe giungendo alla perfezione dell'intimità e del dialogo.
In questo amore Dio stesso si insedia; questo amore totale umano diventa il simbolo reale, anche se spesso appannato, dell'amore totale ed infinito di Dio.

Odio e amore
G. Krinetski nel suo commento (1981) dava del Ct questa definizione: "Manuale della Rivelazione sull'affetto, sull'amore e sulla sessualità".
Non semplice manuale di educazione sentimentale ma testo della Rivelazione sulla sessualità, sul sentimento e sull'amore.
L'odio fisico della violenza, l'odio erotico del sadismo e del dominio, l'odio interiore della volontà e della decisione sono i tre livelli antitetici della frattura di quella scala d'amore che prima abbiamo descritto. Questo triplice odio è il simbolo dell'Anti-Dio e dell'Anti-Cristo. La Bibbia è spesso la constatazione amara dei successi di questo odio e del relativo esilio di Dio.
Ma la Bibbia col Ct è la celebrazione del trionfo dell'amore e del ritorno di Dio accanto alla sua creatura.
Lo dicono molto bene due testi degli antichi rabbini: "Quando Adamo peccò, Dio salì al primo cielo allontanandosi dalla terra e dagli uomini. Quando peccò Caino, salì al secondo cielo. Con la generazione di Enoc salì al terzo, con quella del diluvio al quarto, con la generazione di Babele al quinto, con la schiavitù d'Egitto salì al sesto cielo e al settimo cielo, l'ultimo e il più lontano dalla terra… Dio però ritornò sulla terra il giorno in cui fu donato il Cantico ad Israele".

Il limite dell’amore umano
Canto dell'intimità e della comunione d'amore, il Ct conosce, però, anche la "finitudine" dell'amore umano, il suo silenzio. L'amore non cancella del tutto il timore. Alcuni notturni che possiamo leggere nei cc. 3 e 5 esprimono intensamente questa assenza.
Il Ct, poema dell'unità, conosce anche le pause delle fratture e dell'estraneità, anche se l'ultima parola resta sempre quella della vittoria dell'amore sulla morte e sul silenzio.

Identità e differenza
In questa linea possiamo sottolineare allora un'altra impressione immediata che il Ct offrirà ai suoi lettori. La profonda identità tra i due, fatti carne della stessa carne, vita della stessa vita, non deve però cancellare la ricchezza della loro singolarità e della loro diversità anzi la deve esaltare.
L'amore vero non mortifica ma armonizza due esistenze in una sinfonia di vita e di voce. È quello che vogliono dire i numerosi ritratti che i due innamorati disegnano l'uno dell'altro.
Liberamente tratto dal libro dell'autore: Cantico dei cantici, San Paolo 2004, p. 9-13.

5-L’utopia di un’umanità liberata

Il Cantico (Ct) è celebrazione di un'esperienza umana, personale e totale. Questa esperienza comprende innanzitutto una riconciliazione con l'eros e col linguaggio del corpo. Il Ct spinge i credenti ad un rapporto più disteso con la dimensione sessuale ed erotica della vita riconoscendo che anche il principio del piacere è dono di Dio creatore.
Il Ct aiuta, perciò, a pensare e a vivere la sessualità senza angoscia, senza falsi pudori o silenzi, senza mortificazioni e mistificazioni, senza favoleggiamenti spiritualistici e irreali. Il Ct insegna a distinguere la purezza dell'amore dalla dissolutezza del dominio, della sottomissione, della violenza, della brutalità di un' "esecuzione" solo fisiologica dell'amore.
Il Ct propone l'utopia di un'umanità liberata verso cui tendere come uomini e come credenti. In questa umanità fioriscono i doni del creato e si manifesta l'armonia dell'eros con l'agape, cioè del piacere con l'amore, del desiderio con la carità, del possesso con la donazione.
L'amore del Ct è fusione di eros e di agape nella pienezza dell'incontro tra due persone. L'amore è esperienza esaltante ed eccitante del bello, del fascino, dell'estetico: fisico e spirituale. È ancora Giovanni Paolo II che, commentando il Ct, afferma che "l'amore sprigiona una particolare esperienza del bello". E questo è provato dall'affollarsi di tutti i simboli, di tutte le metafore, di tutte le immagini di felicità così caratteristico del Ct. Anzi, alla fine tutte queste comparazioni simboliche vogliono proclamare l'ineffabilità, l'incomparabilità dell'amore.
La dinamica dell'amore così come appare nel Ct è contemporaneamente possesso e libertà: l'inquietudine, l'assenza e la ricerca che punteggiano qua e là il Ct testimoniano che l'amore è identità e autonomia al tempo stesso, è possesso e dono.
Si manifesta così "la quasi impossibilità di appropriarsi ed impossessarsi della persona da parte dell'altra. La persona è qualcuno che sovrasta tutte le misure di appropriazione e di padroneggiamento, di possesso e di appagamento" (Giovanni Paolo II: 6 giugno 1984).
Il dono libero da persona a persona supera questa impossibilità di appropriarsi dell'altro.
Il vero possesso lo si ottiene solo col paradosso della donazione e della spoliazione: "Chi perde la propria vita, la troverà". La donazione d'amore è la conquista della più grande ricchezza. L'egoismo è povertà e miseria.
Gianfranco Ravasi

6-IL CANTICO: COME INTERPRETARLO
Va letto solo in modo allegorico o solo come un canto d’amore?

di Paolo De Benedetti
Il Cantico è entrato nel canone della Bibbia ebraica intorno al 100 d.C. e non senza discussioni. Una discussione non su aspetti marginali, ma sul suo contenuto: il fatto che non vi si nomini o non sia rilevante la presenza esplicita di Dio. Da qui la domanda: è un libro canonico o no?
Fu il grande Rabbì Aqiba che fece pesare la sua autorità a favore del Cantico affermando: "Gli altri libri sono santi; ma il Cantico dei cantici è il Santo dei Santi".
Oggi sull'origine del libro si può essere concordi, cioè che esso sia una raccolta di canti d'amore, che un artista ha raccolto e ripreso, dandogli una sua impronta.

Come interpretarlo
Rabbì Aqiba, invece, era molto contrario a un uso del Cantico come fosse una semplice raccolta di canti d'amore. La ragione che ha permesso a Rabbì Aqiba di stabilire la canonicità del Cantico è stata la lettura allegorica. Ossia, mentre la più frequente lettura ermeneutica rabbinica verso i libri della Bibbia era prima di tutto quella letterale, il Cantico per lui fa eccezione: il Cantico, cioè, deve essere letto allegoricamente. E questa sua idea è stata quella che poi ha fatto scuola, sia nel mondo ebraico che in quello cristiano.

Una lettura per l’oggi
Per capirci meglio voglio sottoporre alla vostra attenzione lettura un libro di H. Goliwitzer: a prima vista forse sconcertante. E' un libretto bellissimo.
L'autore non ha paura di dire che il Cantico è la celebrazione dell'eros; dell'eros tra una ragazza e un ragazzo che almeno fino alla fine del Cantico non hanno alcuna intenzione di fare le pubblicazioni matrimoniali. Ossia questo "sentiero dell'uomo nella giovane" è nel Cantico presentato come uno dei grandi doni di Dio.
I Padri della Chiesa, i teologi medievali e, nei loro conventi, le suore, rapite nella mistica estasi, riversando e ritrovando in quei canti la propria pietà religiosa, ma anche la propria sessualità repressa e, nell'ambito protestante, il dialogo fra Dio e l'anima credente, tutti costoro prendono il Cantico, in forma drammatica o in forma lirica, come una vicenda d'amore fra Dio e qualcosa di umano sia Israele o la Chiesa.

Eros e amore
Credo che, anche senza averne coscienza, il primo a ridare un "corpo" normale al Cantico sia stato Lutero. E Lutero diceva col suo linguaggio, che spesso attirava le accuse di volgarità dagli umanisti del suo tempo: "Corpus est de Deo", ossia il corpo viene da Dio.
Il nostro essere corporeo non è più lontano da Dio né inferiore; il nostro essere spirituale non è più vicino a Dio. L'uno e l'altro costituiscono la nostra creaturalità. Ambedue sono lontani da Dio per l'infinita distanza che separa la creatura dal creatore. Ambedue sono ugualmente vicini a Dio.
La secolarizzazione (nel senso migliore del termine) si è mossa in questa prospettiva: riappropriarsi del Cantico nella sua dimensione anche corporea e sessuale.
La grandezza del dono che Dio ci ha fatto mediante la moderna interpretazione storico-critica della Scrittura, si manifesta nel modo più chiaro a proposito del Cantico.
Difatti se qui si tratta effettivamente e semplicemente di amore sessuale umano, la presenza di questo scritto nella Bibbia è una sfida alla Chiesa e ai cristiani a stabilire finalmente un rapporto semplice e naturale con il sesso e con l'eros. E qui "semplice e naturale" significa rallegrarsi che una tal cosa esista. Questo piacere, che è una delle più belle e potenti sensazioni che esistano, è un magnifico dono del Creatore. Guardate - dice la Bibbia - ascoltate questi due innamorati come si rallegrano ciascuno per il corpo dell'altro, nella sua diversità; vedete come si contemplano estasiati; nudi e scoperti dalla testa ai piedi, come anelano all'amplesso notturno!
Adamo ed Eva nel paradiso terrestre, senza vergogna, felicità del sesso: questo vuol dire Egli li creò maschio e femmina. Come potreste cadere in errore al punto da considerare tutto ciò come peccaminoso ed equiparare la sessualità all'immoralità?.

Amore e responsabilità
Goliwitzer, però, è un teologo con una responsabilità ecclesiale. Perciò non vuoi lasciare equivoci. Aggiunge e precisa: "E solo imbarazzo ecclesiastico dire che quei due sono marito e moglie; ma in realtà sono semplicemente due che si amano. Ma cosa dobbiamo dire con questo? Che la Bibbia ignora il matrimonio; che la Bibbia esorta all'amore libero? Che la Bibbia offre come esempio questi due che nei giorni del Cantico si amano e che magari l'anno dopo non sono più insieme? Evidentemente no.
Anche questi giovani un domani saranno anziani e magari questa descrizione non si addice più a essi. Questo godimento del corpo reciproco, che nel Cantico la Bibbia celebra come un grande dono di Dio, non può essere continuato; deve essere posto sulla linea della responsabilità. Uno e una che si amano liberamente e che si godono l'amore che viene da Dio hanno però una responsabilità che proviene dal proprio corpo e dal corpo dell'altro.
Quindi il Cantico ha un secondo atto che nel Cantico non c'è.
Qual è questo secondo atto? Sarà forse che lui e lei si sposeranno e daranno origine a una famiglia; oppure diventati anziani si circonderanno di attenzioni... oppure... Ma questo non si è voluto dire esplicitamente nel libro.

II Cantico e Dio
Perché lui e lei si muovono in una dimensione in cui non si nomina Dio?
A questo proposito proponiamo una bella riflessione di Bonhoeffer "Che un uomo tra le braccia di sua moglie debba bramare l'aldilà è, a essere indulgenti, mancanza di gusto e comunque non la volontà di Dio".
E continua citando una frase del Qoèlet: "Tempo per amare, tempo per odiare, tempo per vivere, tempo per morire, tempo per abbracciare e tempo per astenersi dagli abbracci. C'è un tempo per ogni cosa...". Ci sarà anche un tempo in cui Dio mi farà nascere il pensiero: "Voglio essere a casa"; cioè: passare all'altra vita. Ma nel momento in cui due si amano devono solo pensare all'amore.
Ecco perché il Cantico dei cantici col suo tacere su Dio è profondamente teologico: cioè mette in evidenza l'autonomia del mondo donato da Dio. Dio non è la chiave di ogni azione del mondo. Lo è in un altro modo.
E che il Cantico taccia, cioè che la Bibbia non sia un libro pio, un libro devoto (per usare un'espressione ancora di Bonhoeffer) questa è la grandezza della Bibbia.
Liberamente tratto da: Comunità di Caresto, Cantico dei cantici, Lectio divina per gli sposi, EDB 2008, p.87-95.

7-Due esempi di interpretazione classica

"Mi baci con i baci della sua bocca. Sì, le sue tenerezze sono più dolci del vino".
Una lettura rabbinica dice (una: perché la tradizione rabbinica afferma che le letture della Bibbia sono settanta!): qual è il momento in cui Dio ha baciato Israele? E il momento del monte Sinai, in cui Dio ha dato la Torah, la Legge. In quel momento c'è stato il bacio del cielo con la terra. O meglio, di Dio con Israele.
"Le tue carezze sono più dolci del vino".
Vino in ebraico si dice "jain". Som-mando le lettere di questa parola, in base alla loro valenza numerica, si ottiene settanta, che è considerato nella Bibbia come il numero dei po-poli del mondo. Settanta popoli, settanta isole, settanta nazioni.
Allora, questo primo testo verrebbe interpretato così: il bacio che Dio sul monte Sinai ha dato a Israele, dandogli la Torah, è più dolce di tutte le dolcezze di tutti i popoli del mondo. Interpretazione ingegnosa. Anche se leggiamo autori cristiani vi troviamo cose ugualmente ingegnose.
"Eccolo viene saltando per i monti, balzando per le colline…L'amato mio somiglia ad una gazzella o ad un cerbiatto".
Ippolito di Roma commenta così: "Ascolto il mio diletto. Eccolo che arriva, saltando per monti e colline. Il mio diletto somiglia a una gazzella, a un cerbiatto. Il Verbo saltò dal cielo fino al corpo della Vergine. Dal sacro ventre saltò poi sulla croce. Dalla croce saltò agli inferi. E da lì nella carne dell'umanità, alla terra. O nuova risurrezione! Successiva-mente saltò dalla terra al cielo e lì seduto alla destra del Padre, fino a quando salterà di nuovo per tornare sulla terra, nella salvezza finale".
A noi questo tipo di lettura fa forse sorridere o forse non ci soddisfa, ma dobbiamo rispettarla, ossia dobbiamo considerarla come una secolare, millenaria frequentazione del Can-tico, da cui ogni generazione ha cercato di cavare quello che la sua generazione o la sua mentalità religiosa gli permetteva.
E noi, per usare una espressione che era di Bernardo di Clairevaux, siamo dei nani sulle spalle dei giganti. I padri erano dei giganti e noi siamo dei nani. Però, essendo sulle loro spalle, benché nani riusciamo a vedere più in là di loro. Direi che questa immagine famosa deve indicare anche il nostro modo di leggere il Cantico.
Oggi noi attraverso la secolarizzazione, grazie anche alla critica biblica, riusciamo a leggere nella Bibbia cose che altri prima di noi (sotto di noi) non hanno potuto leggere.
Paolo De Benedetti

Per il testo del Cantico dei cantici clicca qui!

8-MI BACI CON I BACI DELLA SUA BOCCA (Ct 1,1-4)
Il fatidico primo bacio non è sulla guancia! Si tratta al contrario di un bacio appassionato, capace di coinvolgere tutti i sensi e di sconvolgerli

di Patrizio Righero
Se c'è un libro della Bibbia carico di femminilità è certamente il Cantico. Tanto che si potrebbe ipotizzarne la scrittura da parte di una donna. Mi piace pensare che la Bibbia non sia stata scritta solo da uomini.

Gli adolescenti e l’amore
Tanto per cominciare i primi versetti sono di "lei". E non a caso. All'autore, sia esso maschile o femminile, non è sfuggito il primato della donna. In età pre-adolescenziale è la ragazza la prima a sfiorare il mistero dell'amore. Il ragazzo ci arriverà dopo, incuriosito e attratto per lo più dalla fisicità e dalla bellezza di lei.
Il primo passo, anche solo nella fantasia del cuore, appartiene interamente a "lei" che precorre i tempi ("trascinami con te, corriamo") in un appello che non è ancora progetto ma già sogno. Il ragazzo resta, invece, avvinto dal presente e dall'istante.
Anche il desiderio nasce palesemente e senza censure dalla voce di lei. Un desiderio non mascherato né sublimato. Il bacio - il fatidico primo bacio! - non è sulla guancia. Si tratta al contrario di un bacio appassionato, capace di coinvolgere tutti i sensi ("inebrianti sono i tuoi profumi") e di sconvolgerli ("migliore del vino è il tuo amore").
D'altra parte non è un bacio fine a se stesso come potrebbe essere quello desiderato dal ragazzo, quanto piuttosto un bacio strettamente connesso ad un volto, ad una persona, ad un nome ("aroma che si spande è il tuo nome").
Ma c'è di più. Il bacio vissuto nella mente e a fior di labbra, il contatto che spaventa e au-menta il desiderio, l'immagine di "lui" innesca dinamiche psicologiche nuove, insospettate e difficilmente gestibili, come la gelosia ("le ra-gazze di te si innamorano").
La fantasia vola e, pregustando una gioia mai sperimentata prima ("gioiremo e ci rallegreremo"), si proietta fino alla realizzazione di un progetto di cui nemmeno lei ha ben chiari i contorni. Le "sue stanze" non sono solo la soglia della "prima volta", del rapporto sessuale appagante e soddisfacente, ma sono il superamento della distanza, l'unione profonda di due vite e due corporeità fino ad ora lontane e allontanate.
La poesia che ritma il Cantico è l'unica via percorribile dalla parola per dire questo desiderio, per raccontare a "lei" e a "lui" la dinamica dell'amore. Si racconta e non si spiega. Non qui.
Ed è questo il gradino educativo più difficile da affrontare con gli adolescenti sulle tematiche affettive e sessuali. Il genitore\educatore, chiamato a superare questo gradino, è inesorabilmente tentato dalla razionalizzazione. Ma l'adolescente domanda altro. E raramente do-manda e offerta si incontrano alla prima occasione.

Gli adolescenti e gli adulti
La sfida è quella ermeneutica. L'adolescente ha bisogno che l'adulto lo aiuti a leggere ciò che egli vive (talvolta in modo problematico) nella propria carne e nella propria anima. Il fenomeno dell'innamoramento e del desiderio, la scoperta di un corpo nuovo che grida esigenze nuove, lo scalpitare di un cuore che non si accontenta più dell'amicizia esigono risposte di senso che da sole non possono arrivare.
Su questo passaggio il Cantico offre una chiave di lettura teologica contaminando i linguaggi e i significati. Ma lo fa gradatamente, con la via poetica. Il messaggio è compreso solo se scoperto da chi lo vive.
La domanda, posta talvolta in modo secco o infastidito, può suonare più o meno così: "che cosa ha a che fare quello che provo e che vivo io con Dio?". La domanda non ha, almeno per l'adolescente, una risposta univoca e puntuale. Costituisce piuttosto, se espressa, l'inizio di un percorso di accompagnamento e di scoperta antropologica e teologica.
La risposta sbagliata è certamente la delega o, peggio ancora, la rimozione.

Un percorso con i fidanzati
Più di dieci anni fa, con mia moglie, iniziammo nella diocesi di Pinerolo un percorso per fidanzati a "lunga scadenza", cioè per giovani coppie in ricerca. Ora è una prassi diffusa ma allora era un'iniziativa ancora piuttosto rara.
Una cosa che ci colpì fu il senso di sollievo per molti giovani nel potersi presentare finalmente come coppia e di poter parlare e confrontarsi con altri. Per molti, che pure venivano da famiglie credenti o dall'esperienza dell'oratorio e di gruppi "impegnati", era la prima volta. Come pure, per molti di loro, la preghiera insieme, cioè di coppia, si rivelò una sorprendente novità, capace non di alienare e sublimare ma di estendere e approfondire il rapporto affettivo.
In alcuni percorsi, ancora oggi in circolazione nei testi e nella prassi, si tenta di infilare Dio nella coppia come un cuneo. A martellate.
La via suggerita dal Cantico è esattamente quella opposta: nelle cellule del rapporto a due, fin dal suo nascere, Dio si rivela come sorgente di amore. Occorre soltanto essere disponibili a leggerne la presenza.

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9-BRUNA SONO MA BELLA (Ct 1,5-8)
Una donna innamorata diventa improvvisamente bellissima

di Paola Lazzarini*
Non è difficile riconoscere una donna innamorata perché diventa improvvisamente bellissima, ha uno sguardo nuovo, una luce particolare e soprattutto una nuova consapevolezza di sé: negli occhi dell'amato ha scoperto la propria bellezza ed ora non può fare a meno di rifletterla.

Innamorate e belle
Misteriosamente anche le caratteristiche di sé che più la facevano sentire inadeguata diventano accettabili ed anzi amabili, quel percorso spesso faticoso di accettazione che aveva segnato in particolare la sua adolescenza diventa all'improvviso leggero.
Non sarà sempre così, molte paure riemergeranno, così come le insicurezze, ma nell'incanto dell'innamoramento per un istante tutto sembra possibile e questo è fondamentale per compiere quel passo azzardato e pericoloso che è lasciar entrare qualcun altro nella propria vita e nel proprio mondo interiore. E se quel passo è stato compiuto, sarà sempre possibile in futuro (nei momenti più difficili) attingere alla poesia e alla grazia speciale di quel momento sorgivo.

Sentirsi accolte
Le parole del Cantico ci descrivono con semplicità questo istante: la donna ha visto il suo altro, l'ha riconosciuto e si è sentita riconosciuta, da questo nasce il desiderio e la forza di mettersi in gioco così com'è, con tutta se stessa perché per la prima volta si sente accolta completamente e perfettamente.
Non sempre questo momento si presenta immediatamente e con questa semplicità, spesso tra l'incontro e l'abbandono all'amore si verificano alti e bassi che mettono a dura prova i due innamorati ancora non certi di essere corrisposti. È il periodo del "tradursi reciprocamente" ovvero quello che va dall'incontro alla dichiarazione (più o meno esplicita) della volontà di en-trambi di stare insieme, in questa fase si sviluppa l'attenzione maniacale ai particolari, il "se non chiama entro dieci minuti significa che non gli interesso", "se mi ha guardato in quel modo significa che vorrebbe uscire con me", eccetera…

Accettare i rischi dell’amore
In questo gioco appassionante e a volte snervante si condensa idealmente tutta la fatica dei due sessi nel tradurre i rispettivi segnali. Per una persona poco abituata e, magari, poco sicura di sé, questo rituale non codificato è fonte di vera difficoltà e a volte prostrazione. Mentre il cuore sarebbe desideroso di offrirsi, il timore del rifiuto spinge nell'angolo e ogni gesto diventa metro di giudizio, non sulla situazione, bensì su di sé. Però va detto che, per quanto ci si affanni ad interpretare i segnali dell'altro, in queste situazioni ciò che è davvero determinante è la disposizione a correre il rischio di venire respinti, che è il rischio di affrontare la vita con tutto ciò che comporta.
Come sopportare questo rischio? Innanzitutto pensando che se anche l'altra persona è interessata a noi, ciò non significa che sentirà e si comporterà nel modo in cui noi stessi reagiamo, sentiamo, e ci comportiamo. In secondo luogo riconoscendo che "vale la pena" correre quel rischio, nel senso letterale che è "una pena che vale": ben lungi dai giochi della seduzione proposti dai media, il rischio di innamorarsi è una cosa serissima che impegna tutto noi stessi e comporta fatica e a volte anche sofferenza.

Diventare dono
Per questo è così difficile interpretare i segnali e per questo è importante ri-cordare che anche, mentre si desidera donarsi all'altro senza riserve, occorre non perdere di vista il proprio valore intrinseco (siamo "brune ma belle" anche indipendentemente dall'altro), invece a volte si accorda all'altro il potere (che egli esercita in maniera totalmente inconsapevole) di dirci, con il suo sceglierci o meno, se valiamo come donne e uomini. E questo non è giusto.
Al tempo stesso, però, è solo nell'incontro pieno, nel "trovarsi e scegliersi" che la nostra e sua bellezza matura perché smette di essere una proprietà e diventa un dono.
Quando tutto ciò che siamo diventa offerta all'altro nel cammino da percorrere insieme, allora possiamo essere certi di essere entrati nello spirito del Cantico e di poter diventare, come i due amanti di allora, un unico canto d'amore.
* Dell'autrice vedi anche: Single di Dio, Le brave ragazze vanno in paradiso... da sole? Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2010.

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10-ALLA SUA OMBRA MI SIEDO (Ct 1,9-2,7)
L’incontro intimo coniugale non ha nulla di pornografico, ma amore che rimanda all'Amore, ragione di tutte le cose

di Nicoletta e Davide Oreglia
Il dialogo dei corpi nella nostra coppia coniugale è un atto sacro. Un dono fatto da Dio alla coppia perché sperimenti in terra un frammento dell'amore di Dio che cerca l'uomo con tutto se stesso e desidera incontrarlo in tutto il suo essere, corpo compreso.

Amarsi è un atto sacro
Dire che si tratta di un atto sacro è rendere giustizia al piacere che i co-niugi provano, sottolineare che si tratta di una dimensione molto importante. Dio ha creato tutto, il maschio e la femmina e già nel giardino di Eden aveva visto che la loro unione era cosa molto buona . Non perché l'uomo non abbia dignità da solo, ma perché alla coppia uomo e donna ha affidato il compito di essere segno, immagine di Lui nel mondo.
Questa immagine quando c'è?
Quando i due pregano insieme, quando dialogano, quando si prendono cura l'uno dell'altra e insieme dei fratelli, ma c'è anche un modo specialissimo in cui la coppia realizza questa immagine ed è quando i due fanno l'amore vivendo in pienezza il dono di sé. Una pienezza che contempla anche il piacere del dono reciproco.
Il talamo nuziale dovrebbe divenire luogo di unione fra di noi nel quale celebriamo il nostro amore, rinvigoriamo l'intimità, facciamo pace, chiediamo il dono di un figlio, ci sosteniamo in un momento di fatica e insieme lodiamo Dio per la bellezza dell'unione fisica che c'è fra di noi.
Prendersi cura del proprio corpo per essere "più bello/a" e piacere all'altro/a, non diventa allora una forma di edonismo o vanità personale, bensì un modo che contribuisce ad esprimere l'amore e realizzare il dono totale di me all'altro.
Il guardarsi, l'accarezzarsi, lo stare fisicamente vicini quando parliamo di noi, ci testimoniano come il corpo sia mezzo di conoscenza e comunicazione reciproca fondamentale. A maggior ragione l'unione fisica degli sposi deve essere luogo in cui comunichiamo noi stessi all'altro nella più totale donazione, dando gloria a Dio che ha voluto l'atto sessuale splendido nella sua forza e passione.

La dimensione del piacere
A questo proposito ci pare importante sottolineare come l'orgasmo, pur essendo uno dei doni collegati al piacere di donarsi e accogliersi, non costituisce la sola dimensione del piacere.
C'è una dimensione nella nostra coppia che dà senso al piacere vissuto assieme. È un po' come la cassa armonica al nostro orgasmo. Questa cassa armonica non è fatta di posizioni strane, di chissà quale ausilio da porno-ero-shop.
È la capacità di tenere unita la nostra coppia aumentando l'intimità fra di noi mantenendo viva la storia fra di noi, alimentando il legame che ci unisce... Il dirsi ciò che piace, tanto per incominciare, senza pretese, ma come dono che si fa all'altro per avere sempre più la possibilità di essere vicini. Ascoltare anche da lui o lei ciò che si aspetta dal nostro "stare uniti". Soste-nersi quando si attraversano momenti di fatica e poi saper trovare il vero metro di misura della nostra relazione: la nostra coppia e nessun altro presunto modello.
La cultura porno soft che è entrata nel nostro immaginario ha infatti riempito anche le nostre fantasie mettendo tutti noi in competizione con modelli di unione sessuale che sono finti e dannosi. Pensiamo alla mitologia delle posizioni, del numero delle prestazioni, della durata delle stesse e poi del fatto che sempre si da per scontato che solo se entrambi raggiungono l'orgasmo (sempre in contemporanea!) si può dire che il rapporto è andato a buon fine.

Cosa conta davvero
È il momento di iniziare a dire che è il legame ciò che dà qualità all'unione fisica e non il contrario. È la storia che io costruisco con te a rendere speciale il nostro incontro. È l'intimità che raggiungiamo, cioè la comunione di cuore, anima, spirito, che amplifica il piacere del nostro orgasmo. E dirsi con sincerità che a volte ci siamo sentiti molto vicini, uniti in modo profondo e speciale proprio quando…. la ciambella non è uscita con il buco, per vari motivi, di salute, di fatica o di preoccupazioni fuori e dentro noi. Che bello vedere e sentire che l'altro ti cerca per dirti che ha desiderio di te anche se sa che non sarà forse l'orgasmo a chiudere quell'incontro.
L'intesa fisica si costruisce ogni giorno. Sappiamo che fra di noi il dialogo ha bisogno di continue attenzioni e che la nostra preghiera di coppia deve essere curata costantemente; se vogliamo incontrarci e unirci profondamente quando facciamo l'amore dobbiamo riservare molte attenzioni e cure anche alla nostra vita sessuale.
Ma non si tratta dello sterile andare a caccia di novità esteriori e superficiali che possono dare il brivido dell'inedito, ma poi ci lasciano distanti e indifferenti l'uno all'altra. A noi è chiesto di vivere il rapporto sessuale nella profonda verità dei tre aspetti che esso porta in sé: l'aspetto unitivo, quello procreativo e quello ludico.

L’aspetto unitivo
Attraverso il dono del corpo io dono all'altro tutta la mia persona per dirle quanto la amo, quanto voglio il suo bene, quanto desidero essere "uno" con lei per farla più bella e per ritrovare completamente me stesso. Donarsi totalmente non è facile perché istintivamente ognuno tende a prendere per sé. Per questo dobbiamo "vegliare" ed allenarci per vivere bene l'aspetto unitivo valorizzando tutti i momenti della giornata nei quali siamo in contatto con il nostro coniuge: l'amore non si crea in camera da letto! Non diventiamo una caro con la semplice unione fisica se non siamo stati capaci di donarci e accoglierci durante il resto della giornata.

L’aspetto procreativo
Strutturalmente i gesti che uniscono un uomo e una donna sono gesti aperti alla vita. L'atto sessuale è fonte di fecondità. Una fecondità fisica, pro-creativa che può dare origine ad una vita eterna per conto di Dio, e una fecondità spirituale, (che non vuol dire astratta o meno reale) che aiuta la maturazione della persona, che dà vita al nostro coniuge.

L’aspetto ludico
L'atto sessuale è un atto gioioso. Di più, per noi sposi è l'atto perfettamente gioioso, perché coinvolge totalmente la nostra persona: non solo il nostro corpo, non solo i nostri sentimenti, non solo la nostra intelligenza. Tutta la nostra persona è nella gioia. È una conseguenza della donazione totale. Cercare il piacere per se stesso non sarebbe vivere da persona, ma vorrebbe dire rimanere al livello "animale" di soddisfazione di un bisogno.
Dio invita gli sposi a "sincronizzare palpiti di amore umano con palpiti di amore divino…, donazione fisica e donazione spirituale, profumo di castità e caste licenze e piaceri nuziali" (padre Mauri).

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11-MOSTRAMI IL TUO VISO (Ct 2,8-17)

L'amore è così: primavera e inverno, notte e giorno, luce e tenebre, lontananza e unità profonda.

di Elena e Giuliano
Il primo poema del Cantico è il racconto dell'incontro, tanto desiderato, tanto ricercato e finalmente realizzato, di un rapporto tra uomo e donna a livello fisico, di un rapporto di comunione a livello sessuale. Ecco ora, col secondo poema, il racconto di una lontananza. Il Cantico dei Cantici dice che così è l'amore: è primavera e inverno, notte e giorno, luce e tenebre, lontananza e unità profonda. L'assenza e il grigiore della solitudine è solamente il preludio per un nuovo incontro.
Non è possibile in-contrarsi davvero se prima non c'è stato un allontanamento; non è possibile riscoprirsi se non c'è stato prima un perdersi.
Scorrendo questi versetti ci si sorprende dall'incalzare dei verbi che esprimono movimento, potrebbero esprimere distrazione e superficialità ("arriva / salta / corre / spia /…") per poi arrivare ad una conclusione a sorpresa: "Andiamo, amica mia, mia bella, vieni". Nel testo ebraico "va verso te stessa".
È un invito a liberarsi ma non per sfarfallare di esperienza in esperienza ben-sì per entrare in sé stessi e scoprirsi.

Un amore che libera
L'amore vero è dare all'altro la capacità di andare verso sé stesso, di incontrare sé stesso. L'amore vero non dice: "Tu devi venire verso di me". Invece la realtà più profonda dell'amore è che l'altro possa sentirsi libero di fare il cammino che vuole, che non è assecondare il capriccio, sarebbe una forma subdola di schiavitù, ma conoscersi nell'intimo e capire i propri valori, esprimere le proprie potenzialità. Ossia è un amore che libera.
Sotto questa luce ora si capisce il correre del cerbiatto, il saltare della gazzella, il volo della colomba perché è lo spirito della persona che libra nell'aria del cielo.
Nel cammino a due è importante in qualche occasione fare l'esperienza dell'amore senza di lui, senza di lei: solo allora è possibile l'inizio del dialogo. Deve trovare in sé stesso la forza per uscire dalla propria prigione, non per andare sotto un altro padrone, non per diventare padrone di un altro, ma per liberarsi appunto "come colomba".
L'amore o cambia, trasforma, rende possibile un passaggio, una trasformazione, altrimenti non è amore. Molte volte l'amore tra due persone è perché l'altro mi aiuta a realizzare quello che io sono, a rimanere quello che io sono, e io aiuto l'altro ad adagiarsi in quello che egli è: questo rischia di essere l'incontro tra due egoismi. L'amore dà la spinta per fare un cammino di liberazione, per andare verso sé stessi e liberarci dalle chiusure.

Le piccole volpi
L'amore è la scoperta della propria identità. Chi sei? L'amore mi fa continuamente da specchio perché io possa scoprire chi sono, è un risveglio su sé stessi perché siamo come ad-dormentati, drogati. Amore è farsi de-stare al proprio destino uscendo dalla paura dei propri limiti, specie da quelli che facciamo fatica ad accettare.
"È finito l'inverno […] già spuntano i fiori". Si tratta di rinascere, di risbocciare nell'anima per fare il vero passaggio all'altra sponda del mar Rosso e spezzare troppi legami personali, amicali e familiari opprimenti e iperprotettivi.
L'immagine delle piccole volpi richiama qualcosa che può distruggere un'esperienza preziosa, grande. La volpe è qualsiasi altra persona o cosa che disturbi l'esperienza profonda della serenità e della libertà interiore, che voglia portarci a fare altre cose, altre esperienze. Quando ti sei abbandonato all'amore e alla libertà, allora "Il mio diletto è per me, come io sono per lui".
Ognuno può prendere la sua strada ed andare dove vuole; la vita lo porterà a trascorrere in tempi e in luoghi che possono distrarre ma si porterà sempre con sé l'amato/a.

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12-L’ho cercato ma non l’ho trovato (Ct 3,1-5)
A volte ci capita di non riconoscere più l'altro perché è cambiato, non è più quello di prima

di Antonella e Renato Durante
In questo momento del nostro cammino di famiglia le nostre figlie adolescenti vivono le loro prime esperienze: cotte, amici, sorrisi, batticuori, sguardi sfuggenti ma intensi, sbalzi d'umore...
Questo ci fa ricordare che il nostro amore di coppia parte da lontano, muove i suoi primi passi silenziosamente nella nostra giovinezza, prima di diventare "adulto". Ci fa riscoprire anche la forza di questo testo.
Le bellissime espressioni poetiche con cui si descrive la storia, sono cariche di quella forza della vita e per la vita che è l'amore per l'amata o l'amato.
Tutto sembra possibile, anzi lo deve essere. Nessun ostacolo, niente può impedire l'incontro di questi due individui, tutto "core"...

Non trovare più l’altro
La sensibilità della protagonista (non a caso la donna) pone al centro la ricerca dell'amato e, prima ancora, il vuoto che lui ha lasciato.
Si è svegliata e non ha ritrovato il suo amato là dove l'aveva lasciato poco prima. Capita anche a noi di accorgerci che non troviamo l'altro dove pensavamo fosse: è cambiato, non è più quello di prima, stentiamo anche a riconoscerlo.
Vivere l'esperienza di coppia è non perdersi di vista, cercarci per condividere e camminare insieme.
È l'amore che ci fa inseguire l'amato, è l'amore che ci tiene in contatto e ci fa muovere verso gli altri. Anzi è il desiderio dell'altro, la sua nostalgia: è solo il desiderio che mi fa fare l'esperienza del fatto di non bastare a me stesso, di cercare l'altro da me.
Il desiderio intenso dell'altro vince le distanze che separano gli individui, rendendoli una cosa sola.
Il fatto che non te lo ritrovi accanto, te lo fa ricercare e trovare diverso e nuovo ogni volta.
Nel rapporto di coppia c'è un equilibrio dinamico, un cercarsi sempre, uno scoprirsi nuovi. Il tempo non attenua il desiderio ma arricchisce la condivisione che cerca vie profonde, consonanze non solo dei corpi.

Oltre il privato
L'amata esce di casa in cerca di lui e va in giro per la città, chiede alle guardie.
Questo uscire, spinti quasi dalla disperazione e incoscienti dei pericoli, ci porta a dire che la relazione di amore diventa pubblica e acquisisce una realtà nuova: testimonia che la città stessa potrà avere un futuro, la città potrà godere del tempo che verrà, delle gioie e del frutto dell'amore dei due.
Attraverso i due continua quell'opera creativa partita da Dio che dà un senso al tempo, trasformandolo in tempo di speranza con il mistero della nascita dei figli.
L'essere pubblico dell'amore chiede stabilità, un impegno ad essere fedeli l'uno all'altro. La fedeltà può esistere solo se non ci si blocca all'immagine di lui e di lei, che nell'innamoramento abbiamo idealizzato, ma segue i passi e i cambiamenti delle persone, che altrimenti stenterebbero a riconoscersi dopo anni, magari quando i figli diventano grandi.

Uscire di casa
All'inizio i fidanzati spariscono dalla circolazione, la dimensione della coppia annulla il mondo che li circonda; ma l'amore cresce, non si ferma, e quello stesso desiderio che li unisce trova la pienezza e la felicità quando profuma di sè, con la sua positività, tutta la realtà che li circonda.
La natura dell'Amore è quella di essere senza misura, straripante, incontenibile e sfacciato. Chiede perciò ai due amanti di assumersi la responsabilità nei confronti della vita e della città, per quanto l'amore li spinge a fare.
Tale è la loro forza che nessuno rimane indifferente (il gossip in qualche maniera lo segnala, anche se tutto rimane irrimediabilmente in superficie). Perché?
Perché rappresenta la speranza di futuro che si accende nel volto di ogni uomo che ha fatto l'esperienza di essere amato e di essere amante.

La forza della comunione
Questa forza trascina tutti, primi fra tutti gli amanti.
La loro presenza parla della loro relazione, senza di essa niente può esistere. La temporanea assenza aumenta l'attesa, delinea la figura dell'amato/a nei pensieri dell'altro. Il pensiero dell'altro lavora dentro all'animo sino a sperimentare che il proprio bene sta tutto nel favorire il bene dell'altro. Infatti ogni cosa che turba uno dei due, rattrista e impegna entrambi.
I due sperimentano la forza di essere in "due" (la comunione), costruendo una relazione profonda che si alimenta nel dialogo, nell'intimità e nella condivisione della propria vita. É questa la vera forza che regge le coppie nella fatica di affrontare le sfide e i costi di un amore che non può rimanere chiuso tra le mura della nostra casa. Pena la sua fine.

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13-GUARDATE IL RE SALOMONE (Ct 3,6-11)
Con il matrimonio le nostre vite hanno preso una direzione definitiva, deciso un programma, accolto una vocazione

di Céline e Paolo Albert
A distanza di tanti anni il giorno del nostro matrimonio resta una pietra miliare nella nostra storia. Non è tanto il giorno in sé, la chiesa, il ricevimento, gli amici... ma è stato lì che abbiamo cominciato a vivere; la mia, la sua vita hanno preso una direzione definitiva, deciso un programma, accolto una vocazione.

"Giorno di letizia nel suo cuore"
Allora eravamo tutti e due ben lontani dal capire bene cosa facevamo; c'era un'intenzione ferma che fosse una scelta l'uno per l'altra "per sempre", ma più fondata su una tradizione, sull'esempio dei padri, sulle famiglie di origine che allora erano vere famiglie.
I fidanzati oggi non sempre hanno questa base di partenza o, comunque, questa base non ha più la forza di 40 anni fa, ma quando vengono al "corso prematrimoniale" hanno fatto anche loro una scelta importante di vita: lui/lei sono la scelta definitiva, almeno in quel momento.

"Perché ecco l'inverno è passato è cessata la pioggia, se ne è andata"
Accanto a te il mondo è più bello. Un tempo solo per noi, solo per consegnarci di nuovo all'emozione di una vicinanza disinteressata. È il mio essere con te che da senso alla mia vita.
Dire che è coscienza di ciò che è il matrimonio cristiano sarebbe troppo, ma è una buona partenza. La vita qualche volta ci aiuterà a capire meglio, a dare radici più profonde, a rivelarci il senso, la gioia di una scelta che si rinnova con gli anni.
Il passo più difficile è passare da: "essere fatti un per l'altra", "tu sei destinata/o a me" all'amore che vede la sua "bellezza", e di essa si alimenta.
Vedere la bellezza dell'altro, superare l'esigenza umana ma distruttiva di misurare l'altro, il figlio, la vita a due... sulla base della soddisfazione per me.
La primavera del Cantico porta alla rinascita mia e sua in una dimensione nuova, dove la parola sacrificio non misura più bene la realtà di ciò che mi è chiesto.
Forse il sacrificio c'è anche, è vero che rinuncio a qualcosa di mio, ma superato, che deve riposizionarsi in un rapporto in cui la felicità nasce dall'essere felici insieme, in cui "la paga" è vedere che riesco a farle brillare gli occhi.
Le vicende della vita ci hanno concesso di restare l'uno accanto all'altra per lunghi anni.
Guardando indietro ci rendiamo conto che questo vivere insieme come fisico e spirito è il risultato di tante scelte fatte al momento opportuno, senza troppa fatica, ma determinanti.
La più ovvia per un uomo è gestire gli sguardi: guardare la moglie con tenerezza, affetto e lasciare la donna di passaggio che attira e potrebbe piacere. Lo Spirito è sempre stato un buon suggeritore, gli abbiamo sempre chiesto di tenere vivo in noi il desiderio, l'altro/a ci sarebbe mancato troppo.
Negli anni abbiamo avuto la fortuna di poter approfondire il sentimento con gli occhi della fede, una lenta ma costante opera di maturazione, di consapevolezza con l'aiuto di altre famiglie, dei sacerdoti che avevamo scelto di avere vicino.

"Guardate il re Salomone con la corona che gli pose sua madre il giorno delle nozze"
La corona posta sul capo del re, dello sposo, è per sempre. L'incoronazione che viene dalla madre richiama la generazione del figlio a cui essa rinuncia per donarlo alla sposa, alla nuova famiglia.
Per noi, figli di famiglie numerose, è stato più facile, era scontato che fossimo donati a formare un'altra famiglia. Più volte negli incontri con i fidanzati è emersa la domanda: "ma se lui/lei cambia?". "Come si fa oggi ad impegnarsi per tutta la vita, cosa mi garantisce...".
La relazione coniugale qualche volta viene valutata come una forma di contratto tipo: "la mia ditta fa affari con te fino a quando non troverò di meglio". E se trovo un'occasione migliore che sembra essere quella della mia vita?
C'è anche chi si congela: "ormai l'ho sposata/o…". Ma che per sempre è?
La definitività della scelta introduce ad un salto di qualità, rende capaci i coniugi di comunicare in modo nuovo. Il "per sempre" che mette a nudo la totalità della persona, l'una di fronte all'altra, senza più calcoli e residui, con tutti i limiti e le povertà dell'altra fa esplodere tutte le risorse nascoste di ciascun coniuge.
A partire dalle nozze ciascuno ha interesse a lavorare per il matrimonio, ad investire i propri talenti scoprendo che è dal ben-essere dell'altro che deriva il mio.
La definitività dunque conduce a scoprire la fedeltà come il sentiero in cui si realizza la libertà. La mia vita di coppia è una parola d'Amore detta da Dio alla Chiesa ed all'umanità.

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14-Latte e miele sotto la tua lingua (Ct 4,1-5,1)
Fontana che irrora i giardini tu sei, sorella mia, sposa, pozzo d’acque vive e ruscelli sgorganti dal Libano

di Mariarosa e Franco Fauda
Nella nostra vita matrimoniale e cristiana non c'è nulla di così immediato che il rievocare le parole antiche racchiuse nel versetto 11b del capitolo quarto del Cantico dei Cantici: "C'è latte e miele sotto la tua lingua…".
Parlo di immediatezza perché il linguaggio è inequivocabile, parla ai sensi di ognuno, su questo possiamo fondare altri ragionamenti spirituali e di parallelismo tra la nostra vocazione e quella verginale dei consacrati, tra noi sposi e il Creatore che ci ha fatto incontrare ed ha permesso che il nostro amore potesse incarnarsi, così come Lui ha dovuto rendersi visibile, palpabile, udibile, in una parola essere un vero uomo per essere un vero Dio.

Corpo e anima
Noi sposi ben conosciamo le nostre piccole e grandi gioie del trovarsi in una intimità che non sempre è un amplesso, può essere una carezza o un bacio, come proposto dal versetto sopracitato, oppure un sorriso in cui la complicità del corpo fa da contraltare al sentimento più profondo e sincero che l'uomo abbia mai sperimentato: l'Amore con la A maiuscola.
In effetti la nostra corporeità non è mai scissa dalla nostra spiritualità né dalla nostra anima, è un tutt'uno: col corpo. Abbiamo senz'altro le percezioni dei quattro sensi: vediamo l'altro per quello che è, sentiamo la sua voce, tocchiamo il suo corpo, gustiamo il suo sapore; ma abbiamo anche delle percezioni spirituali mediate dall'Amore.
Infatti vediamo il coniuge per quello che può diventare, sentiamo il suo silenzio carico di messaggi, siano essi positivi o negativi, percepiamo la sua gioia o il suo star male, sappiamo intercettare tutti i segnali non verbali che l'altro ci comunica.
Con la nostra anima viviamo l'esperienza della nostra vita, da due singole persone veniamo a costituire con la Fede una sola testimonianza. È la relazione che sappiamo creare tra noi che incarna la nostra vocazione di sposi cristiani, facendo vivere in noi, sulla nostra pelle, il comandamento nuovo espresso nel Vangelo di Giovanni: "amatevi l'un l'altro… da questo sapranno che siete miei discepoli" (Gv13,34-35). È un'esperienza che va oltre il tempo che ci è concesso di vivere insieme.

Una sola vocazione
L'Amore che ogni coppia conosce è fatto di donazione, non di possesso, di apertura al prossimo, non di egocentrismo sfrenato, di fedeltà reciproca, non di tradimenti o menzogne.
Per questo non è sbagliato confrontarsi con l'altra vocazione ecclesiale: quella dei sacerdoti, delle suore o dei consacrati. Anche loro sono chiamati col loro corpo all'intimità con Dio; con Lui e con la Chie-sa si realizza la loro vocazione fatta di donazione alla comunità o all'assoluto, di apertura al prossimo fino ad atti di vero eroismo, di fedeltà alla chiamata del Signore che li vuole totalmente al Suo servizio nella verità del messaggio, della buona novella, in una parola del Vangelo.
In fin dei conti tutti insieme formiamo la Chiesa, come Gesù l'ha voluta, per questo le due vocazioni si fondono negli intenti e nella testimonianza.
Al giorno d'oggi c'è fame di veri cristiani che col loro esempio incarnino la Parola, essendo sposi e vivendo come tali i valori che troviamo nell'antico e nel nuovo Testamento: il Cantico dei Cantici è attuale ora come migliaia di anni or sono; lasciamoci pervadere dalle parole così poetiche di questo antico Libro, ma non fermiamoci alla superficie del testo.

Dio e la nostra coppia
Cerchiamo per ogni sposo il significato recondito che quel bacio appassionato significa: può suggerire di godere dei doni di Dio, considerando il coniuge come il dono più prezioso che il Creatore potesse farci, rendendo a Lui una bella testimonianza di lode. Oppure la fatica che il Signore ha dovuto fare per convertirci, e quel bacio è un nettare di dolcezza voluto da Lui che prende possesso della nostra coscienza, della nostra anima e del nostro corpo. Per cui il latte e miele viene vissuto come lenitivo, come un balsamo capace di colmare una profonda ferita e di sconfiggere il male ed il dolore, specie dopo la scomparsa del coniuge o di un figlio.
Noi percepiamo il nostro amore come quel sentimento puro incarnato nei gesti comuni di tutti i giorni: il caffè portato al marito o alla moglie non per dovere ma per piacere, l'ascolto empatico dei problemi lavorativi dell'altro, la gioia nel condividere una futura nascita ecc.
Ci sarebbero milioni di esempi per tante quante sono le coppie innamorate. Per cui la presenza del Signore si svela nell'intimo della nostra relazione attraverso un gesto comune come un bacio che viene fatto dal coniuge ma è mediato consapevolmente o meno anche da Dio.

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15-IL MIO DILETTO ERA SCOMPARSO (Ct 5,2-6,3)
Con la quotidianità anche il più azzurro dei principi si rivela uomo, nella sua interezza, limiti ed insicurezze compresi

di Stefania e Joram
Ancora una volta il Cantico dei Cantici ci colpisce, nella sua poesia, per la forte capacità di rappresentare autenticamente l'amore tra Lui e Lei.
L'amato bussa alla porta, lo fa con l'enfasi di chi non vede l'ora di riabbracciare la propria amata, fuori fa freddo e lui desidera scaldarsi col calore della propria sposa. La donna però si fa attendere, pur desiderosa di accogliere il proprio amato. Quando va ad aprire trova una spiacevole sorpresa: il suo diletto è scomparso.

L’amore e la quotidianità
Milleduecentocinquanta parole ebraiche per disegnare, con passione, con dolcezza, con profondità la relazione tra Lui e Lei, solo cinque per evidenziarne un dettaglio genuino e sempre in agguato: l'imperfezione. Ma andiamo con ordine.
All'inizio il nostro amato ci appare privo di qualsiasi difetto. Bello, simpatico, intraprendente, affascinante. Un sogno. Si dice che gli innamorati abbiano "delle fette di prosciutto sugli occhi" per spiegare quella difficoltà a guardare l'altro in modo obiettivo; chi più, chi meno, lasciamo largo spazio al cuore anziché alla ragione e si sa: il cuore parla con le emozioni che della razionalità non sono molto amiche.
Poi arriva la quotidianità. Giorno do-po giorno il sogno dell'altro che ho scelto e mi ha scelto si rapporta con la realtà, a cui va riconosciuto il merito di rendere concreto quanto sperato, quanto desiderato, ma anche il duro compito di aprire gli occhi dei due innamorati.
Nella realtà i pregi, le qualità, le potenzialità di colui che ho al fianco lasciano naturalmente spazio ai difetti, alle mancanze, alle paure.
Con la quotidianità anche il più az-zurro dei principi si rivela uomo, nella sua interezza, limiti ed insicurezze compresi. Con la quotidianità, che è ricchezza e fulcro della coppia, se ben vissuta, si fanno vive trappole in cui è facile cadere, talmente forti da rendere anche il più bel rapporto una relazione mediocre, senza futuro; reti in cui ci si sente imbrigliati, invece di trampolini da cui progettare il proprio futuro.
Aiutiamoci con delle immagini: sarà più facile comprendere ciò in cui siamo immersi ed evitare tre trappole di cui è tanto difficile accorgerci.
Il mito della mela
Sogniamo, sia perché è insito in noi, sia perché culturalmente va di mo-da, di trovare la nostra metà perfetta. L'altra metà della mela, che combacia perfettamente con i nostri contorni, quella che è sta-ta creata apposta per noi.
Ci sembra di averla trovata e "puf", la metà mela si rivela molto diversa da quello che ci era sembrata. Un disastro. O, semplicemente, la realtà.
Noi essere umani, siamo talmente unici, complessi, originali che è totalmente illusoria l'idea di trovare chi sarà uguale a me.
E questo ci sconforta, ci spaventa, ci fa scappare. Ci delude.
La sfera di cristallo
L'altro, poiché è stato scelto e soprattutto ci ha scelti, deve conoscere i miei stati d'animo, indovinare i miei desideri e, possibilmente, anticiparli. Se non lo fa, non è adatto, non mi ama, non funzioniamo, ma di uomini in grado di leggere nella mente dell'altro se ne trovano solo al cinema.
Le statue di sale
Famosi studiosi delle dinamiche familiari si sono resi conto che noi esseri umani siamo molto abili ad ingessarci e in particolare ad immobilizzare l'altro in sculture che ci impediscono di scorgere punti di vista differenti e capaci di deresponsabilizzarci, perché tanto "è lui che non mi ascolta, io gli racconterei tutto".
Sono pericoli che la coppia, che quel Lui e quella Lei tanto innamorati, devono conoscere, per poterne non stare alla larga, bensì prenderli di petto e darne un nuovo senso. Ma come? Come restaurare l'immagine dell'amato, della relazione che ci unisce?
Di nuovo ricorriamo a delle immagini per scorgere delle possibili vie di aiuto.
I linguaggi dell'amore
Esistono diversi linguaggi per dare e chiedere amore, per esempio il contatto fisico, la ricerca di momenti speciali o di gesti di servizio.
Ognuno di noi conosce ed utilizza in particolare uno o alcuni di essi e spesso non sono gli stessi di quelli utilizzati dal partner, creando così confusione. Il confronto, il dialogo e la voglia di imparare il linguaggio dell’altro renderanno possibile una più facile intesa.
La giusta distanza
Le colonne del tempio mantengono la distanza, recita una celebre poesia di Gibran. L'altro non è, non può essere la mia fotocopia o la mia parte mancante, ma è se stesso, da scoprire nella sua pienezza, arricchendosi l'un l'altro.
Un libro da scrivere in due
Una storia scritta, pagina dopo pagina, insieme: è ciò che rende l'altro unico. Non il suo corpo, che il tempo inevitabilmente modificherà, nemmeno il suo cuore, che con le sue emozioni è troppo altalenante, ma la storia scritta insieme; con i suoi alti e i suoi bassi, le sue pagine fitte e i suo fogli bianchi.
Sarà questo libro a rendere Lei e Lui insostituibili e bellissimi, per sempre.
Un banchetto
Pensiamo alIe nozze di Cana. Non dimentichiamo di invitare Gesù e Maria quando delle difficoltà minano la relazione. Anche noi, come Maria, non arrendiamoci alle difficoltà, ma cerchiamo di restituire il giusto sapore alla quotidianità della coppia.
Tanto è forte il gusto di un amore ritrovato che la sposa, nel Cantico, lascia improvvisamente alle spalle il racconto della fatica della ricerca per descrivere la gioia straripante del ritrovamento: "io sono del mio amato e il mio amato è mio" (Ct 6,3).

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16-L’HANNO DETTA BEATA (Ct 6,4-7,10)
La beatitudine dell’altro è frutto del mio amore, un amore che sono chiamato a coltivare e rinnovare ogni giorno

di Fabrizio Bertrand
Due sono le riflessioni che mi vengono in mente, riferite ai versetti 6,9 e 6,10.
La prima è legata all'espressione "la dicono beata", che mi richiama il "d'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata".

"Le giovani l’hanno detta beata"
Con una battuta un po' ardita chiederei a Maria il copyright per aver copiato nel suo Magnificat le parole rivolte alla mia amata. Beata è la donna amata ed è questa sua condizione di amata a renderla tale.
Sono le giovani ad ammirare ed invidiare la mia donna proprio perché amata, una situazione in cui anche loro vorrebbero trovarsi.
Questo "essere beata" è merito mio che con tutti i miei difetti di uomo l'ho incontrata e, grazie a Dio, amata. E, se questo aspetto da un lato mi inorgoglisce, dall'altro mi chiama ad un grande impegno, a rinnovare giorno dopo giorno il mio amore per lei, a coltivarlo secondo dopo secondo, con costanza ed attenzione, anche e soprattutto nei momenti di difficoltà.
È nel quotidiano, nelle piccole cose di ogni giorno che l'amore cresce e si fortifica e non basta l'impegno di uno dei due.
Se voglio che la mia sposa, la mia amata venga riconosciuta beata dalle altre donne mi devo impegnare io in prima persona, senza deleghe, senza se e senza ma.
Beati sono coloro che, come i Santi, vivono faccia a faccia l'incontro con Dio, che è amore traboccante ed esagerato; beata è colei che nell'incontro con l'amato sperimenta quello stesso amore che intercorre fra le persone della Trinità, amore gratuito, amore eterno, amore misericordioso, amore che ama anche il limite dell'altro.
Proprio in quell'amore trinitario sempre fedele che Dio riversa sul suo popolo affondano le radici del nostro amore coniugale: vista la premessa come potrebbe non essere un amore assoluto ed indissolubile?

Pecore e palme feconde
E questa è noia? Mi pare assurdo, la ricchezza dei versi del Cantico dei Cantici parla di fecondità, mi fa pensare al misterioso germogliare di una foresta nella quale sbocciano piante e fiori di ogni tipo, dai colori e profumi più svariati ed inebrianti. Sicuramente curare amorevolmente ciò che cresce richiede fatica, ma la noia mi sembra il sentimento di chi ha rinunciato a lasciarsi incantare. L'amore richiede assidua attenzione, perché possa esprimersi al massimo delle proprie potenzialità, perché permetta a ciascuno di far emergere la propria individualità e creatività, perché non perda col tempo vitalità e freschezza.

"Chi è costei che sorge come aurora?"
La seconda riflessione ripete le parole delle regine: "Chi è costei che sorge come aurora?".
L'interrogativo dovrebbe risuonarmi in testa ogni giorno per chiedermi quanto davvero conosco mia moglie, quanto le sono vicino con tutto il mio essere. Davvero la conosco? E cosa conosco di lei?
Perché l'amore nasce innanzitutto dalla conoscenza reciproca, dallo scoprirsi vicendevole che porta all'apertura nella coppia, da un dialogo creativo che permette all'io di ciascuno di integrarsi in un noi assolutamente originale.
Ma questa conoscenza deve essere fatta a piccoli passi, sempre nel rispetto dell'altro: non c'è fusione. Come fra le persone della Trinità, c'è un amore che procede dall'amato e dall'amata in un continuo scambio e quanto più l'alleanza fra i due si fa profonda, tanto più si intuiscono i pensieri, i desideri dell'altro.
Certamente, però, la perfezione ancora non ci appartiene e quindi il nostro amore fa i conti con i nostri limiti e le nostre debolezze, è un cammino che inizia ogni giorno, a volte ci lascia con un po' di amaro in bocca. Sta a noi non fermarci lì: Gesù ci insegna che alla sua sequela con anche solo due pani e due pesci si possono fare grandi cose.
L'amore sicuramente nasce ed è alimentato da una relazione e da una comunione profonda, tuttavia l'altro rimarrà sempre avvolto da un alone di mistero e di insondabile: ogni giorno devo scoprirmi in ammirazione della mia amata sposa. Voglio paragonare la mia estatica ammirazione quotidiana verso la mia amata allo stupore dei pastori di fronte al Bambino Gesù. Non è solo la meraviglia di una nuova vita a stupirmi, ma vuole essere soprattutto il quotidiano sorriso (o brontolio) di mia moglie appena svegliata.
L'aurora avviene ogni giorno, uguale ma diversa per chi sa osservare con attenzione. Così deve avvenire con mia moglie: i giorni si susseguono uno dopo l'altro; è sempre lei accanto a me ma ogni giorno è diversa, ogni giorno ha una "sfumatura" particolare, un "colore" diverso. Sta a me cogliere questi colori.

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17-TI FAREI BERE VINO AROMATICO (Ct 7,11-8,4)
La nostra storia d'amore vive nel ricordo del passato, della concretezza dell'oggi e del desiderio del futuro

di Ernesta e Gianprimo
Il Cantico dei Cantici è un libro affascinante ma sembra difficile da calare nella realtà quotidiana: noi ci abbiamo provato.

"Io sono del mio amato e per me è la sua passione"
Il nostro amore, consacrato nel sacramento del matrimonio, ci rende l'uno per l'altro; siamo due, due storie, due vissuti, due esperienze, ma il nostro amore ci rende una cosa sola, niente può rimanere fuori dal nostro rapporto d'amore. Tutto in noi è diventato desiderio unico di amore che si dona all'altro e che accoglie l'altro come un dono. Io gli appartengo e il suo amore è per me.

"Vieni, mio amato, usciamo in campagna"
L’amore tra noi non deve e non può essere oppresso dagli affanni quotidiani. "All'alba andremo a vedere le vigne: per vedere se la vite germoglia, se sbocciamo i fiori, se ai melograni spuntano le gemme": il nostro amore ha bisogno di momenti d'intimità per coglierne i frutti. Solo dove possiamo gustare la bellezza della vita, la gioia dell'incontro vero, allora "là io ti darò il mio amore", lontani dalla confusione che ci toglie la voglia di parlarci, che ci stordisce di parole inutili, che rende il nostro amore vuoto di significato.
Con un invito delicato e tenero la donna conduce per mano il suo uomo in campagna, segno di quel desiderio di camminare insieme sulla strada della vita, disposti ad aspettare l'altro che a volte non ce la fa e si ferma.

"Le mandragore esalano il loro profumo, alla nostra porta ci sono tutti i frutti più squisiti, frutta secca e fresca che ho conservato per te, mio amato!"
Siamo invitati ad assaporare il profumo di ciò che ci circonda, di ciò che riempie le nostre giornate: un gesto di attenzione, un figlio che ci sorride o ci tende la mano, un'occasione di perdono. I frutti che sono alla porta della nostra casa sono tutto ciò che abbiamo da offrirci, ciò che ci portiamo come bagaglio della nostra vita e ciò che pian piano stiamo costruendo insieme, niente deve essere buttato, ma tutto deve essere conservato per il mio amato, perché il nostro amore sia ancora più forte.

"Incontrandoti per la strada, ti potrei baciare e nessuno potrebbe svergognarmi"
Perché vergognaci del nostro amore? Dio, dopo che ebbe creato la donna e averla condotta all'uomo, non vide forse che era cosa molto buona?
Eppure a volte abbiamo vergogna a far vedere agli altri la bellezza del nostro amore.
Oggi spesso, troppo spesso, si sente di coppie che si separano e niente crea vergogna, sembra qualcosa di naturale, quando un rapporto d'amore a un certo punto finisce.
È nostro compito quindi riempire chi ci è vicino con il profumo dell'amore al quale l'amato ha condotto l'amata, la quale, per ringraziarlo, gli offre il suo profumo più inebriante.
Il desiderio finale dei due amanti "la sua sinistra è sotto il mio capo, la sua destra mi abbraccia" rende chiara l'idea della bellezza e della profondità dell'abbraccio che indica non solo una vicinanza fisica ma il desiderio grande dei nostri cuori di camminare nella stessa direzione.

"Io ti farei bere vino aromatico, succo del mio melograno"
Sono questi i simboli di un amore forte e dolce, duraturo e appagante.
Il messaggio finale che possiamo cogliere da questi versetti è il se-guente: dopo il nostro incontro, scoprire che la passione del mio amato è per me, desiderare l'intimità fisica e dei cuori, pervadere tutt'intorno col profumo inebriante del nostro amore e rimanere abbracciati, avvolti dall'estasi dell'amore, questo è il senso della nostra storia d'amore, che vive nel ricordo del passato, della concretezza dell'oggi e del desiderio del futuro.
Letto nella situazione attuale in cui viviamo, sembra un quadro astratto, pura illusione di un amore che non esiste più, invece sono proprio caratteristiche che oggi più che mai dobbiamo riscoprire per rendere il nostro amore protagonista della nostra vita, per non lasciarlo soffocare da un amore vuoto e superficiale che la nostra società ci pubblicizza ora come non mai.

"Figlie di Gerusalemme, vi scongiuro, non destate, non risvegliate l'amore finché non lo desideri!"
Niente e nessuno possono destarci da questo sogno d'amore, perché, anche se difficoltoso, è un amore grande e ci dona una felicità che vorremmo non finisse mai.

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18-FORTE COME LA MORTE È L’AMORE (Ct 8,5-7)
Il nostro amore è colmo di quell'amore che Dio ha messo nelle nostre povere viscere, membra eternamente vive

di Paolo Brugnera
"L'amore è forte come la morte" (8,6). Queste tre parole sono state considerate come la sigla poetica, simbolica e spirituale del Cantico dei Cantici.
Al centro di questo poemetto, in cui sembra assente Dio, c'è l'amore umano, giovanile e primaverile, che rimane tale anche nella te-nerezza della coppia fede-le e innamorata , nella perseveranza feconda di due anziani coniugi.
Soffermiamoci a quanto questo versetto ci dice dell'amore umano.
Rileggendo queste poche parole mi sono venuti in mente due fatti, molto simili, ma al contempo diversi.

Un incidente stradale
Dieci giorni fa Martina, una ragazza di ventidue anni si è schiantata contro un muro, mentre andava all'università. Una giovane impegnata nello studio e nello sport con ottimi risultati, come hanno attestato anche durante le esequie i suoi amici. Una giovane che faceva anche del volontariato e si occupava della formazione catechistica dei bambini.
Ma vorrei porre l'attenzione su quello che ha riferito di lei il suo fidanzato Nicola, al termine del rito funebre. Con le parole rotte dal pianto, ha riletto una lettera che, qualche tempo prima, Martina gli aveva scritto. "Voglio stare con te, voglio solo amare te, amore mio. Non desidero altro che passare la mia vita con te, fare tante cose insieme a te; vorrei fare tutto insieme a te; vorrei avere dei bambini con te; sì, perché per me non c'è cosa più bella di questa…" Nicola leggeva queste parole, così belle, così semplici, così piene di amore, di affetto, di stima, così gravide di progetti e di passione; ma anche così apparentemente tragiche e umanamente impossibili da realizzare. Ma Nicola, lottando contro il singhiozzo, confermava la sua volontà di rimanergli fedele, la sua intenzione non solo di non dimenticarla, ma di ricordarla "per sempre, mio amore".
A me, e credo non solo me, che partecipavo a questo funerale sono tornate alla mente le parole del Cantico "il mio amato è mio e io sono sua" (2,16) o quello parallelo "io sono del mio amato e il mio amato è mio" (6,3). Forte come la morte è l'amore.

Morire di cancro
È stata la stessa sensazione che ho provato qualche anno fa, quando Manuela, una carissima amica ci ha lasciato. Dopo aver lottato invano contro il cancro, lei, donna giovane e forte - che insieme al marito Eugenio aveva accettato prima un figlio con gravi problemi fisici, e poi, aveva voluto lo stesso aprirsi di nuovo alla vita adottando Nikolai - ha trasformato il suo letto matrimoniale da un luogo di dolore in un ambone profetico e nuziale.
Nell'ultima Eucaristia celebrata nella sua camera, Manuela, diventata ministro della sua malattia e della sua sofferenza, stesa nel suo letto altare del sacrificio, ha rivelato la concreta realizzazione dell'amore che ama senza ma e senza se; solo per amore su quel letto con il caro e amato sposo vicino.
Entrambi capaci di rincuorare quanti a loro si avvicinavano per porgergli un attestazione di stima, di vicinanza e di affetto. Il suo funerale è stato un evento gioioso che ha contagiato tutti coloro che affranti, desideravano solo piangere; e invece l'amore ha trionfato sulla morte.

Amore e morte
Manuela e Martina hanno cantato entrambi la vittoria dell'amore, dell'Amore sulla morte e sulle forze del male.
Martina, Manuela e chissà quanti altre persone potremmo presentare come l'incarnazione concreta di quei due giovani protagonisti del Cantico dei Cantici che, guarda caso, non hanno un nome, non hanno un'età, non hanno altre caratteristiche se non quelle della bellezza, anche fisica, che il partner ricerca e declama.
Cosa c'è dentro questo amore che "è forte come la morte"? Entrambi queste donne hanno voluto nella loro persona, corpo, anima, spirito, fare sintesi di quella sconvolgente forza che è l'amore.
Non solo alberga in noi l'amore oblativo, spirituale, alto e sublime; non solo siamo capaci di "filia", di attenzione empatica, di vicinanza amicale; siamo anche corpo che ama, carezza, stringe, consola, dona vita…
E questo amore fatto di gesti significanti e significativi, di comportamenti erotici e spirituali, di atteggiamenti fisici ed accoglienti è colmo di quell'amore che Dio, Amore-amante-amato, ha messo nelle nostre povere viscere, membra eternamente vive.

Eros e agàpe
Manuela e Martina con le loro persone profondamente umane, così come le parole incise a caratteri cubitali sugli alberi, gli striscioni esposti in luoghi bene in vista per urlare il proprio amore per l'altro, i lucchetti chiusi incatenati degli innamorati… tutto questo è il frutto della forza dell'amore che abita ogni uomo, soggetto unico, sostanzialmente indivisibile, in cui non si possono distinguere la sfera corporale da quella spirituale, quella fisica da quella relazionale, l'èros dall' agàpe.
Tutto ciò ci richiama alla ricchezza indicibile dell'amore che portiamo dentro, quella "fiamma divina" (Ct 8,6), che ci rende capaci di vivere in pienezza anche nelle sventure - "le grandi acque" -, si di andare oltre il tempo e la morte, di affrontare indomiti la nostra avventura nella vita.

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19-COLEI CHE HA TROVATO PACE (Ct 8,8-14)
L'amore stimola la persona a crescere, a maturare la fiducia in se stessa, a realizzarsi e a realizzare

di Valeria e Tony Piccin
Soffermarsi su questi versetti conclusivi del Cantico senza aver presente lo sviluppo poetico del libro e soprattutto senza comprendere il senso metaforico dei vari elementi descritti può far sorridere per la stravaganza delle immagini usata. Ce li immaginiamo "I miei seni sono come torri"?
Quest'ultima parte ci sembra che contenga sostanzialmente due enigmi o, meglio, due misteri.
L'enigma è qualcosa che non si capisce, che non si riesce a spiegare bene, il mistero è una realtà che si vive, che continua il suo sviluppo ma della quale non si riesce ad avere la rivelazione totale. Diciamo che è una realtà "crepuscolare", appunto come di sera quando le cose si vedono in modo confuso, non ci appaiono nitide.

L’amore fa crescere
Il primo quadro è tipico della cultura di quel tempo, ma non solo. Chi co-nosce il costume islamico anche degli immigrati nei nostri paesi occidentali sa bene che i fratelli di una ragazza hanno il compito di proteggere, ac-compagnare, sorvegliare e in qualche modo limitano la libertà della giovane donna ridotta quasi ad oggetto da conservare bene per barattarlo con il miglior partito.
Il Cantico però ha il coraggio di dire al clan familiare: l'amore non è cosa da rinchiudere per conservare ed appunto la ragazza dice ai suoi fratelli: "Io sono un muro e i miei seni sono come torri!". Non sono piccola, ho già la mia indipendenza, ho già quanto serve per affrontare l'esperienza della vita e dell'amore. È il contrasto tra lo sguardo miope dei fratelli, "ancora non ha seni" contro una visione aperta, "seni come torri".
C'è chi osserva che si tratta di una presa di posizione profetica rispetto al contesto socio-culturale in cui è dato per scontato che una ragazza debba essere amministrata e protetta dalla sua famiglia. Qui non è la piccoletta che vuole scappare da casa, non è la sfrontata che sfida i genitori, non è quella che pretende indipendenza con soli diritti senza doveri, non è l'ingrata che non riconosce quanto gli altri hanno fatto per lei. È la ragazza che ha capito che l'amore libera, l'amore valorizza, fa crescere, fa assumere responsabilità propria.
L'amante vede nell'amata quelle qualità che gli altri non sanno scorgere. Dunque l'amore stimola la persona a crescere, a maturare la fiducia in se stessa, a realizzarsi e a realizzare.
Il paragone con Salomone è emblematico. A che serve un harem di donne o uno stuolo di spasimanti? "La mia vigna, proprio la mia, mi sta davanti". È piccola, è qui ed è tutta per me e il mio cuore è più che appagato.
Il mistero della vita non si spiega dando senso alla vita, esso si spiega sentendosi amati. L'uomo, la donna non si capisce in se stesso, è di per se stesso incomprensibile nella sua vita se non gli viene rivelato l'amore, se non scopre di amare, se non è amato e non ama.

Fedeli per sempre?
Il secondo enigma-mistero: come può lo sposo (la sposa) essere sicuro che la vigna sarà sempre veramente sua?
"Tu che abiti nei giardini, i compagni ascoltano la tua voce: fammela sentire". "Bella mia che stai nel giardino, i miei amici cercano di ascoltare quel che stai dicendo. Fai sentire anche a me!". È l'invito ad esprimere l'ultima parola: sarà sempre mio, sarà sempre mia? Stai attenta a rispondere perché i miei amici ti ascoltano e tutti stiamo aspettando la risposta.
Qui si tratta di ipotecare l'oggi che conosco, anche se non del tutto, ma anche il domani che ancora non posso prevedere. Il Cantico non risponde a questo interrogativo perché lascia la risposta allo spettatore che assiste alla scena e lo spettatore potrebbe rispondere contemporaneamente con due conclusioni complementari:
• l'aiuto di vere amicizie che sostengano, incoraggino, godano delle riuscite è una notevole garanzia;
• camminando si apre il cammino; è l'impegno e la fiducia nel vivere intensamente giorno dopo giorno il momento presente, vivendo intensamente la vita senza lasciarsi vivere.
È stato scritto: "Non desidero un uomo (una donna) che mi possieda, ma uno (una) che vuole appartenermi e a cui io appartenga". Non si tratta di obbedire alla cieca affettività ma di crescere come persona per camminare assieme ad un altro, ad un'altra nel mondo e per il mondo.

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20-PER APPROFONDIRE IL TEMA

Libri consigliati
Gianfranco Ravasi, Cantico dei cantici, Edizioni San paolo, Milano 2004.
Servono testi come questo per leggere il Cantico senza rischi. L’autore conosce molto bene le molteplici letture fatte sul Cantico, sia sul versante ebraico sia su quello cristiano, i vari rimandi biblici. Pur proponendole al lettore sembra preferire una lettura più incarnata del testo: quella di un canto d’amore, consapevole che ogni amore rimanda sempre all’Amore.

Bonetti, Scalabrini, Gillini, Zattoni, Lezioni d’amore, Editrice Queriniana, brescia 20093.
Il volume rappresenta una delle tante sfide che mons. Renzo Bonetti ha lanciato per rinnovare la pastorale familiare nella Chiesa italiana.
In questa sfida egli si fa aiutare da una coppia e da un esegeta, entrambi di alto livello.
Questo libro contiene in sintesi, dal punto di vista di un gruppo famiglia, tutto ciò che serve per poter avvicinarsi al Cantico.

Comunità di Caresto, Cantico dei cantici, Lectio divina per gli sposi, EDB, Bologna 2008.
La comunità di Caresto propone da anni a coloro che la frequentano la lettura del cantico.
Il volume è nato per venire incontro alle difficoltà che le coppie possono avere a "vivere" questo testo. Si tratta di un libro snello, pratico, nato sul campo, suddiviso in schede, una per ogni capitolo del cantico. Un concreto aiuto a chi desidera usare il Cantico per la Lectio divina.

Antonio Bongiorno, Lo splendore dell’amore, Icone del Cantico dei cantici, Paoline, Milano 2009.
Iconografo e diacono, l’autore ci propone un viaggio per testi ed immagini attraverso gli otto capitoli del Cantico.
La lettura è tipicamente allegorica, con molte citazioni dei padri della Chiesa.
Il libro ha una veste grafica molto curata che lo rende un ottimo regalo per chi ama la Scrittura.

Fraternità della Luce, Icona, parola, preghiera, Lissone (MB).
La rivista, semestrale, è interamente dedicata alle icone. In ogni numero si apre con un brano della Bibbia e la sua descrizione iconografica.
A questo si accompagna l’interpretazione teologica ed esistenziale di ciascuna icona, gli spunti per l'utilizzo per l’evangelizzazione e la catechesi e tracce per la preghiera di gruppo e personale.

Testi magisteriali
Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et spes, 1965.
L’amore è espresso e sviluppato in maniera tutta particolare dall'esercizio degli atti che sono propri del matrimonio. Ne consegue che gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità sono onesti e degni; compiuti in modo veramente u-mano, favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine gli sposi stessi (49).

Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 1981.
In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l'uomo è chiamato all'amore in questa sua totalità unificata.... Di conseguenza la sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale (11).

Giovanni Paolo II, Udienza del del 23 maggio 1984.
Le parole d'amore, pronunciate da entrambi, si concentrano dunque sul "corpo", non solo perché esso costituisce per se stesso sorgente di reciproco fascino, ma anche e soprattutto perché su di esso si sofferma direttamente e immediatamente quell'attrazione verso l'altra persona, verso l'altro "io" - femminile o maschile - che nell'interiore impulso del cuore genera l'amore (3).

Catechismo della Chiesa Cattolica, 1992.
La sessualità esercita un'influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell'unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente l'affettività, la capacità di amare e di procreare, e, in un modo più generale, l'attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri (2332). Creando l'uomo "maschio e femmina", Dio dona la dignità personale in egual modo all'uomo e alla donna (2333).

Benedetto XVI: Deus caritas est, 2005.
Il Logos, la ragione primordiale, è al contempo un amante con tutta la passione di un vero amore. In questo modo l'eros è nobilitato al massimo, ma contemporaneamente così purificato da fondersi con l'agape. Da ciò possiamo comprendere che la ricezione del Cantico nel canone della Sacra Scrittura sia stata spiegata ben presto nel senso che quei canti d'amore descrivono, in fondo, il rapporto di Dio con l'uomo e dell'uomo con Dio (10).

21-COME SI FA LA LECTIO DIVINA
Un metodo per pregare la Parola di Dio, interiorizzarla, condividerla e applicarla nella propria vita

a cura di Franco Rosada
Dopo aver dedicato un intero numero ad un libro della Bibbia mi sembra naturale parlare di Lectio divina.
Credo che i singoli e le coppie che hanno collaborato a questo numero si siano posti di fronte alla Parola ponendosi alcune semplici domande: cosa dice questo testo a me? Quali sentimenti suscita in me, in noi, che sento di dover condividere con gli altri? Se non è Lectio questa...
Spero che, grazie a questi contributi, il libro del Cantico dei cantici non resti uno dei tanti della Bibbia, anzi forse uno dei libri più ostici per il tipo di linguaggio usato, ma diventi un libro praticato dalle coppie e dalle famiglie, nei gruppi, negli incontri con i fidanzati, con i giovani, con chi è in crisi.
Il Cantico ci parla d’amore, il linguaggio per eccellenza della coppia, da quando questo sgorga per la prima volta nel cuore dell’adolescente fino a quando la morte ci sembra sottrarci per sempre l’amato, con tutte le crisi e le difficoltà che segnano la vita di coppia. Ma ci parla anche indirettamente dell’Amore da cui tutti dipendiamo: Dio realtà trinitaria. E, allora, come si fa la Lectio?

Il metodo della Lectio
La Lectio divina è un metodo semplice, adatto a tutti, antico e moderno, per imparare a pregare con l’ascolto personale e/o collettivo della Parola di Dio.
Si inizia con un’invocazione allo Spirito Santo, a cui segue la lettura del brano e la sua presentazione esegetica da parte di una coppia del gruppo.
A questo primo momento seguono cinque passaggi.
Lectio: cosa dice il testo in sé?
Il testo viene riletto frase per frase. Su ogni frase ciascuno cerca di cogliere e condividere cosa dice il testo in sé, partendo dagli elementi portanti del brano: i verbi, gli avverbi, gli aggettivi, le qualità delle azioni.
Meditatio: cosa dice il testo a me?
È il momento di "masticare, triturare e torchiare" la Parola, perché questa interroghi in profondità la nostra vita.
Ciascuno rilegge in silenzio il testo lasciandosi interpellare dalla Parola e condivide con gli altri cosa il brano gli ha suggerito. Ne deriva: il discernimento di ciò che è bene e ciò che è male; il pentimento per il male commesso; il proposito di seguire il bene compreso ed amato; la gioia per quanto in noi e nel mondo è conforme al progetto di Dio; la conversione quando dalla Parola ci si vede lontani.
Oratio: cosa dico io al testo?
Dopo aver ascoltato e letto la Parola di Dio, averla compresa nel suo senso concreto, nasce la risposta viva che è dialogo, adorazione, lode, supplica, ringraziamento…
La risposta, pronunciata ad alta voce, suonerà così: "Signore ti ringrazio, ti lodo, ti domando…" a seconda della situazione in cui la Parola di Dio mi ha trovato.
Contemplatio: lasciarsi guardare da Gesù
Nel silenzio ciascuno: ascolta la voce di Dio che è risuonata nel testo della Scrittura letta e meditata; aderisce alla Parola di Dio con gusto e dolcezza, con la mente e con il cuore, così da vedere e interpretare tutto secondo il pensiero di Cristo; assapora la multiforme sapienza di Dio.
Communicatio: condivisione e missione
Infine siamo chiamati a ritornare alla quotidianità, ma portando con noi i frutti dello Spirito. Ognuno sceglie una frase del testo biblico pregato e la condivide ad alta voce con i fratelli. Siamo chiamati a viverla prendendo un piccolo ma concreto impegno di conversione. Allora la nostra vita quotidiana sarà trasformata dalla forza della Parola.
Tratto dal sussidio: I Gruppi Famiglia, una realtà da vivere e scoprire.

22-LECTIO DIVINA: UN’ESPERIENZA ARRICCHENTE
L'esperienza di un Gruppo Famiglia di Pinerolo (TO)

di Andrea Balbo
Pregare non è sempre facile, soprattutto in un mondo confuso, veloce e complesso come quello occidentale contemporaneo in cui viviamo. Pregare richiede tempo, silenzio, raccoglimento, la creazione di un momento di attesa e di ascolto, la condivisione profonda di un sentimento di amore e di prossimità alla Parola di Dio: non è facile realizzare contemporaneamente queste condizioni nelle nostre giornate affannose.
Eppure, come il nostro gruppo famiglie sperimenta ormai da alcuni anni, esiste in modo reale la possibilità di trovare uno spazio per riprendere le fila del dialogo con Dio ed è l'incontro che si svolge secondo il sistema della Lectio divina.
Non voglio entrare in dettagli di tipo teologico né scritturale, per i quali vi sono persone molto più preparate di me, ma intendo semplicemente mettere in rilievo quali siano i "punti forti" di un'esperienza di Lectio svolta in gruppo.

Un momento di pausa
Prima di tutto la Lectio è un momento di pausa. Il nostro gruppo apre ogni incontro recitando un'orazione che non rappresenta soltanto l'inizio del momento di preghiera, ma segna un ideale spartiacque tra il "prima" e l'"adesso", spezza il ritmo del quotidiano e porta le persone che stanno condividendo il momento in una condizione di tempo diversa, più tesa e concentrata sull'obiettivo preghiera. L'inizio della Lectio è il momento che rompe il tran-tran, che dà il segnale che è ora di fare ciò che è più importante, di scegliere la parte migliore, come Maria.

Un momento del cuore
Poi la Lectio è un momento del cuore. Rileggere, pregare, ascoltare la Parola e ascoltarsi nell'intimo è un'esperienza di lentezza, di meditazione. Troppe volte, nel corso della giornata, la voce del cuore è obbligata al silenzio dagli impegni lavorativi e di famiglia, dalla necessità di badare a tutto ciò che è al di fuori di noi. La Lectio è un momento in cui questa voce può di nuovo parlare liberamente, in cui è possibile ascoltarne gli inviti lasciando spazio alla coscienza. Non si tratta di sentimentalismo, ma di spazio lasciato autenticamente al rapporto con se stessi.

Un momento di condivisione
La Lectio è inoltre un momento di condivisione. Dal singolo al gruppo, condividere implica comunicare ciò che il cuore detta, ma anche esporre dubbi, interrogativi, problemi, sollecitazioni date dalla Parola. Il testo sacro non è mai neutrale, coinvolge, obbliga a riflettere, a prendere posizione, a scambiare idee e a comunicarle, rompendo i vincoli di solitudine che esistono nelle nostre realtà.
Infine la Lectio è un momento di ripartenza. La Lectio non è fine a se stessa, ma deve divenire l'occasione per riprendere la strada con nuove motivazioni, rafforzando la propria identità cristiana attraverso il ricorso alle fonti della Parola, per mettere in pratica nella vita quotidiana quanto si afferma di credere e dando ragione della speranza che si afferma di possedere.
Questa è la Lectio, per un gruppo famiglia, oggi, nel 2011, a Pinerolo in provincia di Torino.

 

23-I TEMI DEL PROSSIMO ANNO

Come redazione, dopo aver raccolto anche i vostri suggerimenti - di cui vi ringraziamo molto - abbiamo scelto i temi che, in linea di massima, svilupperemo nei quattro numeri del prossimo anno:
•    Milano 2012. La famiglia, il lavoro, la festa. Sei catechesi per prepararsi all’incontro mondiale delle famiglie.
•    Felici in famiglia? La famiglia e il discorso della montagna. Come vivere ogni giorno le beatitudini.
•    La “maternità” di Dio. Il volto materno di Dio così come appare dalle Scritture; il ruolo femminile nella famiglia e nella società.
•    Economia e famiglia. Attraversiamo un grave momento di crisi. Quale valore da-re al denaro, al lavoro, alla finanza?

24-Santo Natale 2011

Andiamo fino a Betlemme, come i pastori.
L'importante è muoversi.
E se invece di un Dio glorioso,
ci imbattiamo nella fragilità di un bambino,
non ci venga il dubbio di aver sbagliato il percorso.
Il volto spaurito degli oppressi,
la solitudine degli infelici,
l'amarezza di tutti gli uomini della terra,
sono il luogo dove Egli continua a vivere in clandestinità.
A noi il compito di cercarlo.
Mettiamoci in cammino senza paura.
Tonino Bello

25-VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE
Milano: 30 maggio - 3 giugno 2012

Il Collegamento nazionale tra Gruppi Famiglia vi invita a partecipare a questo grande evento ecclesiale che, per la sua natura e localizzazione, risulta un'occasione unica per le famiglie.

La nostra proposta
Dopo aver valutato quanto proposto dagli organizzatori dell’evento (www.family2012-.com) abbiamo scelto le modalità che sono risultate avere da un lato i costi più contenuti e dall’altro garantire una piena partecipazione agli eventi.
Ciò è stato possibile grazie anche alla dissponibilità delle famiglie del decanato di Carnate-Usmate (MB).
In questo modo chi non abita a Milano potrà partecipare all'evento come membro dei Gruppi Famiglia.

I costi di partecipazione
Il costo dell'iscrizione (obbligatoria) che prevede la partecipazione ai tre giorni del congresso (compresi tre pranzi) è il seguente:
Adulti: 70 euro; ragazzi dai 14 ai 17 anni: 60 euro; ragazzi dai 7 ai 13 anni: 50 euro (sconti per chi ha più figli), bambini da 0 a 6 anni gratuito (modalità A3).
Per i due incontri con il Papa i costi sono: Adulti: 30 euro; ragazzi dai 7 ai 13 anni: 15 euro, sconti per chi ha più figli; bambini da 0 a 6 anni gratuito (modalità B2).
Le quote vanno anticipate; in caso di rinuncia dopo il 30 marzo 2012 sarà trattenuta la quota di iscrizione di almeno 1 adulto per ogni famiglia iscritta. Per gli spostamenti si farà uso dei mezzi pubblici (compresi nelle iscrizioni).

La logistica e i trasporti
Le famiglie partecipanti saranno ospitate gratuitamente nelle strutture ecclesiali e presso le famiglie del decanato di Carante-Usmate che garantiranno loro il pasto serale e il pernottamento.
Si utilizzerà il treno da Carnate-Usmate a Sesto San Giovanni, poi la linea 1 (rossa) della Metro da Sesto alla Fiera di Milano (Amendola Fiera).
Questa ospitalità si estende anche agl'incontri con il Papa di sabato e domenica, che si terranno presso il Parco Nord di Bresso.
Si prevede che, in quei due giorni, saranno istituite apposite navette.

Le iscrizioni
Invitiamo tutte le famiglie interessate ad iscriversi entro il 28 febbraio 2012 telefonando o inviando una mail a Ernesta e Gianprimo Brambilla, tel. 039 607 90 37 - cell. 340 53 66 428 (lui) - 347 88 10 722 (lei), mail: ernesta.gianprimo@virgilio.it e poi versando al più presto le quote previste.

Il Programma
Martedì 29 maggio
• Accoglienza dei partecipanti all'incontro come GF a Ronco Briantino, via Parrocchia 41.
Mercoledì 30, giovedì 31, venerdì 1 giugno
• Convegno teologico pastorale con relazioni e seminari tematici ispirati dal tema "La Famiglia: il lavoro e la festa".
• Incontri con diverse esperienze del territorio.
• Eucaristia nelle parrocchie.
• Adorazione in Duomo.
• Festa nelle città e nelle parrocchie.
Sabato 2 giugno
• Festa delle Testimonianze con la presenza del Papa Benedetto XVI.
Domenica 3 giugno
• Santa Messa presieduta dal Papa Benedetto XVI.

Questa è una proposta preliminare. Per essere aggiornati in tempo reale sulla nostra proposta visitate la home page del nostro sito.
Visitate il sito dell'evento: http://www.family2012.com/

GF75 EXTRA

A-Appunti sul prologo del Cantico dei Cantici

di Enzo Bianchi
In quella piccola biblioteca che è la Bibbia si trova un libretto breve che porta il titolo "Il Cantico dei Cantici". Shirà schirìm in ebraico, locuzione che esprime un superlativo. Dire cantico dei cantici significa dire "il cantico per eccellenza" come tentava un volgare italiano dell’inizio del ‘400, facendone un femminile diceva: la cantica...
Continua su http://www.giovaniemissione.it/spiritualita/cantico.htm

B-Come sigillo sul tuo cuore

di Patrizio Rota Scalabrini
Ogni amore è il mistero della visita attesa, sognata, sempre capace di sorprendere. Il dôdî, l’amato, ancora prima che un volto, è una voce, è un appello alla libertà, una promessa che si affaccia al cuore dell’amata: è invito ad accogliere il senso buono e promettente del cammino dell’amore, superando forze paralizzanti e intristenti l’avventura della coppia, perché ogni autentica storia d’amore è chiamata a rendere migliore il mondo...
Continua su http://www.cpcasadibetania.it/come-sigillo-sul-tuo-cuore.html

C-Un breve commento al Cantico

della parrocchia di Bazzano
Cantico dei cantici: cioè il canto più bello. E’ il canto dell’amore tra uomo e donna, amore che sgorga e quindi è dono e riflesso dell’amore grande di Dio per Israele (umanità). Amore stupito, appassionato, fedele… sempre da compiersi...
Continua su:
http://www.parrocchiadibazzano.it/catechesi/letturaq/cantico.pdf

D-Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me

di Ina Siviglia
L’espressione tratta dal Cantico dei Cantici "Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me" rappresenta, in maniera tanto sintetica quanto efficace, l’assolutezza dell’amore, l’istanza cioè di totalità, di fedeltà, di eternità che scaturisce in maniera inequivocabile dall’amore.
Val la pena forse rilevare l’importanza che nel Cantico assume il coniugare, in maniera unica, amore umano e amore divino, a partire dall’ipotesi condivisa dalla maggioranza degli esegeti che si tratta di una composizione profana, che esalta la bellezza imperitura dell’amore sponsale...
Continua su: http://www.chiesacattolica.it/famiglia/siti_di_uffici_e_servizi/ufficio_nazionale_per_la_pastorale_della_famiglia/00003942_Laboratorio_5__Amore__affettivita__sessualita__fedelta_nella_relazione_di_coppia.html

E-Cantici d'Amore tra stupore e Mistero

di suor Maria Gloria – Adoratrice del SS. Sacramento – Monastero di Monza
La vita, la torà e l'amore segnano lo sviluppo della sinfonia di forme e di colori di Chagall. Il Cantico si sviluppa attorno a simboli bipolari che l'amore ha il compito di ricondurre all'unità. La parola vita, ad esempio, come Gerusalemme, nell'ebraico è parola duale. Vita è anche il nome della prima donna, Eva. L'altro volto della donna è l'uomo, l'Adam, il cui nome ha la stessa radice della parola terra. La terra quando "incontra" la vita fiorisce nel giardino, un simbolo ricorrente nelle tele del Cantico. Il giardino è allora l'unità dei due prefigurata e benedetta dalla Presenza dell'Uno...
Continua su: http://www.beth-or.org/learning.php?id=242

F-L'ICONA DEL CANTICO DEI CANTICI
La spiegazione dell''icona di copertina che, nella diocesi di Milano, ha accompagnato il cammino dei fidanzati verso il matrimonio.

di Maria Grazia e Silvano Radaelli
L'icona che contempliamo prende origine dal libro poetico del Cantico dei Cantici.
La Parola e l'Icona ci suggeriscono che nel tempo di grazia del fidanzamento, Dio plasma le due persone e le accompagna al grande dono che è il sacramento del matrimonio.
La scena principale rappresenta gli sposi seduti su una roccia, uno accanto all'altro, davanti alla Parola contenuta in un calice, simbolicamente disegnato ed evidenziato dalle linee della gamba sinistra della sposa e della gamba destra dello sposo. Su di loro scendono con abbondanza per mezzo dello Spirito i doni che il Padre riversa su di loro.
Alle spalle della coppia sono evidenti due colonne rocciose, una è avvolta da fiamme di fuoco, l'altra da origine ad una cascata d'acqua; fuoco ed acqua si uniscono e si fondono l'uno nell'altra sotto i piedi degli sposi, i quali rispettivamente poggiano un piede sulla roccia e l'altro nell'acqua. Le due colonne rocciose sono unite da una tenda rossa.
Tutti questi elementi fanno da perimetro e da teca all'universo (raffigurato in forma di tenda), contenente gli astri e le sfere celesti. In alto, a contatto con il bordo dell'icona è visibile un semicerchio da cui fuoriesce la mano di Dio Padre; nel centro è rappresentata una colomba, tipico richiamo allo Spirito; sotto la tenda sono raffigurati tre raggi.
Attorno alla rappresentazione principale, sono descritte quattro scene minori.
Si possono così sintetizzare: nella parte inferiore, a sinistra lo sposo bussa alla porta dell'amata; nella parte alta si vede la sposa che corre in cerca dell'amato percorrendo le vie della città e trovatelo ( scena in alto a destra) si unisce a lui in un tenero abbraccio; nella scena in basso a destra è sottolineata la tenerezza e l'amorevolezza in un momento di buio nel rapporto di coppia. Nella parte sinistra i fidanzati sono raffigurati con le mani protese in atteggiamento orante per affermare come la loro ricerca sia sempre intrisa di preghiera verso il Padre e che a Lui fanno riferimento.
Tutta la raffigurazione è descritta su un monte dove prendono vita e s'inerpicano alberi verdeggianti.
Osserviamo i colori.
Lo sposo è rivestito da una tunica color porpora lumeggiata con verde smeraldo, il mantello è rosso con decorazioni regali.
La sposa indossa una tunica e un mantello giallo.
Il colore dello sposo e della sposa sono colori complementari, vogliono indicare la reciproca complementarietà che avviene nel rapporto di coppia per la comune crescita nell'amore.
Nella complementarietà i doni dell'uno vengono scambiati e donati all'altro: il giallo colore dell'annuncio suggerisce ad entrambi di diventare annunciatori della Parola; il blu colore del cielo diventa simbolo della tensione verso le "cose" di Dio e invita i fidanzati a rimanere con e nel Signore. Il rosso porpora è il colore di chi si dona nella sua totalità a Dio, è il colore di Maria che si è consacrata a Lui, anche la coppia deve avere questo coraggio di rimanere "tutta di Dio".
II rosso è anche il colore dell'umanità di Cristo che si è incarnato per amore dell'uomo, quindi è richiamo all'amore come dono di sé. all'amore vicendevole che i fidanzati vivono sull'esempio di Gesù. Il verde richiama alla fertilità dello Spirito Santo che opera nelle coppie che Lo accolgono nella Parola, richiamata dal libro alle spalle degli sposi; il verde è anche il colore degli alberi posti ai lati delle rocce.
L'universo è raffigurato da una cascata di blu con stelle e astri al suo interno, ha la forma di tenda e molti sono gli elementi contenuti che assumono diverse simbologie: prima fra tutte proprio la tenda. Dio. infatti, ha posto la sua tenda tra noi per essere sempre con noi.
La mano che esce dalla sfera celeste è la mano di Dio, è aperta, non trattiene nulla, con infinita generosità manda abbondantemente i suoi doni, sotto forma di lingue di fuoco, sui fidanzati. Le lingue di fuoco diventano anche simbolo delle Spirito Santo, sottolineato dalla colomba posta al centro dell'universo. I doni sono accolti dalla mano della sposa che li offre, li condivide con lo sposo, il quale con la sinistra li accoglie e li ricambia, mentre con la destra benedice l'offerta; essi sono una cosa sola nel cuore del Padre.
L'universo, il cielo sono richiamo al Paradiso, il luogo di Dio.
La tenda rossa nell'icona ha una duplice simbologia: suggerisce l'unione tra l'Antico e il Nuovo Testamento e rileva che la scena raffigurata avviene all'interno della casa. Posta al centro della cascata, sembra dividerla; in realtà unisce il mondo divino con quello umano, suggerendo che il luogo della coppia, la sua casa è proprio l'Amore del Padre.
Vivendo di questa ricchezza possiamo già pregustare il Paradiso sulla terra; la coppia assapora il futuro banchetto celeste alla Presenza del Padre, reso evidente dalla mano benedicente, del Figlio richiamato dal calice e dalla Parola, e dello Spirito raffigurato dalla colomba contenuta nel cerchio da cui partono i tre raggi, ulteriore sottolineatura della Trinità.
Tratto dalla rivista: Icona, parola, preghiera, Fraternità della luce, Lissone (MI), n.19 - luglio 2004, p.12-13.

G-I programmi 2011-2012 dei Gruppi Famiglia locali e delle diocesi

Il programma dei GF del vicariato di Castello di Godego (TV). Programma Vallà 11_12.pdf

Il programma dell'associazione Gruppi Famiglia in cammino (Castelfranco Veneto): Antonioli  pgr 11 12.pdf

Progetto "Famiglia e scuola" (a cura della consulta comunale per la famiglia e l'ufficio famiglia del comune di Bra): Bra famiglia e scuola.pdf

Il programma dell'associazione Spazio genitori di Torino: Spazio genitori 2011.pdf

Un'iniziativa del Centro Diocesano per la pastorale familiare di Cosenza: Incontri Cosenza 2011.pdf

Il programma degli incontro interdiocesani Sud Piemonte (Alba, Cuneo-Fossano, Mondovì e Saluzzo): programma_Fossano_2011-2012.pdf

Il programma dell'Ufficio Famiglia della diocesi di Pinerolo: http://www.vitadiocesanapinerolese.it/item.asp?i=1117

Le iniziative dei GF di Ronco Briantino: http://lnx.cpmadonnadelcarmelo.it/famiglieronco/